Nella tragica situazione geopolitica odierna, vediamo alcuni protagonisti della scena mondiale sventolare vessilli, paventare (e condurre) “guerre patriottiche” e richiamarsi a più o meno esistenti “radici” ancestrali, smentendo con ciò stesso l’idea, fattasi strada a partire da metà anni ’90, di “fine della Storia”, e sorprendendo tutti noi che in Occidente ritenevamo conquiste assodate i nostri diritti di democratici “non praticanti” (vedi scarsa affluenza alle urne negli ultimi anni) e i confini territoriali delle nostre patrie.
Dinanzi a simili sommovimenti, non ci sembra dunque cosa affatto peregrina rispolverare e rendere operante quel sano “patriottismo” che fu di Mazzini, di cui l’editore Bonanno compie in questi giorni l’opera meritoria di ristampare il suo Fede e avvenire a cura di Giovanni Balducci, con una Introduzione del filosofo Mauro Cascio, poiché fu Mazzini, piaccia o meno, il vero architetto della nostra unità nazionale e dell’anima democratica ma fieramente combattiva che ha ispirato le pagine più significative della nostra storia.
Mazzini conobbe la galera per le sue idee, poiché sentiva «che si poteva, e quindi si doveva, lottare per la libertà della Patria», anche a rischio della libertà personale, anche a rischio della vita. Nei mesi di carcere a Savona, nella fortezza di Priamar, una sorta di ligure Castel d’If, proprio laddove la sua personale libertà pareva irrimediabilmente compromessa e la sua stessa vita in pericolo, germogliarono i più bei frutti del suo pensiero: come l’Edmond Dantès di Alexandre Dumas, progettò la sua vendetta, ideando, lì in guardina, il programma della Giovine Italia. “Unione, Forza, Libertà”, questo il motto di Mazzini e dei suoi compagni di lotta, che si prefiggevano un’impresa assai ardua: unificare l’Italia e farne nientemeno che una Repubblica.
Dopo la Giovine Italia, ebbe a fondare la Giovine Europa, cui obbiettivo dichiarato era la costituzione degli Stati Uniti d’Europa, creando di fatto l’antecedente dell’odierna Unione Europea. “Inguaribile” idealista, a Unità d’Italia compiuta, fu eletto alla Camera, ma decise di rifiutare la carica di deputato pur di non giurare sullo Statuto Albertino, la costituzione “ottriata” dalla monarchia sabauda, continuando imperterrito a lottare per gli ideali repubblicani. «Costituire […] l’Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana», sarà questo il suo credo politico fino alla fine.
L’esempio della sua Repubblica Romana ispirò tanto gli aderenti alla Repubblica di Salò, che in quel frangente esiziale sventolavano vessilli con la sua effige e i suoi motti in spregio al tradimento della monarchia, quanto i padri costituenti, che fecero confluire molti dei princìpi che animarono quell’esperienza nella nostra Costituzione.
Lo stesso Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson si ispirò a Mazzini per la redazione dei famosi Quattordici Punti, e la sua figura di “apostolo della libertà” fu stimata e presa a modello da molti combattenti per la causa del progresso, dell’emancipazione, ma anche dell’identità dei popoli, tra cui Gandhi. Una statua lo celebra a New York, a Central Park, ma, ironia della sorte, durante la seconda guerra mondiale, il suo letto di morte, custodito sino allora, finì distrutto dagli aerei statunitensi durante il bombardamento di Pisa del 1943.
Di lui il filo-monarchico e sostenitore dell’ancien régime cancelliere Klemens von Metternich disse: «Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d’accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini.» E Friedrich Nietzsche avrà a proferire sul suo conto parole d’elogio: «Secondo l’uso linguistico attuale, un grande uomo non ha bisogno di essere né buono né nobile. Mi ricordo un solo esempio di un uomo di questo secolo che abbia ricevuto tutti e tre questi predicati, e perfino dai suoi nemici: Mazzini.»
Di recente la rivista di studi storici Storia in Rete, riprendendo un articolo scritto da Alessandro Gnocchi su Il Giornale, ha ricordato, contro la vulgata laicista, come il pensiero di Mazzini possa sintetizzarsi nel motto “Dio, Patria, Famiglia”. E nell’apparato introduttivo al testo mazziniano Fede e avvenire è possibile leggere saggi che esaminando la figura del patriota genovese da più prospettive, rendono giustizia alla sua proteiforme personalità, spesso ridotta colpevolmente a mera immaginetta anticlericale e patriottarda: dalle sue virtù di lungimirante politico evidenziate da Marco Spina e Francesca Reale, alla sua figura di fondatore di civiltà e patriota illuminato su cui argomenta Francesco Subiaco, per passare ad esaminarne le qualità di artista (scrisse anche un saggio, La filosofia della musica e fu valente chitarrista!) con Francesco Latilla e Lorenzo Cianti, o i rapporti con la Massoneria nel saggio di Giada Gentile; oppure la passione e i patimenti che dovette affrontare per le sue idee, di cui dà un resoconto Valerio Antonelli, o i suoi rapporti con la tradizione repubblicana esposti da Silvio Di Mare, e la sua ereditá nel Novecento, oggetto del saggio di Giovanni Rufino.
Chiudono l’apparato critico il saggio di Paolo Guerriero, che fornisce un storia bibliografica del testo, e la dotta postfazione del sociologo Maurizio Vitiello.
*Fede e avvenire, Giuseppe Mazzini, a cura di Giovanni Balducci, Introduzione di Mauro Cascio, Bonanno, Reggio Calabria-Roma 2023, pp. 96, euro 10,00.
Il pensiero di Mazzini è la ‘vulgata laicista’ nella sostanza, non confondiamo le carte…