Un anarchico sui generis, ma un anarchico. Questo è stato Lorenzo Cenni, operaio e uomo di lettere degli inizi del Novecento, attratto dall’anarchismo individualista per poi evolvere verso il socialismo rivoluzionario all’interno del quale maturò anche simpatia e interesse per il futurismo. Nel 1914 pubblicò un pamphlet, Aristocrazia operaia, che fu recensito, propagandato, e apprezzato, dalla rivista “Lacerba” di Papini e Soffici. Non venne mai meno il suo marcato spirito anticlericale. Cenni assommava l’impazienza interventista a favore della guerra, tipica degli anarchici del tempo, e lo spirito futurista che propagandava una strenua lotta alla borghesia e a quella mentalità. Lo scopo ultimo di questa visione? Dare una torsione alla società nel senso di cambiare le idee e la cultura del tempo modernizzandole e svecchiandole dai cascami della mentalità ottocentesca. Cenni intendeva per operaio non il semplice esecutore di ordini, ma colui che aveva la dignità dell’Homo faber, che mantiene uno spazio di autonomia e di decisione che supera le istanze dei movimenti anarchici tanto da simpatizzare e poi aderire ai socialisti radicali ed eretici, socialisti nazionalisti come il gruppo di Mussolini. Abbandonò la frazione socialista e pacifista, radicalizzò le sue posizioni, divenne corrispondente da Firenze del “Popolo d’Italia”.
Antibolscevico, Cenni è una figura di particolare interesse per comprendere l’inquietudine che attraversò le classi sociali e le nuove generazioni che affrontarono a viso aperto la prima guerra mondiale talvolta auspicandola nel nome di sintesi inedite fino a quel momento. Sempre ripudiando, come stantie, sia la mentalità borghese sia quella socialista-pacifista.
Il libro che illumina questa mentalità e chiama alla riscossa quella frangia di rivoluzionari ai quali la sinistra andava stretta e che ormai faceva emergere contraddizioni e insufficienze, Aristocrazia operaia, introvabile da decenni, è di nuovo in circolazione, ripubblicato dalla casa editrice Aspis di Milano. E’ la riscoperta di un autore originale, dalle idee brillanti che si cura di fustigare i borghesi e i lavoratori che sono scesi a compromesso con la borghesia. E teorizza appositamente una scuola di pensiero “libera, senza codici, né timbri, né tessere” fondata da una aristocrazia operaia, aistocrazia dal punto di vista morale e civile.
Il saggio su Cenni
Curato da Guido Andrea Pautasso, il volume è arricchito da uno studio di oltre settanta pagine su Lorenzo Cenni e le sue idee, che colloca il volume nel suo tempo. Ma soprattutto, data la simpatia reciproca fra futuristi e “anarchici alla Cenni”, Pautasso ha aggiunto in appendice un centinaio di pagine costituite da saggi di futuristi, scritti fra il 1904 e il 1917. Gli autori sono Filippo Tommaso Marinetti, Oberdan Gigli, Renzo Novatore, Guido Poggi, Renzo Provinciali, Italo Tavolato e Ugo Tommei. Pur distanti, i futuristi cercarono di influenzare gli anarchici alla Cenni, per portarli dalla propria parte. Un tentativo che in alcuni casi andò a buon fine in altri rimase senza esito.