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La grande finanza e l’Occidente

L’esegesi del saggio di Marco Rossi rigetta i dogmi della storiografia “politicamente corretta” e quelli del riduzionismo “complottista”. L’autore fornisce una sorta di mappatura, che consente di rilevare i momenti salienti attraverso i quali la finanza è divenuta, progressivamente, padrona del mondo

by Giovanni Sessa
17 Aprile 2023
in Libri
1
La grande finanza e l’occidente di Marco Rossi

La società post-moderna é l’esito del primato dell’economia sulla politica. In una recente  pubblicazione, Marco Rossi, noto per lavori storiografici sulla storia contemporanea italiana, entra nel merito delle relazioni che legano  lo sviluppo della finanza e gli eventi più rilevanti della storia occidentale. Ci riferiamo a, La grande finanza e l’Occidente. I retroscena di una guerra sconosciuta, nelle librerie per Arya edizioni (per ordini: arya.victoriasrl@gmail.com, pp. 224, euro 25,00). L’esegesi di Rossi rigetta i dogmi della storiografia “politicamente corretta” e quelli del riduzionismo “complottista”. L’autore fornisce una sorta di mappatura, che consente di rilevare i momenti salienti attraverso i quali la finanza è divenuta, progressivamente, padrona del mondo.

     Le cose cominciarono a cambiare con la seconda rivoluzione inglese, prima affermazione del liberalismo. In quel frangente nacque, il 27 luglio del 1694, la prima banca di emissione privata, la Banca d’Inghilterra. Da quel giorno, la Gran Bretagna, pur divenendo grande potenza commerciale, rese la moneta e la finanza, non più prerogative dello Stato, ma appannaggio della borghesia.  Le colonie americane, resesi indipendenti, si rifiutarono di costituire una Banca Centrale privata sull’esempio inglese. La loro Costituzione stabiliva che solo il Congresso: «avrebbe avuto la piena sovranità per coniare e regolare la moneta» (p. 16). Durante la rivoluzione francese, per risolvere il problema del debito pubblico, si ricorse agli assegnati che si trasformarono in carta moneta. Essi facevano aggio sui beni sequestrati alla Chiesa. In seguito, furono stampati con continuità. Ciò mostra come: «per lo Stato francese […] prevalessero (ancora) le decisioni politiche sugli interessi specifici dei banchieri» (p. 17). Tale primato fu ribadito nell’età napoleonica. Solo dopo Waterloo, ebbe inizio la marcia trionfale del capitalismo. Studiosi di vaglia, hanno riconosciuto il ruolo di primo piano, in funzione anti-napoleonica, delle banche  Rothschild.

   Questi ottennero dall’Austria imperiale, ritenuta dal tradizionalismo baluardo della civiltà, il titolo di Baroni. Alla metà del secolo XIX, l’Inghilterra e le sue banche si prodigarono per mantenere in vigore l’equilibrio tra i piccoli Stati nati dal Congresso di Vienna. Da qui il ruolo di rilievo della Gran Bretagna, espressione degli interessi finanziari, nel nostro Risorgimento. La spedizione dei Mille, fu pianificata dagli inglesi con Cavour, al fine di evitare che l’Italia divenisse appendice francese. I medesimi interessi, animarono, a dire di Rossi, la guerra civile americana, in cui a prevalere furono gli Stati del Nord industrializzati. Questi miravano a realizzare scelte protezioniste, contestate dagli Stati del Sud, esportatori di prodotti agricoli. Fu montata, ad hoc, una campagna propagandistica che presentava come “schiavisti” i Sudisti e, al contrario, come difensori dei diritti dei neri, i Nordisti. In realtà, Lincoln non pensò mai di concedere il diritto di voto alle popolazioni nere, né pensò ad alcuna eguaglianza con i bianchi. Da quell’evento storico, l’eterodirezione delle masse divenne strumento privilegiato per indirizzarne le scelte. Quando Lincoln, per far fronte alle spese di guerra, fece appello al primo articolo della Costituzione e fece stampare cambiali-prestito coperte dalla forza-lavoro del popolo americano, venne eliminato.

