Il proposito è diventato legge: in Russia tutte le Organizzazioni non governative (ONG) che ricevono finanziamenti dall’estero sono tenute ad auto-qualificarsi, giuridicamente, come “agenti stranieri”. Pena, l’immediata chiusura e la condanna a due anni di detenzione per i loro dirigenti. Il provvedimento, fortemente voluto dal presidente Vladimir Putin, obbedisce ad una precisa logica politica: smascherare il ruolo operativo esercitato da presunte organizzazioni filantropiche che, dietro la patina zuccherosa delle libertà e dei diritti, incarnano sovente il motore delle eterodirette rivoluzioni “arancioni”, quelle tese a rovesciare i governi degli stati scomodi sobillando in modo pretestuoso l’agitazione interna.
È, questa, la dottrina di Obama o, più precisamente, quella dello stratega Zbigniew Brzezinski che da sempre invita la Casa Bianca a concentrarsi sugli avversari più ingombranti, too big to be attacked, troppo grandi per essere attaccati, ma sabotabili attraverso la propaganda dai diritti, iniziando dai paesi limitrofi. Niente droni, contingenti Nato o bombe intelligenti, bensì la sempre utile e sovvenzionata filastrocca in difesa della minoranza di turno, utile ad incendiare l’animo di qualche indigeno culturalmente cresciuto a pane ed Occidente nonché a fornire ai media internazionali argomenti per un massiccio attacco frontale a risonanza globale. Se si aggiunge l’operato di qualche disturbatore inviato all’uopo, il quadro è completo. È, insomma, una guerra da democratici e premi Nobel, che lascia le mani pulite, la fedina intatta e il nemico a terra. Ora, sarebbe fin troppo semplice ironizzare su un Occidente che si preoccupa dei diritti pur facendo stragi in mezzo mondo, che seleziona artatamente i governi canaglia (qualcuno sa cosa succede in Arabia Saudita?) e che, da essi, non riceve il medesimo trattamento. Detta più chiaramente, Putin non finanzia gli indipendentisti del Texas o le disagiate minoranze ispaniche, servendosi di organizzazioni di facciata, allo scopo di mettere i bastoni fra le ruote all’amministrazione americana, mentre, tuttavia, le organizzazioni non governative a stelle e strisce non esitano a fare il contrario.
Ma più delle parole hanno valore gli esempi. The International Republican Institute (Iri) è una Ong americana, con sede anche a Mosca, impegnata nello sviluppo e nella diffusione della democrazia (leggi sovversione di governi sgraditi). Tale meritoria associazione, dopo aver invano versato 5 milioni di dollari in favore di una rivoluzione arancione in Bielorussia, ha animato e foraggiato, anche qui senza esito, la recente “Primavera russa” dipinta come una oceanica rivolta di donne e blogger in nome della libertà. Putin ha vinto con il 63,75% dei consensi ed il castello di carte è crollato. Curiosamente, l’Iri ha come “chairman” il senatore John MacCain, l’uomo che sfidò Obama nelle presidenziali del 2008 e che l’Italia rossa e rosata si affannò ad insultare come mostruosa replica del criminale Bush, salvo appoggiarlo (inconsapevolmente) applaudendo ai suoi tentativi di abbattere Putin. Tutte le pecore, prima o poi, ritornano all’ovile. Forse perché sfugge loro una ormai evidente constatazione, magistralmente compendiata da Massimo Fini in una delle sue più riuscite affermazioni: “Quando sento parlare di diritti umani metto mano alla pistola. Perché vuol dire che si sta per aggredire qualcuno”.