Maradona è meglio ‘e Pelé. Altrimenti non si spiega perché ogni suo atto finisca immancabilmente dritto in prima pagina. Perché Pelé è stato il primo, Maradona il definitivo.
Maradona è meglio ‘e Pelé. Non potrebbe essere diversamente, dato che in Messico smise d’essere uomo per farsi Barrilete Cosmico, l’Aquilone Spaziale che umiliò (postume) le corazzate di Maggie Thatcher.
Maradona è meglio ‘e Pelé. Perché è caduto, s’è rialzato. Perché ha giocato, ha vinto e ha perso. Perché fuori dal campo non s’è mai trovato a suo agio. Perché odia la vecchiaia, baratterebbe ogni suo dollaro pur di tornare a sporcarsi in campo.
Maradona è meglio ‘e Pelé. Perché non è una figurina da esibire, placida e benevolente, in tribuna vip. Si sbraccia, si agita, fa gestacci. Come ogni tifoso, su ogni campo del campo.
Maradona è meglio ‘e Pelé. Perché nella zuppa retorica dei buoni sentimenti è l’unico che squarcia il velo dell’ipocrisia pallonara che nasconde malefatte e furbate dei potenti.
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Maradona è meglio ‘e Pelé. Perché lui è un simbolo e ci costringe a pensare a qual pietoso rapporto con questi siamo giunti, oggi che ci riteniamo i tenutari del migliore dei mondi possibili.
Maradona è meglio ‘e Pelé. Perché mai è stato un esempio, in un mondo che ne chiede, ne pietisce. Che ha confuso la buona educazione con la grandezza.
Maradona è meglio ‘e Pelé. Perché dei suoi vizi tutto si sa e non c’è mica bisogno di fantasticarne gli eccessi. Perché è l’uomo che ha percorso la via della Mano Sinistra, anzi del Piede Sinistro, fino in fondo. Ha raggiunto la grandezza percorrendo la strada del male.