È a tutti noto come nella narrativa di Mário Cláudio (1) si avverta uno stretto connubio di sensualità verbale, musicalità di colori e religiosità, in una sorta di “evocazione” – “evocazione” non solo nell’accezione di “celebrazione” del passato e della memoria, ma anche in quella di “evocazione” spirituale e biblica – sorretta da un’elaborazione tematica assolutamente personale e da un linguaggio ricreato e nuovo, a un tempo. Elaborazione tematica e linguaggio in cui si fondono il poetico e il prosastico, la favola e la mitologia popolare, il barocco e il raffinato, l’immaginario di un retaggio prettamente portoghese (nortenho soprattutto, ossia, del Nord del Portogallo) e il retaggio derivatogli da una profonda cultura che si compone di un vastissimo ventaglio di letture, le più diverse – da quelle letterarie a quelle filosofiche e storiche, da quelle storico-artistiche e di costume a quelle religiose e bibliche [cfr. DE CUSATIS, 2015: xi-xii].
Ebbene, siamo al cospetto di un processo creativo di una narrativa che si muove all’interno di un percorso multiplo, eppure splendidamente unificato nell’immaginario e nella scrittura di Mário Cláudio, in cui l’opera d’arte o solo l’Arte è simultaneamente forma di vita superiore e attività quotidiana, individuale o collettiva, da cui nascono prodotti culturali o comportamenti che sono oggetto di giudizi di valore e reazioni di gusto. Tale processo creativo caratterizza anche il testo de La fuga in Egitto (A Fuga para o Egipto). Con l’aggiunta della presenza della relazione, altrettanto importante e imprescindibile per il nostro Autore, fra il sacro e il profano. Snodandosi il tutto, quanto specificatamente a questa novella – scritta e pubblicata nel 1987 (2) –, non attraverso spazi e tempi determinati (3), ma lungo una sorta di corrispondenze che consentono allo scrittore, in un processo di abbattimento di qualunque tipo di barriera spaziale e temporale, di costruire il suo testo partendo dall’omonimo quadro di Giambattista Tiepolo (1696-1770): un piccolo olio su tela (57 x 43 cm) conservato nel Museo de Arte Antiga di Lisbona [cfr. BŒSPFLUG, FOGLIADINI, 2017: 63-65]. Trasformando così le figure in personaggi monologanti, i quali, nel narrare le loro rispettive micro-storie, forniscono informazioni sul contenuto rappresentativo del dipinto di Tiepolo – il pittore-simbolo del Settecento europeo [cfr. VILLA, 2013] – e che è appunto una variazione del tema della fuga in Egitto compiuta dalla Sacra Famiglia. Parlo di “variazione” poiché l’asinello della tradizione che, con il suo carico, accompagna Maria, Giuseppe e il Bambin Gesù, non appare in primo piano nel quadro, ma solo è mostrata la sua parte posteriore, ed è collocato, insieme agli altri personaggi, all’interno di una barca.
A tale riguardo, occorre sottolineare come Giambattista Tiepolo sia stato uno dei primi artisti plastici a ritenere che il percorso compiuto dalla Sacra Famiglia verso l’Egitto comportò l’attraversamento di corsi d’acqua. Probabilmente anche del Nilo, dando per buona la versione della Tradizione copta, secondo la quale Maria e Giuseppe attraversarono il noto fiume egiziano più volte. Fra l’altro, è interessante ricordare come tale intuizione narrativa sia stata sviluppata dal figlio di Tiepolo, Giandomenico (1727-1804), in una serie di ventiquattro incisioni dell’album delle «idee Pittoriche sopra la fuga in Egitto di Gesù, Maria e Giuseppe…», realizzate nel 1753 e dedicate a Karl Philipp von Greiffenklau, principe-vescovo del Sacro Romano Impero. Difatti, queste incisioni, meglio conosciute con il titolo Idee pittoriche sopra la Fuga in Egitto, presentano svariati attraversamenti di fiumi e abbondanti schiere di angeli [cfr. SUCCI, 2013: 537-557].
