Donato “Walter” Bilancia (1951-2020) tra 1997 e 1998, in Liguria e nel Basso Piemonte, uccide diciassette volte. Tanta ferocia è al centro del romanzo di Carlo Piano Il torto (edizioni e/o, pp. 267, € 18,40), che si confronta col materiale processuale. La stile del narratore riscatta l’aridità dell’inquisitore.
Di tutte le virtù, a Bilancia manca la più indecente. Così, quando cala i calzoni davanti allo specchio, non si piace. Invece vorrebbe piacere, e tanto. Tale contraddizione l’affligge per 47 anni da libero e per ventidue da detenuto, in compagnia dell’odiato se stesso.
Così Bilancia comincia a odiare le donne, che per lui sono un genere, quanto una categoria professionale in genere considerata meritoria: le prostitute. In loro trovano conforto quasi tutti. Lui trova irrisione.
Terribile è il rapporto di Bilancia col sesso. Nemmeno pagare lo sottrae allo scherno di chi dovrebbe saper fingere desiderio. Nella sua sciagurata vita si possono quasi intravedere i segni premonitori dell’orrore in cui si sarebbe poi tuffato.
Bilancia è nato a Potenza. Da bambino si è trasferito a Genova. Vive nel decoro del quartiere semicentrale di San Fruttuoso, ma frequenta le bische, che di solito. Per colpire sceglie invece, per lo più, il Ponente: Cogoleto, Pietra Ligure, Ventimiglia…
Piano lo segue nel letale percorso. Come per compensare tanto dolore, rende a Genova e alla sua bellezza un omaggio delicato e prezioso.