“Quello che è grave è che la gente si sta abituando a questo genere di eventi, non fanno più effetto” è il commento a freddo sugli attentati dinamitardi a Karachi di Salmar, giovane pachistano di Lahore, studente all’Università di Budapest, che ha preso parte al RomeMun 2015.
Nel corso dell’intervista (in inglese) rilasciata a Federica*, Salmar spiega che la situazione in Pakistan “non è difficile solo per i Cristiani, lo è anche per le donne e le minoranze musulmane come gli Shi’a (sciiti, nda) e gli Ammaditi. Anche loro sono un buon obiettivo. Io sono fortunato ad essere sunnita“.
Salmar, cosa sai dell’attentato di Karachi?
“E’ stato un terribile incidente, successo solo due mesi dopo l’attentato alla scuola di Peshawar. Quello che è grave è che la gente si sta abituando a questo genere di eventi, non fanno più effetto. Sai, quando fatti di questo tipo accadono quasi quotidianamente è naturale che la reazione più comune diventi l’abitudine. Ma non credo che questo sia il momento di assuefarsi agli attacchi terroristici, dobbiamo affrontare seriamente questo problema e prendere coscienza del crescente numero di vittime. Bisogna adottare misure di prevenzione concrete per fare in modo che ciò non accada di nuovo.”
Quindi credi che i due attacchi, quello di Karachi e quello di Peshawar, siano collegati?
“Potrebbe essere come no, i pakistani si stanno dividendo su questa idea. È colpa delle ideologie radicali, smembrano la società. Il problema è che in Pakistan queste specie di ideologie radicali e pratiche criminali sono diffuse su tutto il territorio e accettarle come la normalità è un modo di fare al quanto pericoloso. Soprattutto per comunità come quella pakistana, polarizzata e stereotipata per questo genere di eventi”
Da che zona del Pakistan provieni Salmar?
“Sono originario della città di Lahore, a nord del Pakistan. E’ lontano da Kirachi, ma lì vivono dei miei parenti e ho parecchi amici.”
Sei riuscito a chiamarli per sapere come stanno?
“Sì, fortunatamente stanno tutti bene. Ci teniamo spesso in contatto, ma ovviamente quando accadono questi fatti il pensiero corre subito a loro.”
Sei mai stato presente allo scoppio di una bomba o a un attentato?
“Sì, accadde circa due anni fa. Esplose una bomba nell’hotel che ospitava la nazionale di Cricket dello Sri Lanka ed era proprio di fronte alla mia scuola. All’improvviso andò tutto in frantumi, i vetri non esistevano più, c’era solo polvere ovunque. Ero piccolo quindi fu un evento abbastanza traumatico, ma non tanto perché era la prima volta che mi scoppiava una bomba vicino, quanto più pensare in che direzione stava andando il mio Paese. Mi si accese allora un grande spirito di coscienza, decisi che sarei diventato un buon cittadino e che avrei dovuto aiutare anche gli altri Pakistani ad esserlo. Voglio sperare in un futuro migliore per il mio Pakistan.”
Te lo auguriamo Salmar. Gli obiettivi degli attacchi sono state due chiese cristiane, è davvero così difficile in Pakistan essere parte di minoranze religiose?
“A dir la verità sì. Non è difficile solo per i Cristiani, lo è anche per le donne e le minoranze musulmane come gli Shi’a e gli Ammaditi. Anche loro sono un buon obiettivo. Io sono fortunato ad essere sunnita… Il Pakistan è un Paese eterogeneo, quando fu fondato nacque dal principio di tolleranza di tutte le religioni. E’ assolutamente ridicolo pensare che una nazione che dovrebbe basarsi sulla pacifica coesistenza di diverse religioni, abbia diverse fazioni che radicalizzano le loro ideologie per perseguitare le minoranze! In Pakistan ci sono tante etnie, tantissime lingue e religioni… questi eventi sono frustranti per me.”
Quale pensi che sarà la posizione del Primo Ministro del Pakistan Sharif?
“Sicuramente emetterà un comunicato per trasmettere solidarietà ai familiari delle vittime, ma non basta. Io non vedo adottare nessuna misura concreta contro i terroristi.”
Quindi c’è effettivamente una mancanza di misure di prevenzione contro gli attacchi terroristici?
“Sì, assolutamente. Non è la prima volta che una minoranza religiosa viene attaccata.”
Credi davvero che la religione sia l’unica ragione degli attentati o ce ne possono essere altre?
“Nell’attentato di domenica sicuramente non c’erano solo motivazioni religiose. Karachi è da sempre divisa in diversi livelli di attacchi terroristici e criminali. Quindi alla base degli attentati esiste un insieme di motivi: dalla religione, che è sempre quello più evidente, alla politica. Parlo di politica perché penso che il governo, nonostante sia consapevole di queste minacce, continui a non prendere provvedimenti concreti. E la causa di tutto ciò è il divario esistente tra i militari e il governo.”
Potresti spiegare meglio cosa intendi con quest’ultima affermazione?
“I militari hanno sempre avuto il controllo delle regole in Pakistan e da sempre sono stati in grado di esercitare una grande influenza sulla struttura politica ed economica del Paese. Tutt’ora è così. C’è un distacco enorme tra i militari e il governo e finché questo gap non verrà colmato non potranno essere perseguite politiche concrete per la sicurezza nazionale.”
Pensi che possa esserci qualche relazione tra l’ISIS e quello che sta succedendo in Pakistan, considerando anche la sua posizione di alleato strategico degli Stati Uniti?
“Sì, io credo che qualcosa stia già accadendo. L’ISIS è riuscito ad aprirsi delle strade e a creare dei ponti di collegamento con le popolazioni tribali di alcune zone e il governo non riesce ad arginare questo fenomeno. Spero che gli stravolgimenti politici del medio-oriente non interessino anche il Pakistan, il mio Paese ha una struttura e un sistema socio-politico differente. Ma la minaccia dell’ISIS potrebbe estendersi anche al Pakistan.”
E’ giusto definire i militanti dell’ISIS musulmani?
“No, io sono musulmano. Loro sono solo terroristi.”
*20 anni, da Bergamo. Nella simulazione MUN (Model United Nations) è una giornalista della BBC.