Occorre dire come La fuga in Egitto non sia l’unico testo marioclaudiano in cui si snodi un dialogo, un “gioco intersemiotico” fra letteratura e arti plastiche. Di fatto, Mário Cláudio è da ritenere fra i più fecondi cultori della cosiddetta ecfrasi. Basti pensare sia alla biografia romanzata di Amadeo de Souza-Cardoso [cfr. CLÁUDIO, 1984] – fra i maggiori esponenti del futurismo portoghese – e che ha dato al nostro Autore da subito notorietà internazionale (4), sia a quattro racconti del libro Itinerários – opera che riunisce ventidue testi scritti da Mário Cláudio in un arco di tempo abbastanza ampio, più precisamente fra gennaio del 1976 e settembre del 1993. Il primo dei quattro racconti è intitolato Alexandre ou Palas Ateneia [cfr. IDEM, 1993: 47-53], una breve rivisitazione storica e mitologica di Alessandro Magno e di Atena, per il tramite dell’omonimo dipinto di Rembrandt (1606-1669) – pur se ancora oggi resta incerta l’attribuzione – conservato nel Museu Calouste Gulbenkian di Lisbona, e il cui soggetto può essere identificato tanto con il celebre condottiero greco come con la dea guerriera. Il secondo racconto è Frans Snyders, soberania da noite [cfr. IBID: 61-65], in cui Mário Cláudio, attraverso il quadro del pittore fiammingo Antoon Van Dyck (1599-1641) – che ritrae un altro pittore fiammingo, suo amico, Frans Snyders – succintamente ricompone le abitudini borghesi delle Fiandre del XVII secolo. Il terzo e quarto racconto si presentano entrambi con un percorso narrativo che risulta molto marcato dalla relazione fra il sacro e il profano, nonché dalla elaborazione di due opere pittoriche di cui Mário Cláudio «elabora una nuova rappresentazione a partire da una lettura personalissima e con ramificazioni nella contemporaneità» [SIMÕES, 2001: 108-109]. Il terzo racconto, dal titolo Sacra Conversazione [cfr. CLÁUDIO, 1993: 66-70], prende come riferimento un quadro del celebre pittore rinascimentale Giovanni Bellini: la sua Alegoria Sacra, un dipinto a olio su tavola conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Di certo, fra le opere più enigmatiche e misteriose dell’artista veneziano e del Rinascimento in generale, visto che ancora oggi, sebbene siano state fatte varie ipotesi, il suo significato esatto non è stato completamente svelato. Il quarto racconto s’intitola E Kay? Ou a Descida da Cruz [cfr. IBID: 137-147], nel quale occorre l’intersezione fra la dimensione scritta concernente la storia di Kay – un giovane olandese, dalla vita per certi versi misteriosa, denominato Angelo da Pontormo – e la dimensione plastica rappresentata dal noto dipinto a tempera a uovo su tavola, intitolato Trasporto di Cristo (5), opera del pittore manierista, fiorentino, Jacopo Carucci (1494-1557), conosciuto come Jacopo da Pontormo o, semplicemente, Pontormo. Tale opera è conservata nella Cappella Capponi, nella chiesa di Santa Felicita, a Firenze.
Ma ritorniamo alla novella La fuga in Egitto, tralasciando per scelta voluta di approfondire la relazione intercorrente fra la rappresentazione pittorica di Giambattista Tiepolo e il testo monologante di Mário Cláudio. Non solo per una questione di spazio, ma anche perché l’argomento già è stato trattato in modo esaustivo da Maria Theresa Abelha Alves [cfr. ALVES, 2009 e 2010].
Quanto alla tecnica narrativa del monologo interiore di cui Mário Cláudio si avvale per l’intera narrazione di questa sua bellissima rappresentazione monologante di uno degli episodi biblici più noti in assoluto – episodio, peraltro, che negli ultimi decenni è stato investito di un’importanza sorprendente, a seguito dell’attualità delle migrazioni –, occorre dire come sia un monologo interiore di tipo “diretto”, la cui prerogativa è il mescolare le tre dimensioni temporali (passato, presente e futuro) per il tramite di un flusso, a un tempo, libero e controllato da un punto di vista sia linguistico che sintattico.
