Il libro di Luca Ricolfi, ” La mutazione” ed. Rizzoli 2022, ci presenta una disamina puntuale, lucida ed oggettiva di come si sia trasformata la sinistra nel corso degli ultimi trent’anni, consegnando di fatto alla destra un elettorato che si riconosce in idee che a sinistra non ci sono più. Questo saggio merita una lettura attenta, scorre velocemente e illumina sui fatti che con velocità esponenziale hanno portato a risultati elettorali difficilmente comprensibili ad un’analisi superficiale.
Cos’è successo a quel partito, a quel movimento di idee che tutelava le fasce più deboli della popolazione? Che si batteva per l’uguaglianza, che credeva nella lotta di classe e nella libertà d’ espressione? Com’ è stata possibile quella grande mutazione che ha portato, non solo in Italia ” la destra e la sinistra a scambiarsi le rispettive parti sociali”. È ormai chiaro che la destra rappresenti i ceti deboli, mentre la sinistra l’establishment dei ceti forti.
Le idee non stanno mai ferme ed il mondo sta cambiando a ritmi vertiginosi. Già alla fine del millennio, Marcello Veneziani in “Comunitari o Liberal”, poneva la sua attenzione sul superamento della dicotomia destra/ sinistra, rilevando aspetti del pensiero liberal e comunitario in entrambi gli schieramenti, prodomi di un cambiamento che avrebbe visto la sinistra chiudersi su posizioni elitarie ed una certa destra invece aprirsi verso segmenti della società divenuti privi di riferimenti. Attraverso un criterio d’ interpretazione agile ed efficace Ricolfi vede la trasformazione della sinistra da libertaria a censoria, da egalitaria ad elitaria, incapace di vedere i rischi del lato oscuro del progresso. Ci fa vedere il “paradosso” di una destra che difende la libertà d’ opinione e di una sinistra che impone l’opinione giusta.
Ricolfi ci proietta oltre oceano, dove ancor più velocemente si sta sviluppando un processo di trasformazione distopica supportato dai democratici. Una trasformazione culturale in cui l’antico privilegiato uomo bianco eterosessuale s’assume le colpe di secoli di storia e le parole subiscono bizzarre trasformazioni nella creazione di un vero e proprio linguaggio politicamente corretto, in cui non esiste uomo\ donna, grasso\ magro, nero\ bianco, ma infiniti termini inclusivi di ogni sfumatura tali da non offendere alcuno. Un movimento talmente violento nella sua non violenza da provocare licenziamenti nelle università, nelle case editrici, nei giornali; tale da obbligare alla riorganizzazione di tutti gli uffici di comunicazione delle grandi aziende, per non incorrere nella pienamente manifesta censura del politically correct.
Ed ecco che arriva in Europa il trend: la cancel culture, si avvia il processo di rimozione del passato che dev’essere visto con gli occhi del presente. E allora la Cultura, ed il potere culturale continua ad essere di sinistra, se la prende con il grande Gauguin che aveva sposato una quattordicenne, o con un docente universitario che insegna il russo Dostoevskij mentre l’Ucraina è in guerra con Mosca.
Mentre in sede di diritto si combatte la strenua lotta a tutela delle minoranze (ma per essere politicamente corretta dovrei dire componenti) Lgbt, per l’approvazione del ddl Zan, sostenuto nell’ultima legislatura come baluardo contro l’ignoranza becera delle destre, che, se approvato sarebbe arrivato a punire il reato di opinione, come sostenuto trasversalmente da illustri giuristi.
L’accademico torinese ci presenta lo spaccato di una “civiltà in cui vivono due amplissime minoranze” in due mondi radicalmente diversi ed “incomunicanti”. In alto una realtà fatta di lavori leggeri e ben pagati, in cui si disserta di autorealizzazione, cura del corpo e si fa un uso sfrenato di internet ed in basso la realtà di chi ha a che fare con la vita dura: mestieri sottopagati, incertezza sul futuro, bisogni base da soddisfare.
Tra questi due mondi non c’è interscambio e mai è stato così grande nella storia l’abisso economico tra quelli del piano di sopra, che dissertano di transizione digitale, ecologia, liberalizzazione delle droghe, sessualità e social media e quelli del piano di sotto che devono trovare un lavoro, far stare a galla un’attività , pagare le bollette.
Al piano di sopra abita la sinistra, mentre al piano di sotto sta quella destra identitaria, tradizionale i cui valori e la cui cultura arrivano da molto lontano che è oggi al governo di questa legislatura e s’ interroga sui mali della globalizzazione e sugli eccessi delle libertà individuali.
Citando Ricolfi che cita Bertinotti che cita Walter Benjamin è bene ricordare: “Il progresso non è accelerare la locomotiva in corsa, ma sapere quando tirare il freno”.
Un libro molto attuale, agile strumento interpretativo del cambiamento intervenuto a sinistra in questi decenni. Il sottotitolo “come le idee di sinistra sono migrate a destra” meriterebbe un ulteriore approfondimento su quale sia la destra a cui Ricolfi fa riferimento. Forse potremmo andare a chiederglielo e scriverne prossimamente su queste pagine.