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Il 29 maggio presso l’Auditorium del MAXXI di Roma abbiamo avuto modo di assistere alla presentazione del libro realizzato da monsignor Antonio Spadaro e dal regista premio Oscar Martin Scorsese Dialoghi sulla fede, l’incontro è stato introdotto da Francesco Spano segretario generale della Fondazione MAXXI e moderato dal professor Antonio Monda scrittore e docente presso la New York University.
In questa opera Antonio Spadaro legge con gli occhi acuti del teologo la dimensione dell’arte, in questo caso la settima arte che è il cinema attraverso una intervista con il regista italoamericano Martin Scorsese. Il rapporto tra Padre Spadaro e Scorsese nasce nel 2016 in casa del regista per discutere della realizzazione del film Silence, un film che tratta delle persecuzioni subite dalla comunità cristiana in Giappone e sulla comunità dei gesuiti nel paese del Sol Levante.
L’opera non è una semplice intervista ma un dialogo sulla dimensione della fede, sulla visione del credente e sulla ricerca escatologica che riguarda la salvezza ma anche un modo cristiano di fare famiglia nonché un modo cristiano di porsi di fronte alla società come esempio nel mondo del lavoro.
Nei film di Scorse sono sempre presenti riferimenti ai passi della Scrittura, e come il personaggio di Giuseppe che interpreta i sogni del Faraone, Scorsese nei suoi film si fa interprete dei sogni per raccontare la realtà e nello stesso tempo ci rende partecipi dei suoi sogni per farci comprendere il disegno di Dio.
Con Scorsese abbiamo una riscoperta della dimensione estetica che si ispira al Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini del 1964 e che Scorsese applica nei suoi film. Nel Vangelo secondo Matteo abbiamo la bellezza mediata e la bellezza immediata. Nel capolavoro di Pasolini vi è una immediatezza istintiva del Vangelo, Pasolini realizzò questo film in un impeto pregrammaticale, in un istinto che è già grazia mentre per Scorsese la grazia arriva in modo inaspettato proprio come nel capolavoro di un altro regista, il tedesco Carl Theodor Dreyer che è il film Ordet (la parola).
Cosa ha toccato le corde di Scorsese nella realizzazione dei suoi capolavori?
Sicuramente nei film di Scorsese vi è sempre una critica a un mondo rigidamente bloccato come per esempio nel film L’età dell’innocenza in cui da un lato vi è una società rigida e farisaica che giudica la protagonista e dall’altro vi è la grazia rappresentata dalla protagonista che come Ruth, Ester, Susanna e la Maddalena affrontano il giudizio della società. Per Scorsese la resurrezione è il momento in cui si viene fuori dalla rigidità del pensiero unico e del pregiudizio. Anche un regista laico come Marco Bellocchio comprende quanto bella può essere la fede.
Come nasce il rapporto Spadaro-Scorsese?
Il rapporto tra monsignor Spadaro e Martin Scorsese è un rapporto che nasce a distanza quando Scorsese lavorava alla realizzazione del film Silence.
A unirli non è solo la realizzazione del film ma anche le comuni radici siciliane, monsignor Spadaro è originario di Messina mentre la famiglia di Martin Scorsese è originaria della provincia di Palermo. Durante questo incontro non si parla solo della consulenza che Monsignor Spadaro deve fare per la realizzazione del film ma proprio grazie alle radici siciliane nasce un rapporto umano tra due persone e non tra un ammiratore e il proprio artista preferito.
L’infanzia di Scorsese non è una infanzia facile, e anche l’adolescenza in Elizabeth Street che è una delle strade principali di Little Italy è molto travagliata e fu il parroco che incoraggiò il giovane Martin Scorsese a coltivare la sua passione per il cinema sottraendolo a una maschilità tossica che lui racconterà nella sua trilogia dedicata alla Mafia (Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno, Quei bravi ragazzi e Casinò) e proprio in questi tre film Scorsese percepisce che attraverso la messa è presente il corpo e il sangue di Cristo. In Mean Streets la vera Transustanziazione avviene nella strada che rappresenta la società violenta e criminale in cui Scorsese è vissuto.
Altro tema presente nei film di Scorsese legato sempre alla fede e alla salvezza è la solitudine come in Taxi Driver. In quel film non si pensa alla salvezza e al perdono ma al tormento, alla sofferenza e alla solitudine.
I personaggi dei suoi film non sono né buoni, né cattivi, ma come tutti i personaggi della New Hollywood sono ambigui. Travis (interpretato da Robert De Niro) di Taxi Driver è un veterano del Vietnam, traumatizzato, disadattato, paranoico e violento ma nello stesso tempo è un personaggio buono che anche in modo sbagliato cerca di aiutare una giovane prostituta interpretata da una giovanissima Jodie Foster.
