Gran parte dei libri che, con tempismo, sono usciti in occasione della ricorrenza della Marcia su Roma, il 28 ottobre, per far “cassetta”, spesso contengono errori, come dimostrato da storici e politologi veri, come ha sottolineato Galli della Loggia, fra gli altri, e ripetono i soliti pregiudizi politici e storici. Di certo non sono scientifici. Invece, il Fascismo andrebbe studiato approfonditamente, come tutti i periodi particolarmente cruciali per la storia di una nazione, e andrebbero riscoperte correnti interne e figure che hanno avuto un ruolo non solo gerarchico e politico ma anche culturale. Fra questi, il fratello minore di Benito Mussolini, lo sfortunato Arnaldo, morto ancora giovane, a 46 anni.
Classe 1885, dal primo novembre del 1922, Arnaldo sostituì il più celebre fratello alla guida del quotidiano “Il Popolo d’Italia”. Temi a lui particolarmente cari erano l’agricoltura e quella che oggi si chiama ecologia. Un insieme di interessi che lo spinse a sviluppare la tutela della natura e dell’ambiente in tutta Italia e a valorizzare piante, alberi, boschi. Una tutela che arricchiva la nazione, preveniva catastrofi e gli insegnamenti di Arnaldo facevano scuola. Adesso, le Cinabro edizioni, che pubblicano libri di qualità, hanno dato alle stampe un libro insostituibile per chi si interessa di ecologia, agricoltura, e ambiente: Il bosco e l’aratro.
Il libro comprende trentaquattro articoli e quattro discorsi di Arnaldo Mussolini, sulla “difesa della terra”, sul rilancio dell’agricoltura e sulla tutela dell’ambiente. Questo libro fu pubblicato per la prima e unica volta nel 1932, anno successivo alla morte del direttore del quotidiano della Rivoluzione fascista. Rappresenta il lascito politico e spirituale di Arnaldo dal punto di vista ambientale e agrario. Da questi scritti emerge una visione del mondo particolare che si estendeva dall’attenzione per il rinato “culto dell’albero” al problema della salute delle foreste, alla bonifica dei monti e delle pianure. Soprattutto, come spiega in un articolo, si dovevano temere i rischi che derivavano dalle “pendici prive di alberi, nude di boschi” che provvide a rinforzare e a rendere sicure con anni di impegno politico. Indicazioni che negli ultimi decenni in Italia non si è tenuto conto e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Inoltre, a smottamenti, esondazioni e frane si sono aggiunti – accelerando e aggravando questi problemi – i condoni nella costruzione di case sulle pendici di monti, vulcani, su isole come Ischia, voluti dai governi di centrosinistra che si sono alternati nell’ultimo decennio.
Insomma, Arnaldo Mussolini puntava programmaticamente a realizzare una “bonifica integrale” che doveva essere realizzata “sugli spiriti” prima che “sulla terra”. Diplomatosi alla scuola agraria di Cesena, Arnaldo rappresentò l’area naturalista del regime, quella legata a una visione ecologista. Partecipò alla prima guerra mondiale e in seguito fu docente di Agraria. Fu guida politica del Comitato nazionale forestale e guida spirituale della Scuola di mistica fascista. Stimolò la costruzione di sanatori, parchi pubblici, palazzi del Dopolavoro e dell’Opera nazionale Balilla, fu animatore della prima Battaglia del grano con tutte le ricadute che questo aveva sull’economia italiana, aspetto ricorrente nei suoi articoli.
Un libro che mostra in certi punti, a novant’anni dalla prima pubblicazione, una straordinaria attualità per l’inteprertazione dell’ecologismo e la necessità di salvaguardare terreno e boschi. In pratica, salvaguardare il volto d’Italia.
* Il bosco e l’aratro, di Arnaldo Mussolini,Cinabro edizioni, pagg. 209, euro 20,00 (ordini: info@cinabroedizioni.it)
Caro Manlio,
il mio primo articolo su un periodico a tiratura nazionale uscì nel 1973 sul mensile “Civiltà”, organo della componente rautiana del Movimento Sociale, si intitolava “Fascismo e mondo rurale” e affrontava le tematiche della battaglia del grano e della bonifica integrale. Arrigo Serpieri costituì uno dei personaggi cui facevo più riferimento. Erano gli anni in cui distribuivamo in piazza San Firenze, dove si teneva ogni venerdì il mercato degli agricoltori, i volantini del “Fronte Verde”, l’organizzazione ambientalista fondata da Rutilio Sermonti. Non sottoscriverei tutto quello che scrissi in quell’opera acerba (quando la terminai non avevo ancora vent’anni), ma continuo a pensare che il tentativo di scoraggiare l’urbanesimo e di promuovere lo sviluppo agricolo compiuto dal fascismo sia stato tutt’altro che infondato, a parte alcuni inevitabili errori. Credo però che lo spirito ambientalistico di cui il fascismo fu portatore poco abbiana che vedere con l’odierno ecologismo, il quale mi sembra spesso dettato più da odio per gli uomini (in particolare per gli uomini maschi e bianchi) che da amore per gli animali e per la natura.
Nel fascismo regime convivevano i Maccari di strapaese, i Volpi ed i Cini dell’industrializzazione… Lo sviluppo agricolo in un paese montagnoso e sovrappopolato come l’Italia (dal 1870 al 1914 erano emigrati circa 20 milioni di italiani) aveva limiti oggettivi, strutturali. Oltretutto Mussolini voleva fare dell’Italia una grande potenza, non una Polonia o un’Ucraina…