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“La vita quotidiana come gioco di ruolo” e la lotta contro i “padroni del discorso”

Partendo della "metafora teatrale” del sociologo canadese Erving Goffman, si giunge a vedere la vita sociale dell'uomo in maniera simile ad un “role-playing game”

by Daniel Bravo
20 Gennaio 2022
in Cultura
0

“La vita quotidiana come gioco di ruolo“, edito da Mimesis, può essere definito a rigor di termini un saggio di “microsociologia”, occupandosi in via principale dell’Io umano immerso nella vita di tutti i giorni e colto nella sua duplice opera di co-creatore di sé stesso e della realtà sociale circostante, esulando dunque da implicazioni riguardanti le “macrostrutture” storico-sociali e le cosiddette “metanarrazioni”, pur non mancando già a partire dall’Introduzione di proporre una panoramica sulle origini mitologico-archetipiche della vita dell’uomo in società  e incursioni nella storia del pensiero sui suoi sviluppi nel tempo e nello spazio, come nel caso del concetto di “persona”.

Partendo della “metafora teatrale” del sociologo canadese Erving Goffman, dunque dall’assunto per cui l’individuo sulla scena sociale (frontstage)  svolga al contempo il “ruolo” di “attore” e quello di “personaggio”, partecipando ad una più o meno volontaria rappresentazione teatrale che tanto ricorda quella tragicomica “pupazzata” di pirandelliana memoria, rapportando il tutto ad una forma consona al XXI, nel corso di queste pagine si giunge a vedere la vita sociale dell’uomo in maniera simile ad un “gioco di ruolo” (role-playing game), in cui è il “potere”, da intendersi non tanto nell’accezione giuridico-politica di struttura-ordinamento, quanto in quella socio-relazionale di creatore di significati sociali ed “etichette”, e dunque di “padrone del discorso” (quasi una sorta di Demiurgo da cosmogonia gnostica o di kafkiano occulto  e innominabile burocrate o, forse meglio, un impersonale heideggeriano “Si”, si afferma nel saggio), a determinare “ruoli” e “copione” (script).

E cosa succede se, malauguratamente, non si sia in grado di essere dei bravi attori sulla scena della “vita quotidiana”? Balducci, l’autore del saggio, ci informa circa il destino del malcapitato:

Una mancata riuscita della “recita sociale” significa per cui ‘perdere la faccia’, e ciò oltre ad essere fonte di vergogna […] comporta una diminuzione della possibilità di effettuare previsioni circa il proprio ‘ruolo’ all’interno delle relazioni sociali.

 Ampio spazio nel corso del saggio riveste la trattazione del tema delle “istituzioni totali”, quali caserme, carceri, case di cura, campi di prigionia, luoghi in cui di frequente la dignità umana ha a patire, anche a causa della oggettiva difficoltà che chi si ritrovi implicato (volente o nolente) in simili contesti viene a sperimentare nella possibilità di attuare le classiche forme di difesa solitamente poste in atto dall’Io umano nella realtà sociale ordinaria, essendo le “istituzioni totali”, spiega Balducci:

istituti che condividono le medesime caratteristiche che permettono di distinguerli dalle normali ‘istituzioni sociali’, identificabili nell’allontanamento o esclusione del soggetto ospite dal resto della società, nel controllo effettuato ‘dall’alto’ sui soggetti sottoposti da parte di un apparato amministrativo di tipo centralistico, nonché in un rigido formalismo delle dinamiche interne. L’aggettivo ‘totale’ […] sta ad indicare l’ampiezza e la profondità della coercizione che l’istituzione effettua sugli individui».

I temi di questo agile saggio, che ha il merito di tradurre con linguaggio divulgativo argomenti che potrebbero risultare piuttosto ostici per i “non addetti ai lavori”, sono dunque quelli del “microinterazionismo” e dell’“interazionismo simbolico” fatti propri dalla speculazione di Erving Goffman, fra i maggiori sociologi della seconda metà del XX secolo, il quale ebbe a porre in chiaro i nessi esistenti tra la propria visione della realtà sociale con le sue strategie di difesa della “faccia” (face), vera e propria schermatura sociale a protezione dell’Io, e la “teoria dei giochi”, e da Howard Becker, sistematizzatore della “labeling theory” (lett. “teoria dell’etichettamento”), tra le maggiori menti nell’alveo del dibattito sociologico della Scuola di Chicago, alle cui tesi ampio ricorso si farà nel saggio. Degno di nota l’excursus storico-critico della materia sociologica attraverso l’analisi delle idee più rappresentative dei padri della disciplina, tra cui Comte, Durkheim, Weber.

L’autore, Giovanni Balducci, classe 1988, una laurea in Giurisprudenza con una tesi in Sociologia giuridica sui temi del “microinterazionismo” e dell’“interazionismo simbolico”, si occupa di consulenza del lavoro e di pubbliche relazioni in ambito legale e della comunicazione politica. Collabora con riviste e testate giornalistiche, tra cui Barbadillo e CulturaIdentità. Ha partecipato all’edizione 2019 dell’Alamanacco Repubblicano con il saggio “Nietzsche, Mazzini  e l’idea di Europa” e all’edizione 2021  con il saggio “Un mondo nuovo: Sì ma quale?”.

* “La vita quotidiana come gioco di ruolo. Dal concetto di “face” in Goffman alla “labeling theory” della Scuola di Chicago”, di Giovanni Balducci, Mimesis, Milano-Udine, 2021, p.120, euro 10

@barbadilloit

Daniel Bravo

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Tags: giovanni balducciLa vita quotidiana come gioco di ruolomimesis

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