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Il 1° maggio 1908 nasceva a Fontanelle di Roccabianca Giovannino Guareschi, inventore geniale di un Mondo Piccolo, in cui parlavano persino i crocifissi, terra piatta dove i tramonti esplodevano violenti come un melodramma e dove le persone avevano un sangue denso e forte che scorreva nelle vene.
L’ironia e le osservazioni di «uno qualunque» che qualunque non lo era per niente, il prigioniero di guerra che non si inchinò ai nazisti (e vinse la fame con l’umorismo), il vignettista che non aveva paura di nessuno: ma anche il padre all’antica, il babbo-babbo che non si perdeva in smancerie, eppure c’era sempre. Un uomo vero temprato dalla vita e che dalla vita ha sempre saputo cogliere il lato più umano, poetico, gentile, forte, tenace, sincero. Scrittore italiano più tradotto al mondo, eppure da sempre osteggiato dagli intellettuali, perché fuori dal coro, ma amato dal popolo e dalla gente comune come noi, che con i suoi libri siamo cresciuti.
Il successo planetario dei film, quando il cinema sbarcò a Brescello, tra comparse mancate e incassi stratosferici: e un Cristo che parla (in inglese con la voce di Orson Welles…), «idea geniale», come la definì anche Roberto Campari.
E poi il «Candido», patria dell’anticonformismo, il bicarbonato a manciate e le notti insonni a scrivere e pensare, affannarsi e disegnare.
Un gigante, Guareschi, sotterrato anzitempo dai partiti (la detenzione a San Francesco, in una cella «dove era sempre primavera»), fenomeno di massa e di coscienza. Un uomo e un autore che poteva portare i suoi baffi a naso alto, capace di parlare agli uomini semplici, alla gente comune, che nel giorno dell’addio non si dimenticò di dirgli grazie, formando un fiume lunghissimo di persone, che lo ha accompagnato all’ultima dimora. A differenza di tanti altri, dai nomi altisonanti, che si girarono dall’altra parte, sbattendo in faccia alla sua morte la porta dell’indifferenza. Poco male: gli «altri», come scrisse qualcuno che lo conosceva bene, non contano. Oggi Giovannino Guareschi viene ancora letto, ricordato e amato, molti dei suoi detrattori sono già scomparsi e dimenticati.
Sono passati ormai 23 anni dalla grande MOSTRA su Giovannino Guareschi che venne organizzata dal 13 al 28 marzo 1999 a Villa Manin di Passariano (UD), ospitata dalla Pro Loco Villa Manin Codroipo, per le cure del Circolo culturale “L’Antica Quercia”.
La mostra su Giovannino Guareschi ha avuto un grande successo di pubblico, grazie anche al convegno su questo grande scrittpre articolato in due serate: nella prima Giovanni Lugaresi ha parlato della “Fortuna di Giovannino Guareschi”. Nella seconda Alessandro Gnocchi, l’ex-IMI Martino Scovacricchi e don Roberto Laurita hanno parlato di “Giovannino Guareschi, l’uomo e lo scrittore”.
In quella occasione abbiamo avuto il grande onore e piacere di conoscere i due figli di Guareschi, persone dolci, affabili e dal cuore veramente grande, come il loro padre.
Grazie di aver ricordato Giovannino Guareschi, che merita sempre di essere ricordato, anche se oggi lo ricordano un po’ tutti, a proposito e a sproposito, mentre un tempo (parlo del 1968, quando morì) era vergognosamente ostracizzato. Conservo ancora religiosamente la copia del “Candido” del luglio 1968, che Guareschi avrebbe dovuto dirigere dopo averlo rifondato insieme a Giorgio Pisanò, se un infarto non l’avesse stroncato mentre si trovava a Cervia. In quel numero venivano fra l’altro ricordati i giudizi sprezzanti della maggior parte dei quotidiani, in primis, ovviamente, “L’Unità”, che parlava di “malinconico tramonto dello scrittore mai sorto”. La lettura del nuovo “Candido” (avevo quindici anni e non avevo potuto conoscere il vecchio, ma di Guareschi seguivo la rubrica su “Oggi”) fu una delle molle che mi spinsero a militare a destra, insieme all’invasione della Cecoslovacchia.
A sottrarlo all’oblio fu, oltre al cambiamento del clima politico italiano negli anni Ottanta, un bravo giornalista, Beppe Gualazzini, che con il suo Guareschi, uscito appunto all’alba del decennio, riportò all’attenzione del grande pubblico la figura dello scrittore. A Gualazzini, che conobbi nel giugno del 1996 in una albergo di Forte dei Marmi, in cui si trovava come inviato del “Giornale” in occasione di un’alluvione in Versilia, sono debitore – oltre che di un provvidenziale intervento che sbloccò la mia collaborazione al quotidiano – della notizia di un figlio segreto di Guareschi, che solo in seguito sarebbe divenuta di pubblico dominio. Alla biografia di Gualazzini seguì una riscoperta dello scrittore, che portò fra l’altro alla pubblicazione – non sempre a mio giudizio opportuna – di molti suoi inediti.
Guareschi è secondo me uno scrittore che presenta molte analogie con Collodi. Fu senz’altro un grande giornalista, ma, come molti altri grandi polemisti del suo tempo, oggi sarebbe dimenticato. In un certo momento lui, che non era un santo, incontrò la grazia: inventò due personaggi (per tacere del Crocifisso) che gli presero la mano, un po’ come fece il celebre burattino con Carlo Lorenzini, e procedettero per conto loro, a volte, ho l’impressione, quasi a suo dispetto. Questo aiuta a spiegare perché Guareschi non apprezzasse le pellicole tratte dai suoi romanzi, che invece erano dei capolavori e contribuirono grandemente al successo dei suoi libri. Andava su tutte le furie quando sentiva dire che con il suo “mondo piccolo” avere precorso la “repubblica conciliare”, antesignana di quello che poi sarebbe stato chiamato il “compromesso storico”, ma in realtà senza volerlo aveva contribuito a umanizzare la figura del sindaco comunista, lui che era e rimase sempre un feroce nemico dei “trinariciuti”.
Scrivere uno o più romanzi di successo è relativamente facile. Inventare un personaggio destinato a rimanere nell’immaginario collettivo vivendo magari di vita propria succede solo a pochi grandi. Guareschi conobbequesta straordinaria fortuna e don Camillo e Beppone vivranno per sempre, forse a suo dispetto.
Un grande, Guareschi. Bel ricordo di Enrico. Guareschi contribuì, certo consapevolmente, a stemperare la sanguinosa catena di uccisioni marca PCI in Emilia…dando vita ad una narrazione dove le parti coincidono sui ‘valori importanti’ della convivenza civile…