Il celebre scrittore, poeta e saggista francese Charles Péguy (1873-1914) ebbe modo di scrivere:
«Le persone morali non si lasciano bagnare dalla grazia. Quel che si chiama morale è una crosta che rende l’uomo impermeabile alla grazia. Si spiega così il fatto che la grazia operi sui più grandi criminali e risollevi i più miserabili peccatori. […] nulla è tanto idiota dal confondere così insieme la morale e la religione».
Di certo, tali affermazioni – appartenenti a un uomo che, dopo aver abbandonato in giovane età la fede trasmessagli dalla madre, la ritrova da adulto a seguito di un autentico cammino di grazia percorso in solitudine, senza alcun aiuto esteriore – si presentano a prima vista, per così dire, estremizzate (non per nulla la conversione, l’autentica e verace riscoperta di fede in Cristo di Péguy, che arrivò perfino a richiedere una nuova teologia, sarebbe stata vista sempre con disagio dai vertici ecclesiastici della Francia epocale). Eppure le sue parole, lungi – sia chiaro! – dall’elogiare il peccato, trovano conferma in quelle del Cristo Redentore, il quale dappertutto nei Vangeli esprime profonda tenerezza verso i peccatori, i disprezzati ed estrema durezza nei confronti di coloro che credono d’essere nel giusto. Contro questi ultimi Gesù ricorre a parole pesanti:
«Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. / Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo. / […] Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11: 43-46).
E ancora:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza. / Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi netto! / Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. /
Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità» (Mt 23: 25-28).
Di certo tali affermazioni sono così chiare da non poter essere travisate: il Cristo polemizza, ammonendoli severamente, con coloro che vogliono assurgere a moralisti quando poi loro stessi finiscono per peccare d’immoralità.
La Storia – per quanto mi riguarda – non può essere l’applicazione di schemi, ideologici e politicistici, alla realtà, ma, al contrario, occorre intenderla come un percorso segnato da tappe irreversibili, che a loro volta, per così dire, si alimentano delle esperienze e degli insegnamenti trascorsi, buoni o cattivi che siano.
In tal senso, rapportando le affermazioni succitate del Cristo ai nostri tempi, all’attualità dell’oggi, l’ammonimento non può che riguardare coloro che io definisco “falsi moralisti-moralizzatori”. In misura maggiore – non potrebbe essere diversamente! – allorquando appartengono al clero, cui è demandato, per divina investitura, l’ufficio di santificare e governare spiritualmente i fedeli. Subito dopo, tuttavia, riguarda tutti quei laici che hanno incarichi di responsabilità nelle istituzioni ecclesiali, quali insegnanti o professori in scuole o università cattoliche e direttori di testate (giornalistiche e radiotelevisive) sempre cattoliche.
In tal senso, più d’uno sono gli esempi che potrei citare, estrapolandoli dalla realtà quotidiana italiana. Non è, tuttavia, mia intenzione discutere di singole vicende e di fare dei nomi. Anche se – occorre che lo si dica – la leggerezza, quando non proprio l’irresponsabilità, nel modo di esprimersi e comportarsi da parte di alcuni religiosi e laici con incarichi di responsabilità nel mondo cattolico ha posto e continua a porre in fortissimo imbarazzo la Chiesa.
Visto da questa angolazione, il problema non può riguardare la vita privata degli uomini politici, di altre figure pubbliche importanti o dei direttori dei giornali laici italiani. Di contro, riguarda, deve riguardare – ripeto – religiosi e laici in vari modi legati alla Chiesa Cattolica. Nel loro caso, credo che sia del tutto fuori luogo invocare il “rispetto della vita privata”.
Nella fattispecie degli uomini politici è chiaramente lecito giudicare la loro coerenza o incoerenza fra come si comportano in pubblico e come si comportano nel privato. In ultima analisi, tuttavia, per la Chiesa la loro azione pubblica è più importante di quella privata. Non ricordo in questo momento chi l’abbia scritto o detto, ma mi trova assolutamente d’accordo: è preferibile un uomo politico immorale, ma contrario alla legalizzazione dell’immoralità, a un altro uomo politico irreprensibile nel privato, ma favorevole a istituzionalizzare l’immoralità nei costumi e nelle leggi.
Con riferimento, tuttavia, ai “suoi” è giusto e sacrosanto che la Chiesa richieda una rigorosissima coerenza fra la vita pubblica e quella privata. Non potrebbe essere altrimenti.
In primo luogo poiché la Chiesa, oltre ad addottrinare, ossia, a impartire insegnamenti “astratti”, deve sia proporre modelli di vita – incarnati, nel grado massimo, dalla santità – sia esigere comportamenti, anche nel privato, che non contrastino con la legge naturale e cristiana. Quando questo non si riscontra, si va in direzione di una grave decadenza morale, come non di rado è occorso nella storia della Chiesa. Una situazione che non deve essere subita o, peggio ancora, giustificata, ma fortemente contrastata.
In secondo luogo, un parroco, un vescovo, un cardinale o anche un laico impegnato religiosamente che predica la morale, allorquando la trasgredisce nei fatti, causa un danno oltre che a se stesso anche ai principi che si propone di trasmettere agli altri.
D’altronde oggigiorno assistiamo a una violenta campagna contro la Chiesa, una vera e propria offensiva il cui fine è screditare i suoi rappresentanti, spesso descritti ora come pedofili o omosessuali, ora come corrotti o ladri, ora come razzisti; sempre e comunque come figure non raccomandabili che nel comportamento contraddicono i principi da loro professati.
Come opporsi a tale offensiva? Con la forza della Verità. Nel caso di accuse false, occorre smascherarle e denunciarle. Diversamente, se rispondono a verità, non si deve ricorrere a sotterfugi, nascondere i vizi o, peggio ancora, trasformarli in virtù (poiché sembra paradossale, ma a volte accade anche questo!), ma bisogna d’immediato correre ai ripari, estirpandoli.
D’altronde, gli uomini di Chiesa sono esseri mortali e, di conseguenza, fallibili e soggetti a debolezze. Ciò non toglie – come il Cristo insegna – che vadano pur sempre amati e nel pentimento perdonati, ma assolutamente mai giustificati per i loro errori!
Il capo massimo (in Terra) ed i suoi collaboratori già si screditano da soli…