Nel 1903, esattamente il 7 aprile, non è quindi lontano il 120° anniversario, nasceva a Pompeiana, nel Ponente ligure, Antonio Conio, più conosciuto con il nome che assunse quando divenne frate cappuccino e con il quale firmò la maggior parte dei suoi tanti libri (circa una quarantina ne pubblicò in vita), ossia Fra’ Ginepro da Pompeiana. Passò ad altro stato di esistenza il 12 luglio 1962, quando avevo appena cinque anni, ma la mia famiglia lo frequentava, si può tranquillamente affermare che fosse un caro un amico dei miei genitori, poiché allora si abitava in una località ligure a pochi chilometri di distanza dal Convento dei Cappuccini di Loano, ove lui risiedeva.
L’amore per Dio e per la Patria erano in lui mirabilmente fusi e, per quanto riguarda la sua spiritualità, essa era tratta da Francesco d’Assisi (il Francescanesimo è una delle correnti spirituali più nobili del Cristianesimo) e da Giuseppe Mazzini, il creatore del motto Dio, Patria e Famiglia, non per nulla grandemente detestato da chi questi valori vorrebbe annientare, bastino queste due citazioni per farla comprendere: “La poesia del combattimento prima che dannunziana è francescana e cristiana. E’ poesia del volo e dell’ascesi, della conquista e dell’ardimento, della dedizione e del sacrificio, della luce scaturita dalla sofferenza, dell’alloro meritato attraverso la prova dura del calvario” e ancora: “Io considero come il gesto più bello e più religioso della vita sacerdotale, di essermi schierato con i percossi e con i reietti”.
Tra le doti che questo discepolo del Poverello di Assisi ricevette da Dio, vi fu anche quella di saper scrivere assai bene e lasciò, come ho scritto, una quarantina di libri (quattro dei quali usciti postumi) e diecine e diecine di articoli, tutti molto profondi. Alcuni libri dell’immediato dopoguerra sono stati firmati Pio Cappuccino, uno pseudonimo impostogli dai superiori per evitare ulteriori noie con le autorità, che lo avevano fatto incarcerare nell’immediato dopoguerra.
Del 1931 è Un canto di religiosità nel Risorgimento. La famiglia Ruffini intima, un grosso volume dove l’Autore sviscera aspetti poco noti circa la famiglia dei patrioti mazziniani Ruffini, il cui membro più ricordato è Giovanni, l’autore dei celebri romanzi Il dottor Antonio e Lorenzo Benoni. Nel libro vengono messe in risalto le profonde spiritualità e religiosità di Mazzini, in anni in cui certo clero dipingeva l’Apostolo dell’Unità come una sorta di diavolo. Ma non Fra’ Ginepro che, patriota convinto, vedeva la mano di Dio dietro il movimento nazionale italiano.
Dell’anno successivo, invece, è Riviera d’oro, grosso volume dedicato alla Liguria di Ponente, una meraviglia culturale e geografica: quest’ultima è stata fatta, purtroppo, in gran parte sparire dalla successiva speculazione edilizia.
Cappellano di guerra
Nel 1935 il frate parte per l’Africa Orientale, quale cappellano della Divisione Cosseria, dove si distingue per il coraggio nell’assistenza spirituale sia ai nostri soldati, sia alla popolazione indigena. Un libro che raccoglie le esperienze su quel fronte è La strada delle Madonne del Tembien, del 1938.
Quando scoppia la seconda guerra mondiale è in prima linea sul fronte francese ed il 4 luglio 1940 celebra la Messa nella piazza principale di Mentone, la cittadina tornata italiana dopo ottant’anni. E poi sarà sul fronte greco, dove verrà ferito mentre amministrava i sacramenti ad un soldato ellenico morente. Su questo fronte sarà fatto prigioniero e condotto in campo di concentramento in India, dove si ammalerà gravemente. Per questo verrà rimpatriato dopo oltre due anni. Egli fissò le sue esperienze di prigionia nelle toccanti pagine de La Madonna del Buon Ritorno e Adorazione nella tormenta, ambedue del 1943.
