“La storia è sempre aperta”. Ottimista, Alain de Benoist, sul futuro dell’umanità e dell’Europa in particolare? Non proprio. Il grande pensatore francese – ospite dell’Ugl all’interno del Salone del libro di Torino per presentare il suo libro “Édouard Bert e il sindacalismo rivoluzionario” – oscilla tra una speranza che non viene meno e uno sguardo lucido ed obiettivo su una realtà che ha davvero poco di entusiasmante.
Una realtà che sembra andare verso un dominio assoluto dell’intelligenza artificiale. “È l’uomo che gestisce la macchina o è la macchina che gestisce l’uomo? Questo è il grande dubbio, il vero problema. Chi è il padrone e chi è il servitore?”. Una domanda retorica, in fondo. Perché, secondo De Benoist, “le macchine, la scienza, la tecnologia si sviluppano da sole in base al concetto che tutto ciò che è tecnicamente possibile fare, va fatto: le considerazioni umane, etiche, morali non contano nulla”. La technique d’abord, insomma, è non è una bella prospettiva.
In teoria, ricorda De Benoist, questa dovrebbe essere la visione statunitense, mentre l’Europa parte da una concezione differente del mondo. “Ma dov’è la volontà europea?”. La reazione non si vede. Ci si allinea all’idea che occorra correre verso continue novità.
Ed è curioso che, a poche decine di metri di distanza all’interno del Salone, e con pochi minuti di differenza, De Benoist e Alessandro Di Battista sostengano il medesimo concetto: ciò che è nuovo, ciò che è moderno, non è automaticamente migliore.
Ma il pensatore transalpino commenta anche i ripetuti scontri dialettici tra Francia e Italia: “Non c’è alcun dubbio che la responsabilità sia interamente di Macron che utilizza gli attacchi contro Meloni per attaccare Marine Le Pen”. Senza dimenticare le continue proteste della “piazza” francese. Prima con i gilet jaunes ed ora per l’innalzamento dell’età pensionabile. Manca, però, la capacità di guidare queste proteste trasformandole in un movimento politico. “Sono espressione di un disagio popolare in una società in cui il proletariato non è più quello classico ed in cui il ceto medio è sempre più in difficoltà”. Manca un ceto politico adeguato, manca anche un sindacalismo rivoluzionario.
Manca anche una versione attuale della Nouvelle Droite? De Benoist sorride: “Manca soprattutto la volontà e mancano le nuove idee per confrontarsi con il presente”. Però un futuro è sempre possibile. (da Electomagazine.it)
Mancano solo forze sul campo, decise !!
Altrimenti è fiato sprecato..
Manca il sindacalismo rivoluzionario? Mamma mia!!!
Non ci sono più gli operai, o sono residuali, e de Benoist ripropone un cadavere ideologico come il ‘sindacalismo rivoluzionario’, strafinito da oltre 100 anni?
Bisogna cavalcare la tigre, al solito, non guardare all’intelligenza artificiale come ad un babau… Fra i tanti, gravi, criminali difetti del nazismo, una cosa l’aveva pur capita: essere al passo con i tempi, interpretare le sensibilità nuove, non guardare all’indietro (quelle semmai erano fanfaluche di Himmler, delle quali Adolf si faceca beffe…). Difetto delle nostre destre casinare, che pensano sempre a recuperare pezzi sostanziosi, ingombranti, inutili di passato.
Purtroppo ha ragione De Benoist, la presunta neutralità della tecnica è solo un alibi nelle mani dei tecnocrati.