Nei suoi film vi è tensione e violenza che è necessaria per il protagonista per giungere alla misericordia. Nella sua visione il suo Cristo non è quello di Piero della Francesca ma quello di El Greco e il suo Dio non è quello rappresentanto Joyce ma quello misericordioso di Bernanos. Il messaggio dei suoi film è che prima della giustizia deve venire la compassione e la misericordia. Ne L’ultima tentazione di Cristo Scorsese è attratto dalla figura del Cristo, già agli inizi degli anni 60 avrebbe voluto realizzare un film su Cristo ambientato a New York, il progetto non andò in porto perché con Il Vangelo secondo Matteo Pasolini aveva raggiunto l’immediatezza di Cristo.
La tentazione per Cristo nel suo film non sono quelle che il Diavolo gli fa durante i suoi 40 giorni nel deserto o la richiesta di aiuto a Dio nell’orto del Getsemani ma è la paura della normalità, la ricerca di una vita normale, perché la santità del Crisot come quella del prete richiede un distacco dal proprio ego.
Silence, per realizzarlo Scorsese ci mise 30 anni e purtroppo non ha avuto il successo sperato anche se non è stato un flop come New York New York. Il tema del film è l’apostasia, i due protagonisto sono due gesuiti in missione nel Giappone feudale, padre Rodriguez e padre Ferreira (interpretato dal grande Liam Neeson). Nel film Rodrigueze per salvare dei giapponesi cristiani dal martirio è costretto a commettere un atto di apostasia calpestando l’immagine del Cristo (fumie), Rodriguez compie quell’atto perché è Dio che glielo chiede (proprio come avveniva tra Don Camillo e il Cristo nel romanzo di Guareschi) perché solo così potrà salvare la vita agli altri. Questo perché l’universo morale di Scorsese è molto complesso.
Tra gli ispiratori del cinema di Scorsese vi è anche la scrittrice cattolica Flannery O’Connor creciuta nell’America Wasp secondo la quale la grazia agisce in un territorio in cui è presente il diavolo e nei suoi romanzi i personaggi sono spesso dei balordi e dei violenti in lotta contro tutti ma anche contro se stessi alla ricerca della grazia.
Questo tema della grazia è presente anche nel film The Irishman in cui il protagonista è il boss della mafia irlandese di Filadelfia Frank Sheeran (interpretato da Robert De Niro) un criminale realmente esistito che dopo una vita passata a far del male al prossimo, dopo essere stato rilasciato per motivi di età e di salute viene ricoverato in una casa di riposo. Dopo aver cercato di riconciliarsi con i figli e dopo un tentativo da parte dell’FBI di collaborare sulla scomparsa del sindacalista Jimmy Hoffa si riavvicina alla fede cattolica grazie all’ausilio di un sacerdote assegnato alla casa di cura e che lo assolve per i crimini commessi. La scena piu’ significativa è quando al momento di uscire dalla stanza Frank Sheeran chiede al sacerdote di tenere aperta la porta, la porta aperta rimanda alla Misericordia.
Per Scorsese che oggi ha piu’ di 80 anni la misericordia è molto importante, non solo per l’infanzia travagliata vissuta nel quartiere di Little Italy ma anche per il crollo psicologico e fisico a seguito del flop del film New York New York sprofondò in una profonda crisi di depressione che lo spinse a fare abuso di droghe, stupefacenti e psicofarmaci. Ne uscì grazie all’amico Robert De Niro che lo coinvolse nel progetto del film Toro Scatenato che raccontava la biografia del pugile italoamericano Jake LaMotta.
Altro elemento presente nei personaggi di Martin Scorsese è l’ambiguità come racconta nel film Killers of the flower moon, il protagonista (interpretato da Leonardo Di Caprio) sposa una nativa americana della Nazione Osage per interesse, dato che nella loro terra (Oklahoma) vi è un grande giacimento di petrolio, in seguito però se ne innamora. Nonostante l’amore che prova per sua moglie lui la avvelena uccidenndola, a un certo punto anche lui tenta il suicidio bevendo lo stesso veleno per condividerne la morte. Con questo film Scorsese dimostra che l’essere umano è violento e distruttivo ma tuttavia è anche capace di grandi gesti per riscattarsi e trovare la salvezza.
L’ultimo fotogramma che racconta la fede di Scorsese è quello del finale di Toro Scatenato sulle note di Cavalleria Rusticana con le parole di Giovanni 9: 1-41 Ero cieco e ora ci vedo.
Questo film è una testimonianza che racconta il crollo psicologico subito da Scorsese dopo il flop di New York New York. Nel film vi è una situazione di salvezza in cui il protagonista dopo aver perso tutto ed essere finito in prigione rimane solo, in seguito riesce a scusarsi con il fratello e a riconciliarsi con il mondo.
Possiamo riassumere che nell’opera di Scorsese è l’arte a rendere giustizia alla vita in un rapporto tra l’opera e la vita in un tentativo di dare senso all’esistenza. Che cosa è l’arte se non un tentativo di dare delle risposte? Concludendo è l’arte che ci permette di esprimere il nostro sforzo per raggiungere la salvezza. E soprattutto il mio suggerimento alla fine questo lavoro è riassunto in queste sei parole comprate il libro Dialoghi sulla fede.
Dialoghi sulla fede di Martin Scorsese e Antonio Spadaro (pp.160, La Nave di Teseo)