Julius Evola ebbe sempre in mente un progetto per influenzare la società e soprattutto il regime fascista verso una visione tradizionale del mondo. Lo faceva tramite un’azione culturale e politica che si esplicava in conferenze, incontri, presentazioni di libri, e soprattutto studio e scrittura di articoli su quante più riviste possibile. I buoni rapporti con gerarchi sensibili a una politica culturale che incidesse nella formazione dei giovani per la realizzazione di un “Uomo nuovo” gli aprirono spazi in tribune di primo piano. Il gerarca Roberto Farinacci gli mise a disposizione il proprio quotidiano “Regime fascista” e il ministro Giuseppe Bottai gli offrì una cattedra universitaria che Evola rifiutò.
Adesso, Guido Andrea Pautasso ha pubblicato un libro che illustra l’esperienza di collaborazione del filosofo romano con la rivista “Il Saggiatore” (1931-1932). Il libro si intitola Julius Evola (anti)fascista negli anni Trenta ed è stato pubblicato dalla casa editrice Ritter di Milano. Il titolo fa riferimento alla definizione usata per Evola dalla Polizia politica (Ovra) nei fascicoli della Questura. Una chicca vera e propria: fino al 2018 nessuno studioso del pensiero evoliano era a conoscenza della collaborazione del pensatore con questa rivista né lui stesso ne fece mai menzione. Il libro offre un inquadramento storico, gli articoli pubblicati sulla rivista, la spiegazione dei rapporti non sempre idilliaci con la redazione. Poco idilliaci tanto che Evola collaborò per un breve periodo con la testata. Lasciò il segno, tuttavia, se si pensa che due dei saggi più importanti furono propedeutici allo sviluppo del pensiero evoliano: “Avviamenti della dottrina della certezza come potenza” e un interessante intervento di risposta all’inchiesta sulla nuova generazione che si affacciava alla ribalta della vita politica. Evola era visto come una presenza strana poiché partecipava ai dibattiti delle riviste fasciste con un’interpretazione tradizionale volendo influenzare le scelte dei gerarchi. Per lui “Il fascismo è troppo poco”, infatti del fascismo non amava il lato populista, il filone “di sinistra”, le intese con la Chiesa. Non molto amato, nei rapporti della Polizia politica veniva definito “antifascista, amico di antifascisti, pericoloso emissario della Terza Internazionale”.
La redazione allontanò Evola per le sue idee tradizionali. Alla prima occasione, il pensatore scrisse sul “Corriere padano”: “’Il Saggiatore’, invece di saggiare mette ogni sorta di cose in uno stesso sacco”. La collaborazione non fu una perdita grave per il barone che aveva tante collaborazioni e quegli anni proficui furono ricchi di studi e intuizioni.
Guido A. Pautasso, Julius Evola (anti)fascista negli anni Trenta, Ritter ed. (www.ritteredizioni.com), pagg. 132, euro 16,00