«Ho fatto tutto io». Così Silvio Berlusconi ha comunicato ai suoi ministri come sia maturata la decisione di farli dimettere dall’esecutivo di larghe intese. Un modo, questo, di accentrare su di sé non solo il peso della decisione ma anche di tamponare l’affronto dell’eventuale “fronda” che potrebbe aprirsi tra i “diversamente berlusconiani” (non hanno digerito per nulla la decisione comunicata via Ghedini al segretario, nonché vicepremier, Angelino Alfano).
«Con ministri abbiamo chiarito, erano in buona fede». In questo modo il Cavaliere ha voluto chiudere la prima vera crisi della sua leadership (la giornata era iniziata con il botta e risposta tra Alfano e il direttore del Giornale Alessandro Sallusti): anche perché – come ha spiegato – «i ministri mi avevano offerto le loro dimissioni già alcuni giorni fa, mi sono preso un po’ di tempo e poi ho deciso». Una riunione attesa, questa dell’assemblea del gruppo parlamentare, anticipata da un vertice con i titolari dei dicasteri e con i capigruppo del partito: attesa per il destino non solo del centrodestra ma del governo in carica. Una riunione alla quale i malpancisti avrebbe voluto dire la propria anche se, a quanto pare, solo Fabrizio Cicchitto ci ha provato ma è stato subito stoppato da Berlusconi stesso.
Chiarito il “responsabile” insomma (un modo per ovviare l’attenzione dai “falchi” accusati di essere stati i fautori del profilo “estremista” della nuova Forza Italia), dopo la carota, per i dissenzienti è arrivato anche il bastone: «Le loro preoccupazioni le dovevano manifestare all’interno del partito non fuori». In ogni caso – rivolgendosi ancora ad Alfano e compagnia – «con loro abbiamo chiarito, ma dobbiamo puntare al voto, non è possibile un governo che non fa riforme vere e aumenta le tasse» ha ribadito l’ex premier continuando a spostare qui il problema (non sul caso giudiziario) che ha provocato la sua decisione.
Per questo motivo Berlusconi poi ha “rifiutato” le dimissioni in massa dei parlamentari del partito («grazie per le vostre dimissioni che sono state il più bel regalo che mi avete fatto», ha detto) perche la road map da seguire adesso è questa: «In sette giorni assicuriamo i voti sulla cancellazione dell’Imu, per il varo della legge di stabilità che non aumenti le tasse e per l’abolizione dell’Iva. Poi puntiamo alle urne, perché non si riesce a fare riforme vere».
Insomma, si votano i provvedimenti del programma di governo e poi subito alle elezioni. Uno schema, questo, che intende “riparare” il possibile danno politico dell’accelerazione della crisi a scapito dei cittadini sul tema caldo delle tasse. E un modo, poi, di ridare il cerino in mano al premier. La palla, infatti, adesso ritorna nel campo di Enrico Letta che – persuaso da Giorgio Napolitano a non formalizzare le dimissioni ma a parlamentarizzare la crisi – aspettava lo svolgimento della resa dei conti all’interno del Pdl-Forza Italia in vista della fiducia di mercoledì. Resa dei conti interna al centrodestra che, a quanto pare, non c’è stata.
@barbadilloit