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La lettera. Caro Sangiuliano, bisogna salvare cultura e bellezza

"Le parla un insegnante di Lettere di una scuola professionale di una città di provincia, le parla una persona che ha a che fare quotidianamente con decine e decine di anime giovani"

by Lamberto Amadei
13 Dicembre 2022
in Cultura
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Gennaro Sangiuliano autore della biografia di “Putin” (Mondadori)

Egregio Ministro Sangiuliano,

con animo sereno e sincera umiltà mi permetto di inviarLe due brevi righe a cuore aperto, nella speranza, anch’essa umile nel suo coraggio, che possano raggiungerla o che per lo meno possano arrivare a qualcuno, a Lei più o meno vicino, e che possano essere accolte come un incoraggiamento, prima di tutto, e in seguito come un invito a non fallire la missione che Lei si è coraggiosa- mente onorato di guidare. Mai tale gesto, come in questo periodo storico, lontano, lontanissimo, dal mondo della cultura e dell’arte, è tanto degno di plauso. Le parla un insegnante di Lettere di una scuola professionale di una città di provincia, le parla una persona che ha a che fare quotidianamente con decine e decine di anime giovani, delle più diverse e delle più fragili, e delle più estra- nee, spesso, alla bellezza della cultura. Non intendo nascondermi dietro il pen- siero comune secondo il quale i giovani, in ogni epoca, sono la copia venuta male delle generazioni precedenti, non considero affatto l’epoca attuale come la peggiore di quelle passate, nonostante l’evidente scarso attaccamento di tutti al mondo del sapere; mai e poi mai vorrei cadere in questo tranello com- parativo. Mi creda in questo. Ma da insegnante di Lettere ho a che fare con il futuro e il futuro che io respiro e che tocco con mano, nell’opera quotidiana di educazione alla cultura del bello, appare ogni inverno che passa sempre più svuotato di quella linfa necessaria per tenere in vita una società civile millena- ria.

Egregio Ministro, il campo di battaglia della politica e quindi della nostra stessa esistenza – perdoni l’immagine volutamente iperbolica – è quello della cultura e su questo non si può transigere. Il suo ruolo è, a mio avviso, quello più delicato, forse il più nobile, il più decisivo e all’avanguardia. Mi sforzo, in queste righe più che altrove, di uscire dalle aule scolastiche, di non farmi con- dizionare dal mio mestiere, per non soffocare e limitare il mio ragionamento, e mi apro ad un orizzonte più ampio per lanciare il messaggio verso sentieri più lontani ed indefiniti. Vi è da trovare oggi la chiave di volta per ripotare la cultura alla nostra gente, vi è da trovare la scorciatoia più diretta per far sì che uomini e donne, chi più chi meno, chi in parte chi per nulla, lungi da una massificazione culturale incontrollata e controproducente, riabbraccino il sa- pore della cultura, intesa nel senso più ampio possibile, concepita come farmaco, come supporto e conforto quotidiano, come miele ristoratore e arma contro le difficoltà che si presentano di continuo nella vita, spesso individual- mente. Deve ritornare l’idea che la cultura possiede una forza attiva, invi- sibile agli occhi, inutile al ragionamento economico, ma essenziale all’a- nima di tutti gli abitanti di un paese vivo. Da troppo tempo l’arte e il messaggio che essa veicola appaiono ai non addetti ai lavori, quindi sempre di più alla maggioranza, dunque ai tanti troppi giovani e giovanissimi, un artificio del pas- sato, un prodotto museale, passivo, complesso, troppo elitario, noioso e per nulla utile alla vita di tutti i giorni. Vi deve essere da qualche parte la soluzio- ne, si deve trovare la strada, se si vuole ripartire, con impegno e professionali-
tà, a parlare in grande, a sognare in grande, a vivere quindi in grande. Temo, mi perdonerà per questo, che Lei e i suoi consiglieri dovrete farvi carico di que- sto peso – peso che si è trasformato sempre più in giogo asfissiante – e dovrete impiegare tutte le energie, mettendoci la faccia anche nei momenti peggiori, per provare a scardinare questa visione materialistica della cultura, che non fa che indebolire l’animo umano, privandolo di riferimenti e di una bussola interiore fondamentale per se stessi e fondante per la comunità. La politica non può fare a meno di un popolo educato alla bellezza, e l’arte, lei lo sa più di me, rimane ancora il mezzo più puro e diretto per raggiungerne confini.
Il futuro è il punto cardinale da seguire, e quindi la ricerca di presunti colpevoli trova il tempo che trova. Senza puntare troppo il dito su alcun schieramento politico, credo forse che per diversi anni la cultura nel nostro paese è stata ap- pannaggio per troppo tempo di nicchie elitarie, troppo chiuse in se stesse, troppo raffinate e autoreferenziali, troppo slegate dalla realtà. L’arma culturale per anni è servita per alcuni, ai piani alti come ai piani più bassi, per dimostra- re una superiorità politica rispetto a qualcun altro, considerato dunque politi- camente inferiore. Per troppo tempo si è voluto tenere la cultura ancora- ta ad archetipi complicati e insondabili ai più. Una cultura per pochi, pochi non per merito, ma presunta superiorità politica. Ci sono stati degli errori, che hanno allontanato il paese dalla cultura, errori causati anche da strumentaliz- zazioni politiche poco trasparenti – questo va riconosciuto per provare a riparti- re – ma ora è giunto il momento di lasciarsi tutto alle spalle. La cultura non può essere né di destra né di sinistra, questo Lei deve dimostrare ai suoi colleghi, questo Lei deve trasmettere con il Suo operato. Sono giunti ora i tempi in cui questo meccanismo può essere scardinato, rivoluzio- nando il modo di educare alla cultura, dando largo respiro ad ogni campo del sapere, reinstaurando il primato delle arti su quello degli alterchi politi- ci, facendo finalmente fronte comune tra tutti i partiti, tra tutti gli ideali, affin- ché tutta la politica possa trarre giovamento da questa rinascita culturale, e di conseguenza tutta la cittadinanza possa rinascere culturalmente attraverso una nuova politica più sana e genuina.
La disamina esageratamente negativa della situazione odierna non può che servirmi per lasciarLe dei piccoli e, adesso ancor di più, umilissimi consigli, nati da un ragionare ad alta voce durante le mie riflessioni quotidiane.
Esempi concreti per avviare questa rivoluzione culturale ne ho decisamente po- chi e già per questo motivo, Lei mi dirà, siamo alle solite, fermi allo sterile sfo- go polemico e catastrofico di un singolo individuo che si fa portavoce di un ma- lessere comunitario, ma che non ha nulla di tangibile da suggerire. Ma il mio sfogo ha l’intendimento unico di provare a smuovere qualcosa tra chi le cose può veramente provare a cambiarle. Null’altro, solo tentare di smuovere le braci non ancora spente.

