Ancora ventiquattro ore e poi Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana nato e cresciuto nel vecchio Movimento sociale italiano, rivelerà se la sua corsa finisce qui. O le dimissioni anticipate (il voto sarà comunque il prossimo autunno) o l’annuncio dell’indisponibilità al bis. “Lascio il disturbo”, ha detto amareggiato dopo mesi e mesi di fuoco amico.
Forza Italia non lo vuole, i leghisti neanche, e neppure altri pedoni della maggioranza di centrodestra che lo ha eletto cinque anni fa. Sembra una vita, nel frattempo è successo di tutto. La pandemia, ovviamente: senza che però venisse registrato il collasso del sistema sanitario isolano, anzi. Sono stati sbloccati tanti cantieri, ma i risultati si vedranno soltanto tra anni (intanto i tempi della mobilità interna sono quelli che sono).
C’è anche un saldo in negativo da affrontare, quello degli eventi mai successi. Il primo è che nessun avviso di garanzia ha raggiunto il presidente, una buona notizia visti i precedenti. Non c’è stato però neanche il tanto invocato Ponte sullo Stretto e nemmeno un piano rifiuti rivoluzionario all’altezza di una regione europea. Va detto. L’immondizia è davvero ovunque, a cucinare sotto il sole estivo.
Ma non c’è stata, sopratutto, empatia con l’aula (quella dell’Ars) e con i partiti (quelli che macinano i voti sul campo). Qualche mea culpa, in tal senso, forse andrebbe fatto. Intanto la lancetta corre. Cosa deciderà Musumeci? Sarebbe un peccato se la parola fine su questo quinquennio arrivasse con il quadretto che ha visto Ficarra & Picone sbertucciare, sul palco di Taormina, uno alla Musumeci, politico cresciuto in quella Fiamma che puntava fin troppo alla galanteria e alla forma istituzionale.
I comici sono comici ed è giusto che facciano quel che sano fare meglio, perculare. Ma quando si mettono assieme paglia e fuoco, qualche incendio scoppia sempre. Qualcuno avrebbe dovuto pensarci prima.