Il neo candidato all’Eliseo, l’intellettuale Eric Zemmour ha qualcosa che né Marine Le Pen, né Xavier Bertrand e ancora di meno Emmanuel Macron possono avere. Ha carisma ma, soprattutto, sa come prendere il pubblico. Ha il physique du role del polemista e l’espri du temps impone la polemica, e non il pensiero lungo, quale strumento principe del dibattito politico. Anche perché, sullo sfondo, c’è l’ondata neopuritana del politicamente corretto che vorrebbe stabilire cosa si può dire e quando.
La Francia come gli Usa
La Francia non è così diversa dall’America, in fondo. Il seguito di Trump è facilmente individuabile nell’assoluta avversione rispetto ai democratici. Non è vero che la gente è ignorante e perciò crede (o ha creduto) a tutto quello che ha urlato il tycoon. Quella non è la causa, bensì l’effetto. È che gli elettori, delusi, arrabbiati e puntualmente in fuga dal voto e dalla politica, crederebbero pure ai dischi volanti (o ai microchip nei vaccini…) se fosse per far dispetto all’estabilishment. A volerla pensare bene, occorrerebbe mettere sul tavolo la necessità di riannodare le fila del patto sociale. Ma queste sono parole noiose che non interessano nessuno. Nemmeno chi si accredita al governo che, specialmente in tempi di crisi come questi, ha bisogno di un capro espiatorio su cui scaricare i mali del mondo.
Zemmour, a differenza di Donald Trump e degli altri suoi emuli, è colto. Ma non teme di usare l’accetta, altro che fioretto. E, a scorno di quanto denunciano le penne perbene (in Francia e fuori), non c’entra nulla con l’estrema destra. Perché è liberale e, partendo da queste posizioni, riesce a parlare a una massa impressionante di persone. Quella del ceto medio che temono di divenire “deplorables”, che qualcosa da parte pur ce l’hanno e non vorrebbero sciuparla in tasse o sussidi, vederla negata ai loro figli. Certo, Eric Zemmour è divisivo. E, se arrivasse al ballottaggio, non sarebbe mai in grado di sfangarla. Ma, in fondo, nemmeno Marine Le Pen sarebbe in grado di farlo.
La Zanzara francese
La Francia non è diversa dagli Stati Uniti, dunque. E non lo è nemmeno dall’Italia. Uno come Zemmour ha tanti elementi in comune con Giuseppe Cruciani e il suo modo di atrraversare lo spazio pubblico. A differenza del franco-algerino, Cruciani ha posizioni diverse sui temi etici e religiosi. Eppure, entrambi sono riusciti in una sorta di miracolo: diventare voci ascoltate (anche) dal mondo cattolico, nonostante Zemmour sia ebreo e Cruciani un peccaminoso libertario, antico radicale mangiapreti. Perché, soprattutto Cruciani, hanno saputo mettersi in sintonia con il pubblico che non ne può più di maestrini sempre più improvvisati (la polemica liberal Usa sulle origini del quartiere Eur a Roma è a dir poco deprimente…) e di legislatori a dir poco sprovveduti e fin troppo ideologicamente orientati verso una deriva liberticida.
Cruciani for president
Che accadrebbe se Cruciani, seguendo l’esempio (riuscito) di Vittorio Feltri a Milano, decidesse di scendere in campo in politica magari? Rischierebbe di travolgere tutti con un tweet. Salvini ormai in affanno perenne dai tempi gloriosi del Papeete e anche Meloni, acciaccata dalle amministrative, rischierebbero di essere, letteralmente, risucchiati e travolti dal ciclone. Non vincerebbe, ma pianterebbe un casino infinito. Come Zemmour.
Il ‘casino infinito’ di Zemmour distruggerà forse quanto rimane del FN lepenista… Senza costituire nessuna alternativa politica valida ed a medio-termine. Un ‘grillismo’ più colto ed orientato, ma ugualmente pericoloso e potenzialmente distruttore…
Potrà non piacere a tutti, ma Marine è la donna francese d’oggi. Libera, imprenditrice, sicura. Zemmour forse non le frequenta molto…