«Qualcuno si ricorda la furia della sinistra contro Craxi che sosteneva il voto palese?». La Jena, su La Stampa, morde così le caviglie alla sinistra italiana sul caso del voto in Senato – che sarà “palese” sulla decadenza di Silvio Berlusconi – il quale conferma sostanzialmente un cosa: la resa dei postcomunisti alla democrazia dei tweet. Se la ricorda «la furia della sinistra» di certo Massimo Bordin che sul Foglio, riporta così la questione: «Vi ricordate quando Forattini cominciò a disegnare Craxi in orbace e con gli stivaloni? Il leader socialista, giunto al governo, si applicò a snellire il percorso dei disegni di legge ampliando notevolmente il ricorso al voto palese. Fu questo il punto di attacco scelto dai critici, Pci e Scalfari in prima fila, che non mancarono di ricordare come il voto palese in Parlamento fosse stato valorizzato dal fascismo».
Il punto, per il giornalista di sinistra così come per il giornalista radicale, è lo stesso: la sinistra, ossia il Pd, ha smarrito la bussola, la sua tradizione in termini di “libertà di coscienza” per abbracciare l’umore istantaneo di un elettorato inquieto che si esprime “entro” 140 caratteri. Sul perché lo abbia fatto, seguendo la logica degli autori, concorrono di certo più fattori. Di certo, la paura che il voto segreto in Senato potrebbe “salvare” il Cavaliere (che in ogni caso è interdetto da una sentenza della Corte d’Appello) e politicamente affossare il Pd (con i franchi tiratori renziani e quelli del M5S pronti a sfruttare l’occasione per monetizzare l’eventuale sdegno).
Ma questo, se vogliamo, è l’effetto non la causa di una sindrome che si manifesta molto prima. È chiaro, ad esempio, che la paura per la “web reputation” è la stessa che ha condizionato l’elezione di Franco Marini al Quirinale e che ha determinato, poi, la lotta fratricida all’interno del Pd che ha decapitato anche il proprio padre spirituale, Romano Prodi. Questo terrore, adesso, ha creato un precedente che rimarrà nei manuali. Come ha fatto notare un moderato di sinistra come Antonio Polito sul Corriere della Sera con la forzatura ai regolamenti parlamentari «si è regalato un formidabile argomento a chi invece sostiene che si tratta di una rivalsa politica. È una ritorsione contra personam per punire il re delle norme ad personam?».
Una sindrome che – come vediamo – non ha ripercussioni solo sulla questione giustizia. Ma che, da qualche anno a questa parte, comprende il profilo politico stesso di un soggetto che risulta così sempre più debole e che dimostra di non sapere gestire la logica del «nessun nemico a sinistra» (vuoi che sia Grillo, il giustizialismo, la cultura liberal, il terzomondismo, etc) ma di farsi dettare l’agenda proprio da questo. La causa l’ha spiegata con efficacia il giovane filosofo neomarxista Diego Fusaro: «Dalla sinistra che lotta contro il capitalismo per l’emancipazione di tutti si passa così, fin troppo disinvoltamente, alla sinistra che lotta per la legalità, per la questione morale, per il rispetto delle regole (capitalistiche!), per il diritto di ciascuno di scolpire un sé unico e inimitabile: da Carlo Marx a Roberto Saviano». Impietoso, ma vero.
Un partito, questo si legge nell’accusa di Fusaro, che nel tempo è sempre più liquido, capace di uniformarsi al recipiente occasionale. Ma l’intuito spinge a prevedere che una volta completata la trasformazione nel tanto agognato partito liquido immaginato già da Veltroni, Grillo o chi per lui lo berrà in un solo sorso. A votre santè!
@rapisardant