Il primo novembre del 1905 lo Zar Nicola II scrive nel suo diario: “Conosciuto un uomo di Dio, Gregorio, della provincia di Tobolsk”.
Grigorij Efim Novy nasce nel 1869 in un villaggio della Siberia occidentale. Nella sua giovinezza lavora nei campi e alle volte fa il vetturino. Rasputin, che nel gergo locale significa dissoluto, libertino, è il soprannome che gli è stato dato per la sua condotta. Sovente viene bastonato e frustato in pubblico. Nel 1887 si sposa e ha sette figli. Per lui una vita da mugiko celebrata da Tolstoj? No, il futuro gli preserva ben altro. Nel 1892 si ritira in un monastero, ha una visione della Madonna di Kazan e diventa un jurodivyi, un folle di Dio. Entra nella setta dei flagellanti che mescolano riti mistici a pratiche lascive, tipo i nostri tarantolati. Questa conversione religiosa stride con le voci che lo definivano ladro di cavalli, ubriacone e donnaiolo. Per alcuni anni alterna i suoi pellegrinaggi con l’impegno della famiglia sino a quando arriva a San Pietroburgo. Dai discorsi evangelici, dal recitare parabole ai miracoli il passo è breve. Qui fa il guaritore, in particolare di quelli che soffrono della danza di san vito, a confermare le sue qualità di sensitivo e di essere un figlio di Dio. Però si dimentica di salvare quattro dei suoi figli che muoiono di scarlattina e altro. Padre Teofane, confessore dell’imperatrice, lo presenta alle Granduchesse Milica e Anastasia, figlie del re del Montenegro, fanatiche delle scienze occulte, lo introducono alla corte imperiale. Rasputin è triviale, tratta duramente i nobili che se lo contendono, credono di trovare nel suo linguaggio schietto, incolto, la voce della terra russa. A consolidare il suo successo giunge ad una veggente la visione di San Serafino che lo indica Gran Profeta.
La famiglia imperiale russa sta vivendo un penoso dramma. Lo zarevic Alessio, l’unico erede maschio, è malato di emofilia. Morbo che colpiva le famiglie reali di quasi tutta l’Europa, per questo chiamata ”malattia reale”. Dapprima c’è stato il timore di non avere un maschio, nascevano solo femmine, e si sussurra che il bambino sia il frutto di una relazione della zarina Alessandra con il generale Orlov, accettata dal marito. Ora, l’eventualità di perderlo cattura e annichilisce la zarina.
Il monaco santone è chiamato all’opera. Il suo intervento è positivo, con l’ipnosi blocca le emorragie di Alessio. Lo salva da morte certa. Da qui il suo potere sulla famiglia zarista per il debito di riconoscenza. Il prezzo è alto, diventano suoi prigionieri, schiavi di una dipendenza assoluta.
Nel 1906 si riunisce il primo parlamento russo, la Duma, dall’autorità assai limitata. Rasputin è già appollaiato sulle spalle dello zar e sarà lui a prendere le decisioni. A nominare ministri, direttori, procuratori. Perfino i vescovi. Per la famiglia imperiale l’asceta ciarlatano è l’amico, il santo anziano. L’inviato di Dio. Al posto del Cristo evangelico hanno bisogno di un nuovo avvento, di un Cristo immagine della monarchia, scrive Trotsky. Che li condurrà con lui alla Passione, aggiungo io.
La zarina Alessandra è soggetta a estasi mistiche che le appannano la realtà e crede alla santità di Rasputin. Lo difende affermando che bacia come facevano gli apostoli ma tutti sanno della sua vita licenziosa. Le baldorie con i battellieri del Volga, alle Terme con le donne! Frequenta i postriboli. Predica uno strano assioma religioso: bisogna peccare, anche carnalmente, per ottenere il perdono di Dio. Un invito al peccato sublimato che conduce al pentimento e alla salvezza. Rasputin ubriaco: “Io faccio di lei tutto quello che voglio.” E si riferiva alla zarina, “la vecchia”.
A corte Rasputin diventa intimo della damigella Anna Virubova la favorita della zarina, che gli rivela i segreti della coppia imperiale. La damigella che si autodefinisce stupida, riporta Trotsky. Con lei Rasputin ripete la sceneggiata blasfema di: “Lazzaro, alzati e cammina.” La donna ha un incidente ferroviario ed è in coma. Accorre l’Amico Santo. “Annuska!” le grida. E poi: “Adesso alzati e cammina.” Annuska rinviene indenne. Il ministro Khvostov: “La Virubova è un’oca isterica, oppressa dall’ipnosi di Rasputin. Lui le porta in casa lerce prostitute e le fa servire da lei.” Qualche anno dopo per salvarsi dalle accuse di connivenza del tribunale rivoluzionario la damigella mostrerà di essere vergine.
Rasputin si insinuava nell’intimità degli zar e nei vizi di Nicola II. Di lui diceva che gli mancava qualcosa dentro, era senza fegato. Gli proibiva di bere per breve termine e lo zar obbediva all’ordine stabilito. Rasputin evitava di guarirlo dall’etilismo per convenienza, lo preferiva con quelle incoscienze date dall’alcol. Quando era in collera l’Amico minacciava e spaventava Nicola e Alessandra: “Finirà con le bandiere rosse!”.