Nella Rsi
Non appena si costituisce la Repubblica Sociale Italiana, Fra’ Ginepro, benché non più in salute, torna subito in campo e si dà da fare assistendo militari e civili; si impegna, in quei tragici momenti, per limitare lo spargimento di sangue fraterno, riuscendo a salvare molte vite di prigionieri dei fascisti o dei tedeschi.
Viene inviato in Germania da Mussolini in persona per portare una parola di consolazione ai prigionieri italiani nei Lager e di ritorno, alle famiglie di questi, porta notizie dei loro cari. Ha lunghi colloqui personali con Mussolini, con il quale affronterà molti delicatissimi temi di natura spirituale e religiosa (una traccia di questi la ritroveremo nel libro Ho confessato il Duce, uscito postumo nel 1970).
Dopo il 25 aprile verrà arrestato per collaborazionismo e si farà undici mesi di galera. Quando i partigiani lo portano via commenta: “Mi pareva che il Signore mi avesse benedetto già troppo abbondantemente, concedendomi la grazia di servirlo fra le sbarre della galera tra i condannati a morte e innocenti che gli rassomigliano di più che i malati del lazzaretto. Mi pareva che questo privilegio superasse quello a cui accenna il manzoniano Padre Felice”.
Scarcerato, dedicherà tutte le forze rimastegli alla difesa dell’onore del soldato italiano e a consolare le famiglie che piangono i troppi morti della guerra civile. Negli ultimi anni di vita si dedicherà a fissare sulla carta la memoria dei caduti, militari e civili, della Repubblica Sociale Italiana, non perché il ricordo fosse fomite di nuovo odio e di ulteriori rancori, bensì incentivo al perdono e alla riconciliazione tra italiani, dopo gli orrori della guerra civile, nel ricordo e nel rispetto di tutti i caduti. Titoli che vanno in questa direzione sono, tra gli altri, Non li possiamo dimenticare, del 1958, e Martirologio Italico della RSI, che uscì in tre volumi, il primo nel 1962, l’ultimo libro che il frate poté vedere pubblicato, mentre gli altri due uscirono, a cura di amici ed estimatori nel 1963 e nel 1973, così come postumo, nel 1970, uscì Eroi d’Italia.
Madre di Eroi
Il libro di Fra’ Ginepro che mi ha maggiormente colpito è stato Madre di Eroi, del 1954. E’ il più singolare libro sulla Madonna che sia mai stato scritto: sui campi di battaglia la Vergine è quella che conduce il guerriero che ha fede in Lei verso la vittoria, tale immagine richiama subito alla mente la Dea Victoria della Roma prisca, una delle più antiche divinità nazionali romane.
Non lo potrò mai dimenticare, Fra’ Ginepro (intenzionalmente, sto parafrasando il titolo di un suo libro) e sin da ragazzo ho imparato molto dai suoi scritti, letti e riletti, sempre freschi, sempre vivi, sempre attuali.
Ricordo Commovente di un frate che amò sconfinatamente la Patria battendosi contro gli odi di parte.
La Sua Fede imperniata dal Sangue di Cristo e dalle Lacrime della Madonna lo condusse per le strade impervie e desolate, che riuscì a percorrere solo perché illuminato dalla fiamma dello Spirito.
Bell’articolo. Permettetemi un ricordo personale, che riguarda non fra Ginepro, ma Giano Accame. In occasione di un seminario sul tema “La ‘guerra impossibile’ nell’età atomica. Dialogo delle città bombardate”, organizzato nell’aprile del 2004 a Valmontone, Giano aveva confessato di conservare “l’immagine di La Pira diffusa per il processo di canonizzazione, accanto a quella di Padre Pio e di Fra Ginepro da Pompeiana, “cappuccino e cappellano militare mio amico, che confessò Mussolini nel dicembre ’43”. È probabile che quegli accostamenti abbiano scandalizzato più d’uno fra i partecipanti al convegno, però mi piace lo stesso immaginare che la morte abbia sorpreso Giano in compagnia di quel fritto misto di spiritualità, in cui a pensarci bene c’è un piccolo grande frammento di storia e di vita italiana.
Ottimo articolo, ringrazio chi l’ha scritto (e anche i commentatori).