È un romanzo di cappa e spada, quello che Gabriele Marconi ha da poche settimane affidato alla Castelvecchi per la pubblicazione. Qualcuno osserverà che mancano i duelli, letteralmente intesi, ma gli altri ingredienti ci sono tutti: l’amicizia che si fa fratellanza, il senso dell’onore, l’incoscienza di cui si nutre il coraggio, la lealtà di chi sa mantenere la parola data e, non ultimo, l’amore che germoglia malgrado la ferocia della guerra e le sue implacabili catene luttuose. Le storie, perché Marconi non è certo un narratore avaro, sono sì avventurose ma fedeli allo sfondo storico, che restituiscono rigorosamente intatto e meglio di mille noiosissimi saggi il clima che portò tanti giovani, molti dei quali appena maggiorenni, a indossare la divisa grigioverde della Repubblica Sociale Italiana quando dalla radio e dai giornali comandavano il “tutti a casa”. «Ci sono cose che vanno fatte perché le credi giuste», spiega seccamente uno dei protagonisti a chi gli chiede perché si è arruolato. Ai personaggi in carne e ossa Marconi ne mescola sapientemente altri d’inchiostro, ma altrettanto verosimili, senz’altro sinceri quando affermano: «volevamo combattere americani e inglesi, non pensavamo certo che saremmo finiti a scannarci con altri italiani».
Alla ricostruzione accurata degli eventi si concedono ben volentieri alcune licenze poietiche. Così come le richiamate saghe di cappa e spada furono un genere narrativo estremamente popolare, tanto da occupare un posto d’onore nel cinema, nel fumetto e negli altri media, allo stesso modo Eden in fiamme, ultimo romanzo della trilogia marconiana delle stelle danzanti, iniziata con Il romanzo dell’impresa fiumana e continuata con Fino alla tua bellezza, meriterebbe di essere trasposto in un film e letto nelle scuole.
Lo stile narrativo di Marconi è asciutto, preciso, veloce, per l’appunto cinematografico, spezzato da flashback temporali che ci trasportano dalla primavera romana del 1979 – dove ci si presenta la voce narrante di Giulio Jentile, ormai anziano, già conosciuto dai lettori delle precedenti opere – al novembre del 1942 sulla linea di Gebel Kalak e poi ancora nella Roma del settembre 1943 nei giorni successivi all’annuncio di Badoglio dell’armistizio, con la Wehrmacht a controllare la capitale. Non c’è spazio per le distrazioni, il lettore è inchiodato alle sequenze rapide della macchina da presa dell’autore che, inquadratura dopo inquadratura, ci mette all’inseguimento dei personaggi.
Ben guardandoci dallo spoilerare, tratteggiamo soltanto alcuni dei profili dei protagonisti. Giulio Jentile è un ex ardito, ha fatto il Piave e il Col Moschin, «che è un colle e non un colonnello», è stato legionario a Fiume con il comandante Gabriele d’Annunzio e soprattutto con Marco Paganoni, coprotagonista della saga, per riparare al torto fatto all’Italia con la «vittoria mutilata» della Prima Guerra Mondiale. Per non farsi mancare nulla, Giulio e Marco, dopo aver condiviso il fermento rivoluzionario dell’impresa fiumana, si erano ritrovati sul fronte franchista nella Guerra Civile Spagnola e questa, come suol dirsi, è un’altra storia, ampiamente trattata in Fino alla tua bellezza. Nell’incipit di Eden in fiamme lo ritroviamo in ospedale, da poco operato al femore, seduto su una sedia a rotelle: «Di questi tempi e in questo poco conta poco il fatto che io abbia o meno un nome. Ho una cartella clinica appesa al letto e tanto basta».
Quando Giulia, studentessa al quinto anno dell’Archimede, liceo rosso di Roma, fidanzata con suo nipote Giaco, gli chiede di raccontare la storia dei volontari della RSI, Giulio acconsente, anche se dovrà attingere ai diari del figlio Junio, padre di Giaco, morto di cancro. Perché quella dei «600mila volontari partiti contro tutto e contro tutti» è la storia di Junio e della sua generazione.
L’antefatto: una professoressa di Giulia stava parlando dei giovani partigiani come esempio di somma responsabilità civica e, di fronte alla richiesta di Giulia di parlare anche dei repubblichini, li aveva liquidati come «prezzolati da quattro soldi» e dopo un’agitata discussione alla ragazza era stata “concessa” la possibilità di raccontare la storia della parte “sbagliata” in una tesina.
Così il vecchio Giulio, vincendo il dolore che gli procura rileggere le carte dell’amato figlio, senza mai incedere nella retorica o «scorticarsi il fegato col cinismo amaro dei reduci», inizia il racconto. «Parlerò di un mondo, di coloro che lo abitarono e delle fiamme che infine lo incendiarono. Lo farò senza alcuna prudenza, perché quegli uomini e quella donne non meritano parole prudenti, loro non lo furono e non lo sarò io».
L’imprudente Marconi trascina Junio e i suoi amici Alfredo e Giacomo, conosciuti durante un campo di addestramento della GIL e tutti e tre di San Lorenzo, a Monte Mario, dove c’è una caserma in cui si sta riorganizzando una compagnia.
«L’8 settembre li aveva lasciati come naufraghi tra i rottami di una nave spazzata via dal mare in tempesta – racconta Giulio / Gabriele – sotto un cielo cupo e nero che li privava di qualsiasi punto d’orientamento, ma finalmente avevano trovato uno scoglio a cui aggrapparsi».
È una Roma spettrale, quella in cui si muovono, con le macerie ancora accatastate alla base dei palazzi sventrati dai bombardamenti. Gli antifascisti, che nei giorni successivi all’armistizio erano scesi in strada per decapitare busti di Mussolini e distruggere le icone del regime, oltre che per stanare i fascisti, ora sono spariti. C’è un’aria sospesa che avvolge d’incertezza i nostri antieroi. C’è lo spazio anche per concedere un cameo letterario a un famoso commilitone, Mario Castellacci, autore della famosa Canzone strafottente, com’era originariamente titolata. «Ma i più la conoscevano come Le donne non ci vogliono più bene, che erano i versi iniziali, seguiti da quel “perché portiamo la camicia nera” che raccontava il senso di alterità che ormai sentivano i ragazzi che si erano buttati in quell’avventura».
Vittoria e sconfitta sono nelle mani di Dio, ci ricorda Marconi nell’epigrafe posta all’inizio del capitolo I, «ma del tuo onore solo tu sei signore e re».
Buona lettura o forse dovremmo dire “buon viaggio”, poiché di questo si tratta. Sempre.
*Eden in fiamme di Gabriele Marconi (pp. 192, Castelvecchi, euro 17,50)