Stolypin, ministro degli interni, è subissato dalle lettere di genitori che asseriscono la violenza sulle figlie commessa dal monaco depravato. Per questo e per lo scandalo provocato dalle sue orge nel 1911 lo rimanda al suo villaggio, in esilio. La zarina gli scrive invocandolo. Nel settembre il ministro a teatro viene ucciso da un terrorista e lui ritorna. Rasputin diceva: “la morte cammina con lui.” Profezia o augurio?
Rasputin aveva una guardia del corpo ma gli accadeva di essere egualmente picchiato. Nel giugno del 1914 è accoltellato gravemente da una donna. Ricoverato nell’ospedale di Tjumen si oppone vanamente alla dichiarazione di guerra. Ripeterà più volte che se fosse stato in salute e presente la guerra non ci sarebbe stata. È un pacifista convinto ma comunque influisce. Il comandante dell’esercito, il Granduca Nicola, zio dello Zar, viene detronizzato su richiesta di Rasputin perché lo ha minacciato di impiccarlo. Il generalissimo parte per il Caucaso. Rasputin ordina un’offensiva nella zona di Riga perché ha avuto una visione.
Lo zar si trattiene al fronte e la zarina e Rasputin sono i veri padroni dello stato e decidono su tutto, anche con scelte sciagurate. Il suo credo? “La Russia ha piacere di essere accarezzata con lo scudiscio.” E scrive a Nicola di battere i pugni, di essere padrone. La zarina è malvista per le origini tedesche e all’inizio del conflitto i popolani l’avrebbero voluta rinchiusa in un convento.
Rasputin è odiato dal popolo, dai nobili. Dei tanti complotti che lui immagina e teme il 30 dicembre del 1916 finalmente uno si realizza. I sicari più attivi sono il granduca Dmitrij Pavlovich, cugino dello zar, e il principe Feliks Jusupov. Questi è bisessuale, partecipa alle feste vestito da donna. Malgrado le sue tendenze ha sposato Irina, una nipote dello Zar. I due congiurati sono stati amanti e Rasputin lo sa. Il monaco viene adescato a una cena. Le esecuzioni sono diverse e confuse. Il veleno nei cibi non gli fa niente, ma forse il dottore Lanzovert non lo ha messo. Un colpo di rivoltella e sembra morto. Poi si rialza e fugge, viene inseguito, colpito alla schiena da altri colpi. E il foro sulla fronte? Unica certezza viene ripescato, due giorni dopo, nella Neva ghiacciata. Ha acqua nei polmoni, quindi gettato ancora vivo. Un generale sospiro di sollievo: gli annegati non possono essere eletti a santi. Una indemoniata guarita da lui provvede a pulire il corpo del martire, profumarlo, rivestirlo. La zarina recupera la sua camicia imbrattata di sangue e la tiene come una reliquia. Icone, fiori e lamenti per la salma. Prima di chiudere la bara infila un suo messaggio chiedendo un’ultima benedizione. Alla notizia della sua morte la gente si abbraccia per strada, grida: “Al cane, morte da cane!”. Accende candele in chiesa. Gli operai nelle fabbriche festeggiano: “Evviva!”.
Una leggenda riferisce che la principessa Olga (o Tatiana?) violentata da Rasputin, è stata complice nella congiura, ha assistito all’omicidio e preteso che sia evirato. Il suo organo smisurato imbalsamato è conservato nel museo di San Pietroburgo.
L’imperatrice chiede invano che gli assassini siano fucilati. Il principe Yusopov fugge a Parigi con moglie, figli, gioielli e dei Rembrandt. Dmitrij Pavlovic finisce anche lui a Parigi, farà il rappresentante di champagne e avrà una relazione con la stilista Coco Chanel. Il grottesco: i fuggitivi si salvano dai futuri eccidi dei bolscevichi. Nel 1928 la figlia di Rasputin gli intenta causa per l’omicidio del padre ma il reato è caduto in prescrizione.
Il cadavere di Rasputin sarà dissepolto dagli insorti, portato nella foresta di Pargolowo issato su una catasta di legna, cosparso di petrolio diventa cenere. Lo stesso tragico destino di tutta la famiglia imperiale diciassette mesi dopo.
Rasputin ha agevolato il compito di Lenin? Non lo crediamo, l’impero era così traballante che sarebbe caduto egualmente. Eppure la simbiosi c’era, il poeta Blok: “la pallottola che lo finì, colpì al cuore la dinastia regnante”. Trotsky: “Della monarchia fu la fiamma vivida e fumosa che fa una lampada prima di estinguersi.”
Nel 1978 il gruppo musicale Boney M. nel loro disco di grande successo cantano: “Rasputin, il vero amatore di Russia è un vero peccato come sia andata a finire”. Nel corso degli anni, polverosi di storia, Rasputin, il potente monaco siberiano, è diventato il santo propiziatore a cui intitolare bar o pizzerie…
Ironia e ilarità. Ma nei suoi deliri leggiamo: “L’amore dell’uomo per l’uomo sarà una pianta secca. Fioriranno solo due piante: la pianta del tornaconto, la pianta dell’egoismo”.