Come già ricordato, questa novella si articola in sette monologhi, di cui sei sono proferiti dai personaggi del dipinto di Tiepolo: i tre componenti della Sacra Famiglia, i due Arcangeli, il Nero e il Bianco, che conduce l’imbarcazione, e l’Asino. Il settimo monologo è quello dello stesso Pittore, un’aggiunta fatta dall’Autore e collocato in posizione centrale rispetto agli altri sei monologhi, ossia, con tre che lo precedono – quelli di Giuseppe, dell’Arcangelo Nero e dell’Asino – e tre posti a seguire – quelli di Maria, dell’Arcangelo Bianco e del Bambino. Un’opzione, questa di aggiungere al testo le considerazioni del Pittore, che sta a significare l’intento, da parte di Mário Cláudio, di aderire in modo eterodosso alla rappresentazione iconografica del Tiepolo [cfr. SIMÕES, 2001: 109]. Un’eterodossia che emerge anche quanto alla narrazione biblica dell’episodio in oggetto, della quale il nostro scrittore ricupera i passi salienti, ma “rivisitandoli” con l’arricchimento sia di considerazioni e chiose desunte dalla trasmissione erudita e popolare, sia di una lettura personalissima, a volte ramificata nel mondo contemporaneo.
Quanto ai riferimenti biblico-religiosi, essi sono numerosi in tutti i monologhi – ad eccezione del monologo centrale della novella, il Monologo del Pittore, che contiene quasi esclusivamente, sotto forma di ricordi, dati sulla vita di Giambattista Tiepolo, dall’infanzia alla maturità (6).
Com’è noto, la ‘fuga in Egitto’ è un episodio di rilievo, occorso immediatamente dopo la Natività, con protagonista la Sacra Famiglia, e riportato, per quanto riguarda il Nuovo Testamento, solo nel Vangelo secondo Matteo (Mt 2), nonostante l’episodio sia presente anche nelle tradizioni della Chiesa Copta e in alcune fonti non canoniche. Riassumendo la storia raccontata dall’evangelista, il re Erode, il Grande, ingannato dai Magi e temendo di essere detronizzato, scatena la sua ira ordinando di uccidere «tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio, dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi» (Ivi: 16) – episodio purtroppo conosciuto come la ‘Strage degli Innocenti’. In quel momento un angelo appare in sogno a Giuseppe, dicendogli di fuggire in Egitto, poiché Erode vuole che Gesù muoia (7). Così, nel cuore della notte e senza indugio, Giuseppe e Maria intraprendono la via dell’esilio, rifugiandosi in Egitto per salvare Gesù Bambino. Passano gli anni, Erode muore e un angelo del Signore appare nuovamente in sogno a Giuseppe, annunciando la fine del pericolo e invitandolo a ritornare nella terra d’Israele (8).
Come già riferito, nella sua novella Mário Cláudio riporta riferimenti precisi, diretti e indiretti, a questo famoso episodio biblico, così come ad altri episodi. Diversi sono gli esempi che potrei fornire in tal senso, poiché l’intero testo della novella è caratterizzato da un’alternanza continua fra riferimenti strettamente biblico-religiosi e considerazioni eterodosse o, detto diversamente, da un’alternanza di sacro e di profano. Ovviamente, nell’ambito di un breve articolo non v’è spazio a sufficienza per poterlo fare. Sicché, mi riprometto di approfondire l’argomento in una prossima occasione.
Note
(1) Ricordo che Mário Cláudio – pseudonimo di Rui Manuel Pinto Barbot Costa, nato a Oporto il 6 novembre 1941 – rientra in quel novero di esponenti insigni delle letterature d’espressione portoghese che hanno raggiunto la notorietà internazionale con opere tradotte in inglese, spagnolo, francese, tedesco, ungherese, ceco, croato e italiano [cfr. DE CUSATIS, 2015].
(2) In Italia, la novella è stata pubblicata, nel 2001, dalla Sellerio [cfr. CLÁUDIO, 2001].
(3) D’altronde, un impedimento in tale direzione è dato già dal ricorso al monologo – sia nel senso di genere, visto che il testo in oggetto è costituito appunto da sette monologhi, sia nel senso di tecnica narrativa, quella del “monologo interiore”, attraverso cui i personaggi manifestano i pensieri più intimi che si agitano nel loro subconscio.
