L’influencer Chiara Ferragni, Evita e il disorientamento delle folle popolari
L’altra sera, non ricordo più in quale trasmissione giornalistica, mi è passato davanti un breve video che mostrava una piazza di Bari gremita di folla acclamante qualcuno in procinto di uscire su di un balcone. Questo qualcuno era l'imprenditrice di Cremona, pagana divinità di milioni di “follower”
Sotto i nostri occhi si moltiplicano i segni dei tempi, ma spesso non li avvertiamo o li sottovalutiamo. L’altra sera, non ricordo più in quale trasmissione giornalistica, mi è passato davanti un breve video che mostrava una piazza di Bari gremita di folla acclamante qualcuno in procinto di uscire su di un balcone. Questo qualcuno era Chiara Ferragni, pagana divinità di milioni di “follower”. Scene del genere le avevamo viste in plaza de Mayo, quando Evita Peron si affacciava dalla Casa Rosada e, senza andare troppo in là e pericolosamente nella storia di piazza Venezia, le vediamo in occasione dell’Angelus domenicale a S. Pietro.
Purtroppo, non mi scandalizzo né mi sorprendo: Chiara Ferragni è soltanto il sintomo della malattia che ha colpito i nostri contemporanei: il vuoto esistenziale, l’azzeramento degli ideali, l’ignoranza orgogliosa di sé, l’annacquamento di ogni codice morale, l’euforica disperazione per l’impossibilità di raggiungere il Vitello d’oro.
Nel 1961, Umberto Eco pubblicava “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, forse il primo saggio sugli effetti della televisione sulle masse. Ne riporto qui poche righe: «Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.»
Ebbene, in una cosa l’illustre semiologo si sbagliava. Già quando ne scriveva, Mike era infatti l’esempio della più alta professionalità, alla quale consegue, “naturalmente” il massimo successo; la Ferragni invece è il prodotto di certa televisione degenerata, che esalta l’apparire senza merito e l’incompetenza eretta a idolo (una tendenza che disgraziatamente ha coinvolto anche la politica): basti pensare a programmi come il “Grande Fratello”, fucina di figure televisive effimere e sfolgoranti come un trik trak (un botto, due, tre e poi il silenzio).
Quali siano i talenti della Ferragni (e quelli, un po’ in subordine, del consorte), non è facile capire: il risultato sotto i nostri occhi è che, si spruzzi una lacca o beva un’acqua minerale, provoca un’impennata dei fatturati di quelle fortunate aziende. Come ci sia arrivata, non si sa: del resto, tutte l religioni – e questa, come aveva ben compreso Eco, è una religione laica – hanno in sé un alone di mistero. La bellezza? Può darsi, anche se, nel caso in questione, si tratta di una bellezza algida e distante, ma capace di tenere insieme la Madre e l’Etera; una bellezza che ammalia uomini e donne, vecchi e bambini, un po’ come avveniva per le Dive del cinema nei decenni della sua ormai sfiorita floridezza. E qui trovo un altro motivo di disaccordo rispetto all’analisi di Eco: la Ferragni non è un idolo perché percepita come “uguale” alla massa dei suoi adoratori, ma lo è proprio per la sua distanza, per la sua differenza, che pure non provoca complessi d’inferiorità, ma, appunto, solo adorazione. Non sa cantare, non sa recitare, non sa ballare, ma sa apparire nel suo misterioso eppur visibile universo dorato (sotto questo profilo, è un caso molto diverso da quello di altri “influencer”, che non possono vantare leggiadria e famiglia da copertina). Insomma, l’abbiamo detto: dall’alto del suo Balcone, Chiara Ferragni non deve far altro che muovere regalmente la sua manina – un po’ come la Regina Elisabetta dal finestrino della sua berlina – per essere acclamata e, chissà, per fare qualche miracolo. Eppure, il malessere non sta in lei, ma nelle folle che la applaudono.
La coglionaggine del popolo spesso non ha limiti. Per questo, sosteneva il rivoluzionario abate Sieyès, l’autorità scende dall’altro ed il consenso dal basso…
L’idiozia conquista il mondo…
Queste ‘folle popolari’ valgono meno delle ‘plebi meridionali’ di 150 anni fa!
La coglionaggine del popolo spesso non ha limiti. Per questo, sosteneva il rivoluzionario abate Sieyès, l’autorità scende dall’altro ed il consenso dal basso…
dall’alto, pardon…
Che cosa applaudiranno i gonzi? La fashion blogger, la fashion influencer o il desiderio dell’identificazione col nulla?