   Gli USA rinunciarono alla loro sovranità monetaria nel 1913 con il Federal Reserve Act di   Wilson. Lo Stato delegava: «ad un consorzio di banche private la gestione della moneta nazionale, compresi tutti gli oneri relativi al signoraggio» (p. 36). Da allora, i destini del mondo furono condizionati dai Rockefeller, dai Warburg, dai Rothschild. Un momento di impasse lo si ebbe con i fascismi. In Germania, per far fronte al debito pubblico prodottosi nel 1929, il presidente della Banca Centrale, l’ebreo Schacht, creò le obbligazioni Mefo. Tali obbligazioni circolavano come moneta, garantita dallo Stato, senza gravare sul debito. Tale divisa era valida all’interno del territorio tedesco, mentre negli scambi internazionali: «i fornitori erano pagati in moneta che  poteva essere spesa soltanto per comprare merci fatte in Germania» (p. 47). Medesima situazione si verificò in Italia con la creazione, ad opera di Alberto Beneduce nel 1931, dell’IMI, Istituto che nazionalizzò le tre banche private operanti da noi e, successivamente, dell’IRI. Nei due paesi vennero colpiti gli interessi dell’“intermediazione finanziaria”, pertanto, andavano fermati e, a tanto, si provvide con la Seconda guerra mondiale. Nel 1944, gli accordi di Bretton Woods portarono alla creazione di organismi sovranazionali al diretto servizio della finanza. La Banca dei Regolamenti Internazionali svolse la funzione di vertice della piramide bancaria mondiale e anticipò il costituirsi della Banca Mondiale e del Fondo Monetario. Il dollaro divenne l’unica divisa ammessa negli scambi.

   L’Urss restava l’ultimo impedimento per la realizzazione della governance mondialista. Si lasciò una certa autonomia politica ai paesi occidentali e, sotto il profilo economico, venne mantenuto in essi il Welfare State. Si favorì la decolonizzazione: il colonialismo tradizionale, fu sostituito dalla dipendenza economica dell’ex-colonie. Ovunque, si registrava l’avanzata militare degli Usa. Tale contesto sembrò scosso, nel 1963, da Kennedy. Il presidente reintrodusse la possibilità di stampare moneta negli USA al di fuori della Federal Reserve e, guarda caso, venne assassinato. Con Nixon, la finanza riprese pieno controllo della situazione. Nixon impose: «di accettare il dollaro come base dei commerci internazionali senza che la moneta americana fosse più agganciata ad alcun valore dell’oro» (p. 108). Nel 1981, in Italia, Ciampi propose la completa indipendenza della Banca Centrale, sollevandola dall’obbligo di acquistare i titoli di Stato. Con l’implosione dell’URSS, la globalizzazione estese il proprio potere. In Italia, dopo “mani pulite”, lo Stato sociale fu smantellato e la Banca d’Italia tornò ad essere una SPA. Ovunque si tentò la “normalizzazione” globalista attraverso le guerre balistiche e  la colonizzazione dell’immaginario dei popoli non occidentali.

   La crisi economica del 2008 mostrò, di contro, che la produzione di denaro ex nihlo non può essere “coperta” dalla produzione di beni reali. Infine, la pandemia da Covid 19 ha portato allo scoperto il tratto liberticida della governance. La partita è ancora in corso, ci dice Rossi, la guerra russo-ucraina potrebbe avere esiti imprevedibili. Essa mostra che la storia non è affatto finita, come pretenderebbero le élites globaliste. 

@barbadilloit

Giovanni Sessa

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Tags: Arya edizioniLa grande finanza e l’Occidente. I retroscena di una guerra sconosciutamarco rossi

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Comments 1

  1. tommaso bisi griffini says:
    1 mese ago

    La Meloni si è venduta alle élites globaliste. Cosi’ buttiamo via 40 miliardi di € con le sanzioni alla Russia perchè dobbiamo continuare ad essere sottomessi ai criminali di cui sopra.

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