A Napoli c’è solo Antonio Bassolino. Gira, corre, prende il bus, fa comizi in piazza. Ascolta i napoletani e interviene da protagonista nel dibattito pubblico. Parla di progetti, incontra gli elettori e sa anche prendersi in giro. Gli altri candidati, al confronto, impallidiscono. Sarebbe una battaglia impari se alle urne venisse premiata la dignità della politica e non la potenza geometrica del marketing.
Manfredi, già in vantaggio su tutti, è stato un buon ministro. E basta. È sostenuto da una coalizione che si tiene insieme per un sondaggio. C’è di tutto: il Pd di lotta e di governo, di rito deluchiano o di osservanza biancofiorista e vesuviana; tutto il M5s che conta, dai fichisti ai Di Maio fans (ex) nemici giurati della Regione vincenziana; gli arancioni in fuga, pronti a lasciare la povera e già derelitta Alessandra Clemente, l’assessore – da pochissimo dimessa – con delega praticamente a tutto, specialmente alla visibilità; gli ex Forza Italia, azzurri in libertà per il bene della città; e infine, il solito stuolo di civici, masanielli digitali, neoborbonici e Diego Armando Maradona jr.
Maresca, già in svantaggio e costretto a rincorrere, è stato un ottimo magistrato. E basta. È sostenuto da una coalizione che lui nemmeno avrebbe voluto. C’è di tutto: il centrodestra che ha dovuto supplicare di poter presentare liste col proprio simbolo, graziosamente concesso tranne che alla Lega: si presenterà in incognito con la lista “Prima Napoli” e sarà costretta a fare lo stesso anche a Salerno e negli altri capoluoghi campani dove si voterà; c’è la sinistra eretica del dirigente Pd (ex) che già sostenne (perdendo) la corsa di Gianni Lettieri (poi finito alla corte di De Luca); c’è il solito stuolo di civici, di ogni forma e colore, c’è del neoborbonismo, non mancano i masanielli digitali e c’è Hugo Maradona.
Antonio Bassolino non ha rinnegato la sua storia, così lontana da quella di chi fa e legge (almeno di solito) la nostra rivista. È l’unico avversario dichiarato del centrosinistra che ambisce a conquistare Napoli, è in campo per una battaglia di garantismo e civiltà politico-giudiziaria (diciannove assoluzioni non sono mica poche…), non ha bisogno di ingaggiare membri più o meno famosi della famiglia Maradona per avere una patente di napoletanità, di farsi il selfie con il parente del Totem – magari allo stadio appena intestatogli – per testimoniare il proprio affetto a una città che dovrebbe essere capitale e si ostina a sentirsi provinciale. È in campo senza simboli che lo sovrastino, in posizione di terzo scomodo.
Inoltre Bassolino è uomo di cultura, melomane, uno che conosce il teatro e il latino. Ma soprattutto, Bassolino è stato amico del nostro Maestro, Paolino Isotta. Manfredi e Maresca, no; loro, che non muoverebbero un passo senza il permesso dei ras delle segreterie, dei guru della comunicazione, degli scribi dei sondaggio, dei compilatori di storytelling ed espertoni del web, non avrebbero mai potuto esserlo.
Qualche zelante dirigente di partito non ci perdonerà, ma la politica di popolo e piazza, quella che non teme di contaminarsi con il sudore delle classi meno agiate, nella capitale partenopea, non ha il volto dei paracadutati dalle coalizioni nazionali, ma il volto segnato dall’impegno civile di Antonio Bassolino…