Donna da record, Elsa Fornero. Il ministro della disoccupazione è riuscito, in meno di un anno, a portare il tasso di disoccupazione a livelli incredibili, con un aumento di quasi 800mila unità. E per una riforma che avrebbe dovuto essere rivolta ai giovani, ha stabilito un altro grande primato: quello della disoccupazione giovanile. Ma lei, la supertecnica, è andata alla festa di Atreju per spiegare che nei prossimi mesi si vedranno gli effetti positivi di questa sua grande pensata. Purtroppo qualcuno, alla festa, è riuscito persino a farsi convincere.
Ma fuori da lì, gli italiani appaiono molto scettici sui benefici. Il tasso di fiducia delle famiglie è ai minimi storici. Ed i consumi crollano, perché nessuno – grazie a Fornero – ha più la certezza del posto di lavoro. Davvero un gran risultato. Il povero Stefano Fassina, subissato dalle proteste, ha provato a difendere la riforma davanti alla platea della Fiom piemontese. Ma i lavoratori non si sono convinti. Perché la crisi c’era anche prima della riforma, ma i consumi calavano di meno, a scapito dei risparmi. Dopo l’approvazione, invece, i consumi delle famiglie sono crollati, ma non sono diminuiti i risparmi. E questo nonostante il crollo del potere d’acquisto.
Dunque le famiglie italiane cercano in ogni modo di risparmiare perché, grazie alla riforma, sanno di poter perdere lavoro e retribuzione da un giorno all’altro. Con ammortizzatori sociali ridicoli e non in grado di assicurare la sopravvivenza di una famiglia.
Ma se i consumi crollano, la produzione si riduce. E diventa una forma di onanismo intellettuale la ricerca delle soluzioni per aumentare la produttività. Si produce per chi? Per il mercato estero che non può assorbire tutto l’eccesso di produzione? E poi la soluzione degli incompetecnici è ancora più patetica: aumentiamo le ore di lavoro, tagliamo le ferie. Dimostrando di ignorare, da un lato, che le ore lavorate in Italia sono molto più numerose di quelle lavorate in Germania. Dove, però, si lavora meglio. E non comprendendo che il taglio delle ferie significa anche una contrazione del turismo che, guarda caso, rappresenta una delle voci più importanti del Pil italiano.