“Molto si è studiato dell’Italia: la storia politica e la letteraria e l’artistica; ma poco, in confronto, la storia religiosa” scrisse Raffaele Pettazzoni, uno dei maggiori storici delle religioni europei, nella prefazione del libro Italia religiosa nel lontano 1952. Un libro interessante, che scava nelle radici della religione e del sentimento religioso. Lo studioso sosteneva che la religione è un substrato di grande importanza tanto che continuare a non tener conto delle radici religiose del nostro Paese non consentirebbe di comprendere il presente e anche aspetti apparentemente lontani dalla religione come l’economia, la storia, la politica.
Pertanto Pettazzoni negli ultimi anni dell’insegnamento, sentì bene l’esigenza di comporre un quadro complessivo che passasse dai culti antichi di Roma alle eresie del Medioevo, alla presenza e diffusione delle minoranze religiose nell’Italia postrisorgimentale nei decenni a seguire.
Un libro che nonostante gli anni ha mantenuto una certa attualità: l’autore sottolineò che “certi aspetti della storia d’Italia, anche recentissimi e odierni, siano da considerare e riconsiderare sub specie religionis”.
Partendo dall’assunto che l’attenzione verso la religione e il sacro esiste nell’uomo sin da prima del cristianesimo, due sono le piste che Pettazzoni definisce per orientarsi nella ricerca della visione religiosa: quella della religione dell’uomo e quella della religione dello Stato, detta anche “religione civile”. Forme che spesso nella storia d’Italia si sono sovrapposte, divaricate, intersecate. Avversato dalla scuola crociana che non condivideva l’idea di fondare una scuola che rendesse autonoma la storia delle religioni, Pettazzoni portò avanti le sue idee e fondò la Scuola romana di storia delle religioni che aveva alla base della ricerca il metodo comparativista che, per alcuni versi, richiama il metodo tradizionale propugnato dagli autori tradizionali. La spuntò lui e all’Università di Roma si aprì nel 1923 un nuovo insegnamento: Storia delle religioni che lui insegnò per oltre trent’anni, fino al 1952-1953, anno accademico in cui gli subentrò Angelo Brelich. In questo periodo Pettazzoni, al termine della propria carriera, decise di pubblicare Italia religiosa mettendo insieme scritti occasionali, saggi inediti, lavori messi a punto per convegni “collegati da uno stesso pensiero, rivolto alla storia, alla vita, alla cultura religiosa d’Italia”.
Infatti, lo studioso aveva un costante assillo: individuare una metodologia per la storia delle religioni. Spiegò che con dei “residui di pensiero teologico, con delle tendenze ad evadere deliberatamente dalla storia, come si può fare la storia delle religioni? Ed ecco affiorare il problema dei problemi: storicizzare l’irrazionale” (pag. 81).
Pettazzoni nota che già nell’antichità l’aspetto religioso è importantissimo: nella Devotio romana (consacrazione della vita umana agli dei per la salvezza della propria comunità) e nel “Guerriero di Campestrano”statua dell’arte italica che mostra “il più antico eroismo italico alimentato dalla religione” (pag. 153) c’è una sintesi fra le due forme religiose. La difesa della propria nazione fu confermata nel Rinascimento dal Savonarola. Secondo Pettazzoni anche la resistenza favorì la sintesi delle due religioni da parte di alcuni partigiani attraverso l’ideologia da un lato e la fede relgiosa nel cattolicesimo dall’altro. Un discrimine fatto nettamente fra partigiani cattolici e non. Lascia perplessi il non richiamare, alla luce della guerra civile, l’altra religione civile, quella della RSI, fedele al tricolore.
Pettazzoni tratta dei Patti Lateranensi che rappresenterebbero l’inclusione del cattolicesimo nella Religione di Stato discriminando di fatto le minoranze religiose. Dopo aver analizzato lo Shinto, religione giapponese, a metà fra religione dell’uomo e religione di Stato, analizza il neopaganesimo tedesco, individuando l’origine nel luteranesimo. Il suo giudizio sul neopaganesimo è negativo perché non si inscrive nell’universalismo religioso.
Altra operazione di recupero di scritti sparsi, anche se in questo caso si tratta di appunti di lezioni di Pettazzoni, è Mitologia e monoteismo. Si tratta di dispense del corso universitario tenuto nell’anno accademico 1950-1951 intitolato Miti delle origini e miti della fine. La seconda parte del corso era intitolata Origine e sviluppo delle teorie sul monoteismo e la sua formazione.
Un lavoro di sintesi (rispetto a opere successive) che comunque mise al centro del dibattito il tema del mito e del motivo per il quale l’uomo ne ha sempre bisogno. Già nel 1934 nella voce monoteismo che lo studioso redasse per l’Enciclopedia italiana, illustrò i termini del dibattito sul mito che si svolgeva all’estero. Dalla definizione del mito a Vico e ai suoi insegnamenti sulla mitologia, dai simbolisti alla scuola della mitologia comparata fino alle teorie del monoteismo e alla sua formazione. Uno dei primi testi che fecero il punto sul monoteismo da un punto di vista laico e non clericale.
Raffaele Pettazzoni, Italia religiosa, Mimesis ed., pagg. 218, euro 18; (a cura di Giovanni Casadio e Carlo Prandi). (Ordini: mimesisedizioni.it).
Raffaele Pettazzoni, Mitologia e monoteismo, La Vita felice ed., pagg. 258: euro 16. (Ordini: lavitafelice.it).