
Per l’ultimo viaggio ha scelto di farsi accompagnare dalla fiamma missina, che per lui non ha mai smesso di ardere. Tra le ultime volontà di Giorgio Bornacin c’è stata la richiesta di coprire la sua bara con la bandiera del Movimento sociale italiano. Ma quando generazioni di politici e militanti di destra stavano aspettando l’arrivo del feretro dell’ex missino, c’è stato un momento in cui il sagrato della chiesa di Santa Zita è sembrato diventare lo snodo di tante storie che affondano nel Novecento. Nella folla arrivata alla Foce per l’ultimo saluto all’ex parlamentare, si sono mischiati anche due dei più rappresentativi esponenti della sinistra genovese: Graziano Mazzarello e Mario Tullo, entrambi ex parlamentari di Ds e Pd, eredi della tradizione comunista. Due cuori rossi a rendere omaggio a un cuore nero.
Era piena, la chiesa di Santa Zita, ieri mattina. Stracolma di uomini delle istituzioni e della politica, ma anche di tanti cittadini comuni che magari votavano a destra «perché Giorgio era una brava persona», frase che è risuonata spesso tra i presenti. Per l’occasione è arrivato a Genova anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, commosso nel ricordare «Giorgio, che era più di un amico. Era un fratello, prima ancora che esistesse Fratelli d’Italia». Poco distante c’è Maurizio Gasparri, amico e sodale di lunga data di Bornacin: «È stato un fratello maggiore, un vero militante: quando ti voltavi, sapevi che avevi Giorgio alle spalle, con la sua saggezza, la sua forza e la sua generosità» racconta il senatore di Forza Italia.
Sulle scale, ad accogliere tutti come uno di famiglia, c’è Gianni Plinio. Con Bornacin hanno formato per cinquant’anni un binomio inscindibile, cementato da amicizia e militanza. «Erano una coppia inossidabile, non si poteva citare uno se non si citava anche l’altro» ricorda La Russa, mentre Gasparri svela con un sorriso come «molti nel partito pensavano che Plinio-Bornacin fossero un’unica persona…». La commozione è evidente per Plinio: «Se ne va un caro e fraterno amico di tutta una vita, ma scompare anche una pagina importante e nobile della destra genovese, ligure e italiana: oggi hanno voluto ricordarlo anche gli avversari politici» racconta l’ex vicepresidente della Regione. La folla aumenta, davanti al sagrato della Chiesa. C’è una folta rappresentanza di Fratelli d’Italia, con il deputato Matteo Rosso, il capogruppo in Regione Stefano Balleari, l’assessore Simona Ferro. L’altro esponente meloniano in Regione, Augusto Sartori, all’uscita ha le lacrime agli occhi mentre si accende una sigaretta. Ma c’è anche un pezzo importante della Lega, a cui Bornacin si era avvicinato nel 2018, a cominciare dal viceministro ai Trasporti, Edoardo Rixi, che lo ricorda come «un amico, un uomo schietto e vero, che amava il suo territorio e faceva politica con la testa ma anche con il cuore». Un altro leghista, il senatore Francesco Bruzzone, ricorda come «una persona splendida, sincera: a volte ci siamo scontrati, ma sempre nella massima sincerità». A salutare il quattro volte parlamentare c’è anche il sindaco Marco Bucci, presente «per rappresentare la città, perché
Bornacin ha fatto tanto per Genova: fin dalla mia prima campagna elettorale ci ha sempre aiutato». Il governatore Giovanni Toti ricorda «il suo cristallino esempio di impegno politico: ha sempre creduto nell’unità della coalizione». Anche due ex Dc come Luigi Grillo e Marco Desiderato sono presenti. E c’è anche l’ex governatore Sandro Biasotti, che rende omaggio a «una persona stupenda e rude: non mi ha mai chiesto nulla, né per lui, né per un suo amico».
In tanti si avvicinano alla moglie Eliana e al figlio Davide. Sul feretro, oltre la bandiera del Msi, c’è il fazzoletto nerazzurro degli autieri dell’Esercito, con il motto latino “fervent rotae, fervent animi”. Dall’altare Gasparri ricorda con tenerezza la passione di Bornacin per il calcio («Oggi sarà contento dopo la vittoria della sua Juventus») ma celebra l’ex parlamentare come espressione di «quella generazione di destra che si è aperta al futuro». La Russa, in chiesa, si abbandona a un ricordo commosso citando Almirante, il leader missino di cui Bornacin fu fedelissimo: «Mi immagino il nostro Giorgio, starà già parlando di politica con altri fratelli, e l’altro Giorgio a guardarli con il sorriso compiaciuto di chi sa che ha gettato buoni semi». Don Massimiliano Moretti racconta di «aver scoperto che era rispettato anche dagli avversari: nonostante Giorgio fosse un uomo di contrapposizione, ne rispettavano la determinazione e l’onestà intellettuale».
E gli avversari ci sono, dando prova di cosa significhi l’espressione latina pietas. «Gli scontri con lui erano durissimi, avevamo differenze enormi ed entrambi difendevamo con energia le nostre posizioni – racconta l’ex Ds, Mazzarello – Ma a Roma abitavamo nello stesso palazzo e spesso andavamo insieme in Senato, e andavamo insieme in bicicletta. Sono qui per omaggiare un avversario politico, ma anche un amico». Anche Tullo ha ricordi preziosi: «Ci ritrovammo all’Inps noi due, in un antivigilia di Natale, a combattere insieme per difendere dei lavoratori a cui avevano tagliato le pensioni – racconta – Nel 2013, invece, ci ritrovammo alla riabilitazione della Fiumara, con il mio cuore rosso e il suo cuore nero entrambi malati». Quando morì il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, al suo funerale si presentò a sorpresa anche Almirante. E, pochi anni dopo, alle esequie del leader missino, parteciparono anche i comunisti Nilde Jotti e Giancarlo Pajetta. Storie di cuori neri e di cuori rossi, come ieri alla Foce, e di una politica che sa essere passione e contrapposizione ideale. Ma anche rispetto.(dal Secolo XIX)