Le rassicurazioni d’agosto sono svanite nel nulla. Il congresso del Pd è sfida accesa, senza esclusione di colpi: si diceva che la conta interna sarebbe servita per indicare una strada e per appianare alcuni dissidi, niente di più. Invece i fab four – Gianni Cuperlo, Matteo Renzi, Gianni Pittella e Pippo Civati – se le stanno dando “di santa ragione”. Questo congresso, per chi lo guarda da fuori, sembra più un talent show di una rete trash che la corsa alla leadership di un partito di governo. Il superfavorito, questa volta, è l’ex rottamamatore Renzi e tutti sono contro di lui.
Matteo, adesso, è diventato grande. A Bari, primo appuntamento della campagna congressuale, non è arrivato in camper, ma in charter, e non ha arrotolato le maniche della camicia: ha indossato giacca, cravatta e scarpe lucide. L’aria da sbarbatello l’ha lasciata ad un anno fa, quando la sfida all’ultima scheda era con Pierluigi Bersani che incarnava poco futuro e tanto passato. Quel periodo è finito e ora tutto è diverso: Renzi rischia di vincere e in molti sono saliti sul suo carro, rottamati compresi. Lui ha detto: “Macché, sto carro lo dovete spingere”, ma in realtà sogghigna all’idea di aver soffiato all’altro nome forte, il dalemiano Cuperlo, pezzettini di partito.
I quattro, come se fossero rinchiusi in una casa televisiva colma di telecamere, pubblicamente non si amano. Maria Teresa Meli sul Corriere ha detto che alcuni, addirittura, invitano i giornalisti ad indagare sul sindaco di Firenze perché sperano che qualche storia, alla fine, possa uscire. Chi sia stato non si sa, ma certo è che il clima non è sereno. Piccoli e grandi dispetti si rincorrono perché la posta in palio è alta: c’è da definire il sostegno al governo Letta-Alfano e, soprattutto, di mezzo c’è il futuro della sinistra italiana. Loro sono in campo e si sfidano, come in ogni talent che si rispetti.
La scenografia scelta da Renzi per le sue scorribande nazionali lo conferma: palco al centro di una mega sala-congressi che fa un po’ american style e tanto tivvù. Gli altri sono più “classici”, certo, ma lo stile è quello che conta: tutti accarezzano l’elettorato nel suo complesso, non solo gli iscritti dem. Il perché è presto detto: il congresso funzionerà come le primarie e potranno votare tutti. Proprio tutti. E allora ecco che Civati coccola gli elettori 5 Stelle, Renzi quelli più liberal-destrorsi, Pittella gli europeisti e Cuperlo gli ex comunisti. Così, i quattro, trasformano gli elettori in pubblico facendo però perdere credibilità ad un partito che appare irrimediabilmente diviso e un po’ senza speranza. I candidati cercano il loro X Factor, ma rischiano di finire inghiottiti dal vortice delle loro stesse polemiche.
Al Largo del Nazareno si preferisce cavalcare le pulsioni del Paese piuttosto che dettare la linea: i “personaggi” sono tutti lì, sul palco, e portano avanti il loro show in cerca dell’applauso liberatore; aspettano solo che qualcuno pronunci il fatidico “Sei fuori”, ma nel frattempo si lasciano coccolare dalle platee in festa. Accontentano, sperando di ottenere consenso, proprio come da Maria De Filippi “gli amici” cantano le canzoni più belle per compiacere lo stesso pubblico. In tutto questo mancherà solo il televoto: l’8 dicembre i cellulari potranno essere lasciati sul divano perché basterà prendere due euro e correre al seggio più vicino per dire chi, secondo gli spettatori, è il più “fico”. Per le idee bisognerà aspettare almeno fino a quando quello stesso pubblico non ritorni ad essere composto da elettrici ed elettori.