“Sono qui per annunciare il mio ritiro dalla Formula 1 al termine della stagione 2022. Probabilmente dovrei iniziare con una lunga lista di persone da ringraziare, ma ritengo più importante spiegare le ragioni della mia decisione. Amo questo sport. È stato al centro della mia vita da quando ho memoria. Ma oltre alla vita in pista, c’è anche la mia vita fuori dalla pista…”.
Un fulmine a ciel sereno, pur non essendo mancati rumori e illazioni, specialmente durante la pausa invernale.
Sebastian Vettel, attuale pilota dell’Aston Martin, ha ufficializzato il ritiro dalla Formula 1 al termine della stagione 2022: l’annuncio, nella mattinata di giovedì, è arrivato tramite il canale Instagram (aperto nelle ore immediatamente precedenti; e già questo avrebbe dovuto insospettire, giacché il tedesco è da sempre il pilota “anti social” per eccellenza).
Vettel. Uno dei grandi dell’era contemporanea
“Amo questo sport, è stato il punto centrale della mia vita da che io ricordi. Ma così come c’è una vita in pista, ce n’è anche una al di fuori…”
Nel video, registrato in due lingue, in inglese e in tedesco, Vettel non ha parlato di numeri, preferendo ripercorrere le proprie vicende sportive, alla luce del suo amore per la Formula 1, per la sua storia e per la cultura dei motori ma sottolineando come, da padre e da marito, negli ultimi tempi la sua visione fosse cambiata.
4 titoli iridati, 53 vittorie, 122 podi, 57 pole position e 38 giri veloci resteranno comunque numeri da Gotha dello sport dell’automobile.
Ecco perché, a ben guardare, agonisticamente e sportivamente parlando, in Formula 1 ci sarà un grosso vuoto da colmare, potendosi considerare Vettel uno dei più grandi talenti dei primi anni 2000, insieme ad Alonso, Raikkonen (entrambi esordienti nel 2001) e ad Hamilton (in Formula 1 dal 2007).
La prima presenza ufficiale, all’età di diciannove anni, risale alle libere del venerdì del Gran Premio di Turchia 2006, alla guida della BMW, addirittura capofila nella seconda sessione di prove; il primo gettone in un Gran Premio arriva appena un anno dopo, negli Stati Uniti, sempre sulla BMW, in sostituzione dell’infortunato Robert Kubica: settimo in qualifica e ottavo in gara (a punti).
Il successivo passaggio alla Toro Rosso, nello stesso 2007, è il preludio alla splendida affermazione di Monza della stagione seguente, a ventuno anni, sempre con la scuderia di Faenza.
La consacrazione in Red Bull (2009-2014), alla cui guida, al termine del 2013 (la sua sesta stagione completa), poteva già vantare quattro titoli iridati, all’età di ventisei anni.
Emotivamente distrutto dall’esperienza Ferrari (2015-2020; con 14 vittorie, 12 pole position, 14 giri più veloci, vice Campione del Mondo nel 2017 e nel 2018 ma anche alcuni gravi svarioni personali) dove era stato accolto come il salvatore della patria, salvo poi essere scaricato, senza aver ricevuto il sostegno necessario nei momenti di maggior bisogno, Vettel nel 2021 si era accasato in Aston Martin, ormai lontana parente della Racing Point del 2020, squadra della quale aveva raccolto l’eredità tecnico-sportiva: nonostante le avversità, il tedesco era riuscito ad arrivare secondo a Baku (come pure in Ungheria, salvo essere squalificato per la mancanza di benzina necessaria al termine della gara).
Il 2022 era cominciato anche peggio, saltati i primi due Gran Premi per Covid e alla guida della AMR22 troppo spesso relegata nelle posizioni di rincalzo; eppure, anche in questa stagione, nonostante le premesse e il mezzo non eccezionale, grazie all’esperienza, alla dedizione e all’impegno, sono arrivati comunque dei buoni piazzamenti: ottavo ad Imola, decimo a Monaco, sesto a Baku, poi la nona posizione di Silverstone (dove era diciottesimo in griglia) e ancora decimo a Budapest, nel primo Gran Premio dopo l’ufficializzazione del ritiro.
Negli ultimi tempi il 5 era apparso concentrato e voglioso, allontanando certe voci sulla mancanza di motivazione che si rincorrevano da mesi; e invece, ecco il cortometraggio di giovedì, con le conseguenze che arriveranno in termini di mercato piloti, mentre per Vettel resterà solamente il tempo di una lunga passerella, fatta di dieci Gran Premi, i restanti del 2022.
Nelle ore immediatamente successive alla fine della gara ungherese, l’Aston Martin ha formalizzato l’ingaggio, sulla base di un contratto pluriennale, di Fernando Alonso (attualmente in Alpine): l’asturiano, a fianco di Lance Stroll, potrà così aiutare a crescere la scuderia, potendo la stessa contare su capitali notevoli, già in parte investiti, oltre che nel pilota, comprando diversi tecnici di primo livello.
Oggi, ieri e domani
Sfogliando l’album dei ricordi, dove di diritto si trovano le imprese e le gesta del pilota natio di Heppenheim, classe 1987, riscopriremmo quel ragazzo biondo che festeggiava le vittorie alzando il dito indice della mano destra (esultanza che nasceva dal fatto che aveva rischiato di perderne l’ultima falange, a causa di un incidente nel 2006, in uscita dal Raidillon, a Spa-Francorchamps, quando gareggiava nella Formula Renault 3.5), amante dei Beatles, come pure dei cantautori italiani e che aveva l’usanza di dare un nome femminile ai telai delle sue monoposto.
Un ragazzo che poi crescendo, macinando successi prima, imparando a convivere con gli insuccessi e gli errori poi, ha mutato la propria dimensione, fino a sentirsi improvvisamente estraneo in quel mondo che tanto amava e per il quale si era sobbarcato immensi sacrifici; non desti stupore il fatto che Vettel ormai da tempo si guardasse intorno, studiando, per cercare di capire cosa poter fare “da grande”.
Gli impegni futuri assumeranno senza dubbio direzioni diverse: prestare il suo volto e il suo carisma ad altre battaglie, non necessariamente sportive o motoristiche, ma non per questo meno importanti, potrebbe perciò essere piuttosto stimolante.
“La mia miglior gara? Deve ancora arrivare”.
Anche questo, in tempi in cui spesso si dice una cosa, se ne pensa un’altra, poi non si opera o lo si fa in direzioni totalmente opposte, è a suo modo un bell’insegnamento.
Danke Seb
Pilota bravo, non eccezionale, con nervi un po’ fragili. Auguri, Seb!