Non è infrequente che si parli a sproposito di «fascismo». «Fascista» è chiunque non si allinei a un determinato modus pensandi, chi contesta il presente o chi ha semplicemente a cuore il destino del proprio Paese. I censori conoscono pienamente il significato di una parola così tanto utilizzata per zittire gli avversari?
Per chi ignora cosa fosse il fascismo, almeno nella sua veste ideologica, è possibile aggiornarsi leggendo l’interessante volume La dottrina del fascismo e i documenti ufficiali dal 1919 al 1945, a cura di Luca Lionello Rimbotti e pubblicato dalla casa editrice Passaggio al bosco (2019).
L’opera
Il testo raccoglie gli scritti sulla dottrina fascista di Benito Mussolini e del filosofo Giovanni Gentile dal Manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento (1919) al Manifesto di Verona (1943), l’atto fondativo della Repubblica Sociale Italiana e dell’idea di socializzazione dell’economia.
Per i cultori di storia politica o per il semplice lettore curioso di approfondire un’ideologia così marginalizzata, dando poche chance di approfondire tematiche storiche fondamentali, è un volume prezioso per due motivi, uno prettamente archivistico e l’altro storico-politico.
In primo luogo, infatti, il volume curato da Ribotti ci consente di avere in un unico testo tutti i documenti costitutivi del fascismo; in secondo luogo, invece, è possibile tracciare l’evoluzione dell’ideologia mussoliniana dagli albori fino al termine della Seconda Guerra Mondiale in Italia.
Si vengono così a conoscere i primordi rivoluzionari e repubblicani del fascismo, sempre fedele all’idea di patria pur con toni massimalisti, e come progressivamente sia diventato un partito politico nel momento in cui si costituì il regime mussoliniano.
Si tratta di quella fase della storia del fascismo nota come «fascismo-regime», secondo la definizione dello storico Renzo De Felice, che si contrappone al «fascismo-movimento» precedente e successivo al governo di Benito Mussolini.
Dopo l’armistizio del 1943, leggendo i documenti raccolti nel volume curato da Ribotti, si nota un ritorno ai toni massimalisti del primo fascismo, quando il Duce fu vittima dell’ipocrisia della borghesia italiana che lo aveva appoggiato fino a quel momento e ritornò ai toni rivoluzionari del 1919.
Chiunque fosse interessato a comprendere di prima mano cosa fosse il fascismo, ideologicamente, è bene lasciar perdere le accuse anacronistiche di oggi e le voci critiche di chi non ha mai letto La dottrina del fascismo di Benito Mussolini.
È bene, invece, acquistare il volume del Passaggio al bosco e approfondire tematiche ancora scottanti, nonostante siano passati più di settant’anni dalla fine del regime fascista.
‘quando il Duce fu vittima dell’ipocrisia della borghesia italiana’. Ma che stupidaggine leggo? Il Duce lo scrisse chiaramente nel 1921 che il fascismo era ‘a destra’, perchè aveva capito benissimo che a sinistra non c’era uno spazio politico. Certo che la borghesia faceva i suoi interessi. Chiedeva ordine e pace sociale. Ma non è sempre così?
E’ meglio La Dottrina del Fascismo quello con commento di G. Volpe, se si trovasse ancora