A leggere gli “strilli” degli organi d’informazione, Sandra Milo, nata come Salvatrice Elena Greco a Tunisi l’11 marzo 1933 e deceduta a Roma il 29 gennaio 2024, nella sua lunga vita non sarebbe stata altro che la musa di Federico Fellini. Un ruolo indubbiamente importante, anche se, a voler essere pignoli, l’attrice ha partecipato a due soli film del celebre regista (8 1/2, 1963, e Giulietta degli spiriti, 1965), con cui, lo scriviamo più per dovere di cronaca che per amore del pettegolezzo, ha inoltre avuto una annosa, ma non duratura (almeno rispetto ad altre di Fellini) storia d’amore. Un legame che si interrompe bruscamente a causa di un ruolo saltato (Sandrocchia, come la chiamava Fellini, avrebbe infatti dovuto interpretare il ruolo di Gradisca in Amarcord) e di un bizzarro romanzo (Caro Federico, Rizzoli, 1982) in cui la ormai ex musa narra in maniera molto esplicita la liaison con l’autore di La dolce vita.
Ma prima di incontrare Fellini e divenire (per breve tempo) la sua musa, Sandra Milo è stata la compagna del produttore Moris Ergas e una brava attrice per bravi registi. Eroina eponima, grazie a Ergas, in La donna che venne dal mare (1957), notevole bellico-spionistico diretto dal “comandante” Francesco De Robertis, l’attrice altresì rifulge in opere memorabili firmate da Dino Risi (L’ombrellone, 1965, considerato a torto un film minore del regista), Claude Sautet (Asfalto che scotta, 1960, un “polar” che la vede affiancata a Lino Ventura e Jean-Paul Belmondo) e soprattutto Antonio Pietrangeli (Lo scapolo, 1955, Adua e le compagne, 1960, Fantasmi a Roma, 1961, e La visita, 1963).
Nel 1966, la fine della convivenza con Moris Ergas, con relativi e sgradevoli strascichi giudiziari (c’è di mezzo una figlia), coincide con la fine del suo status divistico. Simpatizzante in gioventù del Movimento Sociale Italiano (“Il Borghese” maliziosamente pubblica una sua fotografia a una manifestazione del partito), Sandra Milo sopravvive alla battaglia legale e mediatica scatenata da Ergas grazie alla protezione che le accordano il Partito Socialista Italiano e il suo leader Pietro Nenni. Dal 1966 fino alla morte, il cinema italiano la relegherà prevalentemente in camei e partecipazioni straordinarie.
L’ultima partecipazione
La sua ultima apparizione (autobiografica) è nel film documentario Roma, santa e dannata (2023) di Roberto D’Agostino, Marco Giusti e Daniele Ciprì. Fervente militante e propagandista del Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi (di cui sosteneva di essere stata anche amante), Sandra Milo intraprende nei fatali anni ’80 una carriera televisiva, sotto il segno lottizzatorio del garofano socialista, che la impegna come conduttrice di programmi per grandi e piccini (il famigerato Piccoli fans).
La rovinosa caduta di Craxi e della cosiddetta Prima Repubblica non coglie l’attrice impreparata. Nel suo orizzonte politico e, in parte, lavorativo oscilla infatti tra l’ex socialista (di destra) Silvio Berlusconi e l’ex socialista (di sinistra) Fausto Bertinotti. Tutto il resto è gossip, chirurgia plastica, brutte trasmissioni televisive alimentari e faticose tournée teatrali. Lo smemorato cinema italiano si ricorda dell’attrice, quasi in articulo mortis, omaggiandola con il documentario Salvatrice: Sandra Milo si racconta (2017) di Giorgia Wurth e premiandola con un David di Donatello speciale alla carriera nel 2020.
A Craxi morto, tutte le vecchie squinzie esibizioniste d’Italia, sapendo di no poter essere smentite, si sono infilate nel suo letto!
Lo stesso con Fellini…