“Fronte della Gioventù” di Alessandro Amorese, presentato in anteprima ad Atreju 2013, prende ufficialmente il suo posto nella non troppo ampia biblioteca letteraria già esistente sull’argomento. Ad affiancare l’autore nel percorso di risalita dal terzo millennio sino alle origini dello storico movimento di avanguardia giovanile, moderati da Michele De Feudis, erano presenti alcuni dei massimi dirigenti quella stagione movimentista: Peppe Scopelliti , Marco Valle, Roberto Menia, Giampiero Cannella e Francesco Lollobrigida. Professionisti di oggi ex militanti di ieri che si sono ritrovati, in un pomeriggio d’eccezione, ad arrotolare ed affiggere ancora i manifesti della loro formazione in un dibattito ricco di convergenze e divergenze tra le fascinazioni giovanili, a latitudini tutte diverse.
Amorese, oggi giornalista e scrittore, ci parla del “più grande movimento giovanile degli anni ‘80” e di come questo sia ancora vivo nella memoria di più generazioni, quelle che lo hanno vissuto sulla pelle e quelle a cui i “grandi” l’hanno poi tramandato. “Il Fronte ha costituito una pagina fondamentale della nostra politica, perciò non dobbiamo perderne la memoria”, commenta il dirigente di Fratelli d’Italia, Lollobrigida. L’esigenza di scrivere ancora nasce quindi dalla volontà di raccontare come intere generazioni in tutta Italia abbiano ricevuto nel Fronte “un’educazione sentimentale alla politica”.
Come accadde per i figli degli esuli, che ricordano il malessere della cortina di ferro comunista e gli incidenti di Trieste del 1953, dove Francesco Paglia cade per mano inglese. “Ci bastava guardare oltre il confine” afferma il coordinatore di Fli Roberto Menia, per capire chi eravamo. Identici sentimenti, molto più in giù, sono quelli che provengono da Palermo. Giampiero Cannella parla degli anni della militanza, nati dall’insofferenza per i modi democristiani di chi continuava a ripetere alla sua generazione – “Chi te lo fa fare di prendere posizioni?”, era il motivetto in voga – e verso eskimo, capelli lunghi ed orecchini. Una ribellione che passava anche attraverso gli slogan efficaci, quelli che i ragazzi portavano sulle magliette, come lo storico “Meglio un giorno da Borsellino che cento anni da Ciancimino”. La lotta alle mafie era tra gli impegni primi, anche nella Reggio di Scopelliti (adesso governatore della Calabria), anche quando la polizia cercava di allontanare i militanti dai cortei… senza mai riuscirci.
A Milano la faceva da padrone il gusto della beffa, invece, in un ambiente che Marco Valle dipinge “dannunziano”. “La mia gente non ha paura di nulla, nemmeno delle parole”, così il Vate commentava i manifesti lanciati dagli aviatori della Squadra del Carnaro su Trieste: sembra la stessa gente che Valle richiama a sé assieme ai ricordi di una gioventù coraggiosa e scanzonata. Un libro, quello di Amorese, atteso e necessario. Un’opera che riaccende le passioni di giovani e meno giovani, perché finalmente “si è ricominciato a leggere e non più solo ad eleggere”.