“La storia o è revisione continua o non è storia”. Franco Cardini, il più grande medievista italiano, non lascia dubbi sul suo pensiero relativo alla legge che questa maggioranza di analfabeti vuole introdurre per negare la libertà di pensiero. E si è visto in occasione delle consegne del Premio Acqui Storia cosa intendano, i politicamente corretti, per analisti storica e verità. Con tanto di denuncia – anche per ricostituzione del Partito Fascista – non solo nei confronti di chi scrive libri che pongono dei dubbi su alcune ricostruzioni, ma pure nei confronti delle giurie che hanno votato per questi libri.
E visto che i politicamente corretti sono anche lettori scarsamente attenti, tra i denunciati figurano pure i giurati che hanno votato per un altro libro, dedicato a Verlaine e Rimbaud. Ma forse, in questo odio per tutto ciò che non è stato approvato ufficialmente, il denunciante avrà pensato che i due poeti francesi siano dei facho, seguaci di Marine Le Pen. Ma, a livello di menzogna e falsificazione, si sta andando decisamente oltre.
La Stampa attacca pesantemente l’organizzazione del premio (forse perché il vincitore di una delle sezioni, quello più contestato, è un giornalista del Corriere della Sera), inventandosi anche un “me ne frego” lanciato pubblicamente dal responsabile dell’Acqui Storia. Curioso che, a sentire la pubblica dichiarazione, sia stato solo il giornalista che non era presente, e non le mille persone che affollavano il teatro. E neppure le telecamere. Ma si va oltre. Perché l’Anpi della provincia di Alessandria ordina di premiare solo i libri in cui sia ricordata la Divisione Acqui, a cui è dedicato il nome del Premio. Come se al Premio Strega potessero partecipare solo i libri in cui si parla di bevande alcoliche ed al Campiello i libri su Venezia. Non importa la qualità dei volumi, basta che siano politicamente corretti. Un delirio senza fine. Eppure il direttore della Stampa non era parso molto schifato quando era andato ad Acqui a ritirare il premio assegnatogli dai feroci revisionisti. Ma questo, ovviamente, non viene ricordato.
Così come, nel delirio collettivo e senza fondo, si ignorano completamente i nefasti effetti della lotta contro il revisionismo storico. Perché i custodi della verità rivelata non sono soltanto i politici di oggi. Sono occorsi duemila anni per iniziare a raccontare una verità diversa su Nerone. E gli antirevisionisti hanno bloccato, per decenni, la scoperta del funzionamento della lingua dei Maya. Non per motivi ideologici, ma perché lo studioso americano che aveva sbagliato tutto non tollerava che dei giovani (per di più russi) fossero arrivati dove lui non era arrivato. E lo stesso vale per gli scienziati. Senza revisionismo saremmo ancora all’idea della Terra come centro, immobile, dell’Universo. Il revisionismo è la base della cultura, storica come pure scientifica ed anche linguistica. Ma i custodi della verità sopravvivono solo se non vengono smascherate le loro menzogne.