Parrà un luogo comune, per giunta dei più stantii, ma la canzone melodica italiana è ancora un punto fermo del made in Italy all’estero, proprio come i prodotti alimentari, il design, la moda e le auto di lusso (ed anche il calcio, nonostante l’impoverimento della serie A).
Succede così che la reunion tra Albano e Romina, celebrata in tre serate da giovedì 17 a sabato 19, registri il tutto esaurito nella più prestigiosa arena musicale di Mosca, la Crocus City Hall, che si troverà ad ospitare tra breve anche l’edizione 2013 di Miss Universo. I prezzi partivano da 1500 rubli (34 euro), ma c’è chi è arrivato a pagarne addirittura 35mila (800 euro) per accomodarsi in zona vip.
Ad accompagnare lo chansonnier pugliese e l’ex moglie, separati sul palco da ben diciannove anni, ci sarà un contorno di vecchie conoscenze del nostro firmamento musicale: Gianni Morandi, Antonella Ruggiero, i Matia Bazar, Toto Cutugno, Pupo, i Ricchi e Poveri, Riccardo Fogli e Umberto Tozzi.
“Canteranno di nuovo Felicità insieme!” annunciavano i manifesti che per oltre un mese hanno pubblicizzato l’evento in tutta Mosca. In Russia, Albano e Romina non sono i soli ad aver attraversato le epoche mantenendo un bel po’ della fama degli anni ruggenti: a parte i più giovani Eros Ramazzotti e Laura Pausini, Pupo è una presenza fissa nelle radio locali, e perfino tra i ragazzi di vent’anni non c’è chi non conosca Adriano Celentano, di cui è ben nota la filmografia anni Ottanta, oltre ai successi musicali.
Ai tempi dell’Urss, canzoni e film italiani riuscivano a passare tra le maglie della cortina di ferro, impresa pressoché impossibile, invece, per quelli americani. Perfino oggi continuano a giocare un ruolo i buoni rapporti, politico-economici oltre che culturali, tra l’Italia e la Russia; cosa che non si può dire di tutti i Paesi occidentali: di recente infatti è accaduto che la popstar Selena Gomez, idolo dei teenager ed ex ragazza Disney, si sia vista negare il permesso di entrare nel Paese per un concerto che avrebbe dovuto tenere a fine settembre, proprio alla Crocus Hall.
Il motivo? L’atteggiamento guardingo delle autorità dopo le proteste contro la legge sulla “propaganda omosessuale”, e soprattutto il vilipendio alla bandiera russa di cui la band americana Bloodhound Gang si è resa protagonista in luglio, durante un’esibizione a Odessa: uno scandalo così grave che l’ambasciatore statunitense a Mosca aveva ritenuto necessario scusarsi con la Russia.
Almeno nella musica, insomma, il soft power dell’Italia resiste agli attriti diplomatici tra il Cremlino e l’Occidente.
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