Barra si mette a nudo raccontandosi alla giornalista Conchita Sannino. È un racconto che scorre lento e ripercorre le tappe salienti della vita dell’attore di teatro, con rapide incursioni anche nel privato. Il ritratto che ne viene fuori è quello di un uomo che ha dedicato l’intera vita all’arte della recitazione.
Il palcoscenico come dimora. Napoli come fede e, insieme, eresia. Un mestiere e una città che si somigliano: perché sono seconda pelle, difficile da dismettere. La biografia e il percorso artistico sono inscindibili in Barra. Peppe Barra, straordinario interprete e cantante che continua a sperimentare e a sorprendere, si lascia interrogare senza filtri. Così la conversazione con Conchita Sannino non è solo un viaggio appassionante e ironico con un mattatore amato da De André a Fellini. Ma si fa subito storia collettiva e ‘indagine’ sulla propria terra, e sul Sud, in uno snodo cruciale del Paese. Un dialogo sincero e, a tratti, toccante. L’infanzia nella magica Procida. La Napoli devastata dalla guerra. I sogni da bambino prodigio. Fino alla ‘rivoluzione’ di Gatta Cenerentola, al sodalizio artistico con sua madre Concetta, alla carriera da solista che rinnova una grande cultura teatrale. Ma è la metropoli meridiana, l’altra protagonista. Che non sembra imparare dalle proprie cadute. Che soffre, delude, si rialza. E torna a splendere come capitale dell’immaginario.
Da Gatta Cenerentola alla Cantata dei pastori, dai primi anni di vita a Procida a fianco della madre Concetta, con cui il nostro ha condiviso il palcoscenico in svariate occasioni: “Diventata la metà di un duo formidabile, non solo mamma e figlio, ma sorella e fratello, complici sempre, lei serva lui il travestito, o lei Madonna e lui sgherro”. Madre, confidente e saggia, da cui Barra ha tratto lezioni di vita fondamentali e che gli ha offerto persino un antidoto alla paura della morte, fino ad ingaggiare con la Zi’ Secca una giocosa confidenza: del resto, la vita è un breve passaggio, una finestra sul mondo prima della Vera vita, gli rammenta la saggia Concetta.
Uomo di sinistra, ma senza tessera di partito né frequentazioni nelle sezioni, Barra è amareggiato dalla politica attuale, svuotata di contenuti e ridottasi a mera propaganda. Di qui la decisione di dedicarsi anima e cuore esclusivamente al teatro e in particolare alla guida delle giovani leve. Barra è fortemente preoccupato circa la sorte del cosiddetto sottoproletariato dei bassi, bombardato prima da decenni di tv commerciali ed oggi da un uso distorto dei social che ha comportato “una incapacità di letture e analisi del reale”. Rimpiange la tv “austera” e “didascalica” di una volta e “la frequentazione o l’ascolto delle “scuole” di politica del centro, della sinistra e della destra sociale”.
Infine, ci preme ricordare l’omaggio che Barra dedica al grande musicologo Paolo Isotta, prematuramente scomparso due anni fa, quale grande uomo di “immensa cultura, letterato e intellettuale vero”, nonostante la visione e le idee opposte che separavano i due. Al modo provocatorio che Isotta aveva nell’esporsi, specie negli ultimi tempi, Barra oppone il riservo dell’uomo educato al rispetto degli altri, alla pulizia nella parola e nello sguardo, portato di una cultura popolare “semplice ma profonda”, che “dettava i tempi” e diceva “quando fermarsi”. Eppure, ricorda Barra, “Paolo scriveva bene, ti conquistava anche se eri un asino e non capivi niente di musica”.
* Peppe Barra racconta Napoli, con Conchita Sannino (Laterza. – 2022: pagg. 136 – euro 15,00)