PostColle. Sulle rovine del centrodestra, Fdi costruirà il partito-polo antisinistre
L'intervento di Michele Barcaiuolo, coordinatore regionale dei meloniani in Emilia Romagna, dopo l'elezione di Mattarella e la crisi dell'alleanza conservatrice
Dopo la rielezione di Sergio Mattarella al colle nulla rimarrà come prima nella politica italiana. Le alleanze a destra e sinistra sono in crisi. Gli scenari in movimento. Ospiteremo su queste colonne interventi e documenti per conoscere i movimenti in corso tra i partiti e nelle (ex) coalizioni. Oggi pubblichiamo la nota di Michele Barcaiuolo, dirigente nazionale di Fdi e segretario regionale dei meloniani in Emilia-Romagna.
Per partecipare al dibattito: info@barbadillo.it
Il nuovo percorso
Il centrodestra parlamentare non esiste più. L’incomprensibile scelta di Lega e Forza Italia di eleggere per l’ennesima volta un presidente della Repubblica targato Pd – con l’aggravante della rielezione dello stesso presidente uscente, possibilità implicitamente sconsigliata dalla Costituzione stessa – ha sancito la disgregazione di una coalizione già lacerata dalla diversità di vedute sull’appoggio al governo Draghi.
Il centrodestra di popolo nel paese
Il centrodestra nel paese invece esiste ancora, non so se come maggioranza assoluta, relativa, o qualora tutti istituti demoscopici sbagliassero, come minoranza significativamente numerosa. Toccherà a Fratelli d’Italia interpretare le istanze dell’elettorato dell’intero centrodestra nei prossimi mesi in vista delle prossime elezioni politiche. Chi prefigura, anzi, si augura, che la destra italiana possa essere relegata ai margini della vita politica a prescindere dal consenso si sbaglia. La destra italiana non farà la “fine della Le Pen”: ottimi risultati e nessuna voce in capitolo.
Il partito-polo antisinistre
Fratelli d’Italia avrà l’onere di di rappresentare un partito polo per chiunque si riconosce nelle tesi del centrodestra italiano. C’è un’Italia che crede nella centralità della famiglia come cellula fondamentale della società; c’è un Italia che crede in quello che abbiamo definito “produttivismo” ovvero attuare politiche capaci di poter aiutare le imprese italiane a poter stare in modo competitivo sui mercati globali perché è impensabile pensare di ridistribuire ricchezza senza produrla; c’è un Italia che crede in un nuovo umanesimo del lavoro in cui il principio più assumi meno tasse paghi, possa conciliare la divisione novecentesca tra capitale e lavoro;
c’è un’Italia che rifiuta il metadone di stato del reddito di cittadinanza pensando che non si possa trattare in maniera uguale chi non può lavorare da chi non vuole lavorare; c’è una larga fascia di famiglie e di mondo produttivo italiano che vede i costi dell’energia alle stelle e cerca un interlocutore serio per calmierare i costi delle bollette per le case e le fabbriche; c’è un Italia che non insegue un posto pubblico per “sistemarsi”ma che vuole costruirsi il futuro con le proprie mani; c’è un’Italia fatta di tanti servitori dello Stato che vive il proprio lavoro come missione; c’è un Italia che crede nell’ecologismo del futuro che non è quello dei no a tutto ma quello che si interroga su come si possono costruire infrastrutture e strumenti per guidare il futuro in armonia con l’ambiente; c’è un’Italia che crede che la burocrazia inutile possa essere smantellata; c’è un’Italia che crede che l’immigrazione vada regolata e fuori da quelle regole vada fortemente contrastata con buona pace di chi grazie all’immigrazione ha ottenuto profitti in motivati; c’è un’Italia che crede in una giustizia giusta: conciliando garantismo e certezza della pena, garantendo tempi rapidi per la risoluzione delle controversie; c’è un’Italia che crede nella libertà educativa; c’è un’Italia che crede che l’interesse nazionale debba essere la bussola nella nostra politica estera; c’è un’Italia che crede nell’Europa ma non in questa unione europea; c’è un’Italia che non confonde l’emergenza sanitaria per la pandemia con le restrizioni della libertà figlie dell’incapacità del governo di mettere in atto politiche per una efficiente sanità territoriale e per misure di prevenzione che non siano repressive limitazioni della libertà per tutti i cittadini;
c’è un’Italia che sogna di poter eleggere direttamente il presidente repubblica e che lo stesso avvenga anche il capo del governo, con una riforma della forma di Stato e di governo che preveda bilanciamenti costituzionali per il ruolo dell’opposizione come avviene in ogni nazione moderna; c’è un’Italia che crede nelle sussidiarietà e nelle autonomie locali nel quadro dell’unità nazionale; c’è un’Italia che crede nella bellezza e sa che le nostre bellezze culturali, morfologiche ed enogastronomiche non hanno uguali al mondo e sono un tesoro su cui investire.
C’è un’Italia che non ha smesso di sognare e che non ha perso tutte le speranze.
Credo che quest’Italia sia la maggioranza; quest’Italia Fratelli d’Italia può rappresentarla al meglio, a dispetto di chi ipotizza marginalità di una proposta politica già apprezzata un italiano su cinque.
La guida della Meloni
La capacità di leadership di Giorgia Meloni è stata ed è è riconosciuta ormai da tutti, la sua classe dirigente ha dimostrato in un mondo in cui i partiti sembrano non esistere più di essere probabilmente la più preparata capace e granitica dell’intero scenario politico. Il sistema di alleanze deriva da una condivisione di valori di fondo che però devono essere attuati nelle scelte quotidiane che i partiti fanno, non sempre è stato così per i nostri alleati. Non so da questo punto di vista cosa ci riserverà il futuro, e non mi compete aggiungere ulteriori considerazioni, fermo restando che le variabili (legge elettorale in primis) sono tutte da scoprire.
Di una cosa sono sicuro invece: la centralità di Fratelli d’Italia nello scenario politico sarà sempre maggiore e tutti gli altri dovranno fare i conti con noi.
L’attualità dei un antico patto con gli elettori di destra
Fratelli d’Italia ha dimostrato che non ha bisogno di nessuno per mantenere la parola data e poter guardare sempre negli occhi, senza alcuna vergogna i propri elettori, che presto saranno “la maggioranza”.
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