Il bonus cultura

Validi tentativi ne sono stati fatti in questi ultimi anni. Il bonus cultura voluto da Renzi è stato un colpo di genio, un faro nella notte ma, a mio avviso, è stato sfruttato a metà, perché lanciato nel vuoto senza una logica precisa, senza alcun disegno ben preparato a tavolino dagli esperti che ci rappresentano. Molti giovani hanno comprato libri, molti giovani sono andati al cinema. Risultati? Poco o nullo, nelle grandi statistiche. Non ha senso regalare libri agli under 18
se non si insegna loro il metodo per leggere e cosa ci si deve aspettare da una lettura fatta cum grano salis. Non serve a nulla leggere cento libri all’anno se da essi non si viene minimamente toccati. Quali libri sono stati acquistati da questi giovani? Da chi sono stati consigliati, oltreché dall’algoritmo di Amazon? Se non si insegna loro che la lettura è un mistero che trasporta in un’altra dimensione, se non si dice loro che la lettura è pura iniziazione e non mera pratica di allenamento mentale, se non si afferma che da una lettura si deve uscire cambiati, trasformati e preparati per l’oggi, per il presente di tutti i giorni, tutto ha poco senso e tutti gli sforzi rimangono vani. Il bonus cultura di Renzi doveva essere preparato con più qualità, andava strutturato meglio, i giovani dovevano essere accompagnati e guidati all’interno delle librerie. Ma la strada era indubbiamente quella giusta.

E si metta un tetto sul prezzo dei classici, sui libri che devono essere letti. Se non si può aiutare concretamente le case editrici, fornendo loro finanziamenti adeguati, si blocchino almeno i prezzi di copertina. Non è possibile che una famiglia si trovi a storcere il naso quando il figlio chiede venti euro per un libro di meno di duecento pagine. Che torni il buon senso, almeno nel mondo della cultura! Che gli studenti delle scuole abbiano sempre degli sconti sostan- ziosi nelle librerie!

La scuola non è l’unica colpevole, noi professori ci prendiamo sì le colpe ma non tutte – visto che ormai siamo stati trasformati in burocrati digitali e non abbiamo nemmeno più tanto spazio e tempo materiali per fare troppi danni nelle aule. Le famiglie sono esse stesse vittime di questa mentalità comune che tratta il mondo della cultura come un mondo ormai insignificante ed insulso. La società deve intervenire con un piano d’azione serio e potente e la scuo- la ne sarà la prima beneficiaria.

Da anni le scuole vedono di continuo comparire nuove figure mai viste prima. Si inserisca allora anche la figura del responsabile culturale. Una persona esperta e competente che ha il compito di organizzare, con il supporto dei docenti, tutti gli eventi culturali dell’anno. Qualità e quantità assicurate.