(4) In Italia, il romanzo è stato pubblicato dalla Feltrinelli nel 1988, ossia, solo quattro anni dopo la sua uscita in Portogallo [cfr. CLÁUDIO, 1988).
(5) Ricordato anche come Deposizione, ma erroneamente, considerando che nel dipinto non è rappresentata alcuna croce.
(6) A questo proposito, Maria Theresa Abelha Alves commenta che «Tiepolo si presenta come un personaggio che attualizza il desiderio biografico che ha inframmezzato le opere di Mário Cláudio, in cui un artista viene scelto quale punto di partenza per discorsi di natura meta-poetica e storica» [ALVES, 2009: 11-12].
(7) «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo» [Mt 2: 13]. È interessante notare come questo passo biblico lo si ritrovi, riferito in forma diretta, anche nel testo marioclaudiano, più precisamente nel Monologo di Giuseppe [cfr. CLÁUDIO, 2002: 101].
(8) «Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino» [Mt 2: 19-20].
Bibliografia di riferimento
– ALVES, Maria Theresa Abelha, 2009. “A Fuga para o Egipto”: pulsão de cor e sentido num concerto (neo)barroco, in «Abril – Revista do Núcleo de Estudos de Literatura Portuguesa e Africana da UFF», Vol. 2, n° 3 (Novembro de 2009): 8-20.
– ALVES, Maria Theresa Abelha, 2010. “A Fuga para o Egipto”: cor música e palavra em metamorfose, in «Metamorfoses. Revista de Estudos Literários Luso-Afro-Brasileiros da Cátedra Jorge de Sena da Faculdade de Letras da UFRJ», v. 10, n. 2 (2010): 89-97.
– BŒSPFLUG, François, FOGLIADINI, Emanuela, 2017. La Fuga in Egitto nell’arte d’Oriente e d’Occidente. Editoriale Jaca Book, Milano.
– CLÁUDIO, Mário, 1984. Amadeo. Imprensa Nacional Casa da Moeda, Lisboa.
– CLÁUDIO, Mário, 1988. Amadeo, prefazione di Luciana Stegagno Picchio, traduzione di Rita Desti. Feltrinelli, Milano.
– CLÁUDIO, Mário, 1993. Itinerários. Contos. Publicações Dom Quixote, Lisboa.
– CLÁUDIO, Mário, 2001. La fuga in Egitto. A cura di Cecilia Pero. Sellerio editore, Palermo.
– CLÁUDIO, Mário, 2002. A Fuga para o Egipto (Quetzal Editores, Lisboa, 1987), in: IDEM, O Anel de Basalto e Outras Narrativas. Publicações Dom Quixote, Lisboa: 97-159.
– DE CUSATIS, Brunello Natale, 2015. Mário Cláudio: evocatore ed elaboratore di “storie”, in: Mário Cláudio, Boa noite, senhor Soares. Buona notte, signor Soares, a cura di Brunello Natale De Cusatis. Morlacchi Editore, Perugia: xi-xix.
– SIMÕES, Manuel G., 2001. Mário Cláudio, “La fuga in Egitto”, a cura di Cecilia Pero, Palermo, Sellerio, 2001, pp. 109, in «Rassegna Iberistica», 73 (Novembre 2001): 108-109.
– SUCCI, Dario, 2013. La serenissima nello specchio di rame. Splendore di una civiltà figurativa del Settecento. L’opera completa dei grandi Maestri Veneti. 2 voll. Cecchetto Prior Alto Antiquar., Treviso: II.
– VILLA, Renzo [e] VILLA, C. F. Giovanni, 2013. Tiepolo. Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo.
[Questo articolo – qui rivisto e abbreviato – è stato per la prima volta pubblicato in portoghese, e con lo stesso titolo, nel volume: Estudos para Mário Cláudio. Organização (de) Barbara Gori (e) José Vieira. CLEUP sc, Padova, 2023, pp. 29-36. Volume che riunisce tutte le comunicazioni presentate al “Congresso Internacional Língua Portuguesa: Criadora de Intimidades e de Literatura – homenagem a Mário Cláudio nos seus 80 anos”, tenutosi il 5 e il 6 maggio 2022 presso l’Università di Padova.
Tutte le traduzioni dei testi dal portoghese sono a mia cura].