Gli scientisti-ateisti alla moda continuano a tenere banco malgrado mille fatti ogni giorno più evidenti. Le scienze, innegabilmente, danno un contributo apprezzabile e decisivo al progresso e allo sviluppo del mondo: si pensi ai trasporti, alla medicina, alle comunicazioni, eccetera. E’ falso però, come il Covid, le depressioni e i terremoti insegnano, che esse risolvano tutti i problemi; che siano senza controindicazioni e che costituiscano il parametro essenziale e unico di un’epoca (luminosa o buia).
Taluni per vorrebbero creare una religione della scienza e dichiararla l’unica vera e degna dell’umanità, annichilendo così le altre, in primis il cristianesimo: Extra Scientia Nulla Salus.
Ma gli scientisti arrivano tardi e la religione della scienza se esiste, è quella in cui credettero i vari Copernico, Galilei, Keplero, Newton, Pascal, Mendel e padre Georges Lemaître, l’ideatore del Big bang. Ma ce ne sono moltissimi altri, ignoti ai più.
Di Jean-Baptiste Labat, per esempio, nato e morto a Parigi (1663-1738) non si sa moltissimo, ma quel che si sa di lui è piuttosto interessante. Abele Redigonda, gli dedica una colonna dell’Enciclopedia Cattolica (volume VII, 1951) e lo presenta come un “missionario, scrittore e viaggiatore domenicano”. Ordine religioso apostolico in cui il père Jean-Baptiste prese i voti nel 1685, poco più che ventenne.
Visse per 11 anni come missionario e fac tutum nelle Antille francesi (Martinica e Guadalupa). Secondo il Redigonda, per servire gli isolani, fu “meccanico e ingegnere-capo, agronomo, geografo, astronomo, etc.”. E lasciò presso le tribù africane un ricordo “tuttora vivo, tramandato di generazione in generazione”. In Martinica, “la memoria di Labat è sopravvissuta nei termini: La Tour du père Labat (mulino a vento); les chaudières Père Labat (le caldaie), o le attrezzature di distillazione conosciute come type Père Labat” (Wikipedia). Un mezzo genio insomma.
Rientrato in Europa nel 1705, passò gran parte della vita in Italia, ma anche in Spagna e in Francia.
La sua fama è dovuta all’imponente memorialistica dei viaggi compiuti, specie in Africa e in America. Migliaia di pagine in decine di volumi più utili di 100 trattati di antropologia. Dagli 8 tomi del Voyage en Espagne et en Italie (1730), la Biblioteca del Vascello delle Robin edizioni, edita ora le pagine piccanti e salate che riguardano la lunga permanenza del Labat a Roma, tra il 1709 e il 1716. Dando ad esse un titolo graffiante, ma oggettivamente discutibile (cf. Truffe, torture e guarigioni ovvero Del Papato dissacrato, Robin edizioni, 2022).
Scrive nell’introduzione Anna Tito, che si può nutrire “qualche dubbio sul suo zelo pastorale così come sull’ortodossia dei suoi metodi”. Il che è vero. Malgrado ciò, un fervido e romantico apologeta del cristianesimo come Chateaubriand osserva che “Nessun viaggiatore fornisce notizie più esatte sul governo pontificio: egli corre per le strade, si reca alle processioni, s’intromette in tutto e prende in giro più o meno tutto”.
Il nostro ci parla dei riti funebri, con annesse superstizioni di primo ‘700, di esorcismi tragicomici, di preti che cercano antichi tesori sotto terra, delle torture usate per far parlare i sospetti e i criminali, delle prediche dotte e insopportabili di un secolo manierato e anticlericale. E dei difetti, inerenti alla natura umana, dello Stato pontificio sotto Clemente XI. Insomma del vivere ordinario dei cristiani, non di rado analfabeti, creduloni e indolenti, tra Roma, Tivoli, Civitavecchia e le campagne.
Un quadro interessante e utile per la storia delle mentalità e il rapporto tra spiritualità e vita vissuta, in uno spaccato urbano-agreste specifico e significativo: Roma e i suoi dintorni al tempo dei papi re. Per le sue indubbie capacità di racconto e di descrizione, padre Labat fu citato con rispetto e ammirazione dai grandi della letteratura francese successiva: da Montesquieu a Diderot, da Voltaire a Charles de Brosses.
Non c’è nessun bisogno quindi dei tristissimi Piergiorgio Odifreddi, Paolo Flores d’Arcais o Elly Schlein. Gli anticlericali, un attimo più sfumati e meno manichei dei loro epigoni, li abbiamo inventati noi.
Piergiorgio Odifreddi, Paolo Flores d’Arcais, Elly Schlein sono chierici fanatici ed intolleranti della peggior specie….