La politica dovrà investire somme di denaro mai viste prima per far risplendere la bellezza in questo paese, ma dovrà investirle senza pensare al ritorno economico. I risultati saranno per decenni invisibili.
La cultura deve andare a riprendersi i giovani casa per casa. Non si può lasciare la trasmissione della cultura a programmi ormai desueti, proposti in orari assurdi, rimasti ad una comunicazione verbale ormai antica, distante anni luce dal modo di vivere delle nuove generazioni. La cultura non può essere appannaggio solo di Fabio Fazio e di Geppi Cucciari, che hanno ormai fatto la storia, non può passare solo attraverso la seppur validissima piattaforma RaiPlay. Non può tutto passare per RaiStoria. Bisogna studiare programmi nuovi, investire sulle piattaforme web, puntare sui podcast. E, dopo che si è realizzata una serie di podcast sulla letteratura dell’ottocento in Italia, quei podcast vanno pubblicizzati senza sosta. I canali YouTube culturali validi vanno aiutati, sponsorizzati. La Rai deve investire su un proprio canale YouTube che diventi una rete fittissima di programmi, eventi, presentazioni, discussioni, di- battiti su filosofia, arte, storia, letteratura, che insomma si faccia punto di riferimento per chi vuole conoscere. Si basti guardare la programmazione della te- levisione italiana degli anni Sessanta e Settanta. Anche chi non aveva studiato
poteva, attraverso programmi serali, film e fiction, farsi una propria cultura di un certo rilievo.
Oggi vi è solo Alessandro Barbero che sa divulgare con tanta bravura la storia? Esiste solo Umberto Galimberti in grado di far passare messaggi filosofici con un linguaggio così chiaro? Non penso. Vanno stanati i bravi professionisti del settore, nelle scuole, responsabilizzando gli alunni più intraprendenti ed invogliandoli ad investire tempo nella cultura, nelle associazioni culturali che pullulano nelle nostre città, nelle Università. Dove sono finiti i tentacoli delle Università che una volta supportavano l’intero patrimonio artistico e culturale delle città? Sono sempre più slegate dal contesto cittadino, edifici stantii, conosciuti solo dagli studenti, solo dagli iscritti ai corsi e non dalla cittadinanza.

Le biblioteche sono diventate unicamente spazi dove andare a studiare, sfrut- tando il wifi gratuito. Che vengano dati aiuti economici alle biblioteche comunali, affinché si possano circondare di personale competente in grado di orga- nizziare corsi seri, che avvicinino le persone, di giorno, di sera, nei fine setti- mana.

Vanno di moda le serie televisive? E allora che vengano realizzate, oltre a film di un certo spessore, trasmettitori veri di vera cultura. Ci vorrà tempo perché vengano apprezzate. Tutto ha un suo prezzo, ma vale la pena rischiare.
I giovani non vanno più nei musei? I giovani li odiano? I giovani non odiano nessuno. Si aprano i musei anche alla sera, i ritmi di vita ormai sono cambiati dagli anni Sessanta, si aprano fino alle dieci, fino alle undici, si rendano gratuiti per i giovani fino ai trent’anni, gratuiti per i residenti, organizzando serate a tema, coinvolgendo, condividendo, pubblicizzando.
Che si assumano giovani ingegnosi e brillanti a gestire i musei, a realizzare programmi culturali, perché sono i giovani gli esperti di comunicazione, sono loro che sanno colpire nel punto giusto.
La domanda, come insegna il mercato, va creata con l’offerta. La curio- sità, motore di una società viva, va continuamente stuzzicata, senza sosta, senza badare a spese.
Sono solo alcuni spunti. Ripeto, la mia intenzione è solo quella di smuovere qualcosa, di dar vita a uno scambio di idee, null’altro. Conosco tantissime persone che avrebbero proposte più interessanti e realizzabili, in tutta Italia esistono professori, intellettuali, uomini e donne competenti che avrebbero progetti, idee che rivoluzionerebbero il mondo della cultura. Si provi a dar voce a chi ne sa.
Egregio ministro, non c’è più tempo, salvi la cultura in questo paese e salverà il paese. Se vuole, faccia affidamento a chi può aiutarla con serietà. Nel concreto, dopo questa vaga forse utopistica riflessione, apra sui suoi canali social, o ancor meglio sul sito del Ministero, una finestra attraverso la quale la gente, dopo una breve ma accurata presentazione, possa proporre delle idee. Assuma part-time un giovane neolaureato che passi in rassegna ogni proposta. Poi starà a Lei decidere se e come concretizzarla. Si cominci la rivoluzione in qualche modo, ma si cominci.
Egregio Ministro, anni fa Le strinsi la mano e rimasi piacevolmente impressionato. Sono più che convinto che riuscirà a fare bene.
In bocca al lupo per tutto!

@barbadilloit

Lamberto Amadei

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Tags: Lamberto Maria AmadeiletteraSangiuliano

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