C’è qualcosa di molto vero nelle “finte slide” del Foglio sul piano di Renzi per la spending review. Infatti, nel capitoletto dedicato alla diplomazia italiana, si legge:
“Parlando con gli ambasciatori italiani nel mondo, ho compreso che i maggiori stipendi dei nostri diplomatici rispetto agli omologhi dei paesi europei ha una spiegazione quasi banale: noi includiamo a forfait nello stipendio spese che altrove sono rimborsate ai diplomatici dallo stato dietro presentazione di fattura. Un esempio? L’ambasciatore italiano a Washington guadagna più di 24mila euro mensili, ma paga di tasca sua il ricevimento del 2 giugno e la manutenzione della sua residenza. Il collega tedesco nella capitale americana riceve meno di 10 mila euro al mese, ma la festa nazionale e le riparazioni sono a carico dello stato. Il metodo tedesco è più trasparente e controllabile, adottarlo non comprometterebbe di una virgola il lavoro e la qualità dei buoni diplomatici, ma limiterebbe gli abusi e renderebbe il sistema trasparente agli occhi degli italiani”.
Incredibile. Dopo la sistematica disinformazione che abbiamo visto su certa stampa negli ultimi mesi in merito ai presunti costi della diplomazia italiana, è veramente sorprendente vedere espresso in termini per una volta chiarissimi a tutti, uno dei punti chiave che differenzia il sistema retributivo dei diplomatici italiani da quello dei partner europei: a differenza dei colleghi stranieri, il diplomatico italiano all’estero paga di tasca propria l’alloggio, le bollette dei consumi domestici, le scuole dei figli, i viaggi, spesso anche quelli di servizio, le spese per la sicurezza privata, le feste nazionali.
Qualcuno dirà che va bene così. Ma allora perché ai nostri colleghi stranieri, che vengono tanto spesso presi ad esempio di risparmio, tutte queste spese vengono rimborsate dallo Stato, come dice bene “Il Foglio”? Forse i nostri partner europei se lo possono permettere, visto che dedicano alla politica estera una percentuale di bilancio molto superiore a quella italiana: per l’Italia lo 0,21 contro lo 0,3 dell’austera Germania e lo 0,45 dei parsimoniosi Paesi Bassi.
Siamo tutti d’accordo per una riforma del sistema retributivo, però ricordiamoci quando il sindacato dei diplomatici, il SNDMAE, chiese di far adottare anche alla Farnesina lo stesso sistema vigente in Europa: gli fu risposto che sarebbe costato troppo all’Erario, e che con il sistema attuale si risparmia.
Avevamo indovinato che le slide del “piano Renzi” presentate da “Il Foglio” erano in realtà una fiction. Ma stavolta, la fiction è molto più vicina alla realtà delle dotte analisi di alcuni “esperti” o commissari che, apprendiamo, saranno presto chiamati a elaborare i famosi tagli alla spesa pubblica. Esperti che da un anno a questa parte non hanno fatto altro che travisare deliberatamente la realtà, presentando un quadro dei costi relativi alla politica estera nazionale che in nulla risponde al vero.
Veri maestri di una fiction che mira a far cadere a pezzi come una sagoma di coccio l’intero sistema di difesa dei nostri interessi all’estero, e a disperdere il patrimonio di esperienza accumulato da generazioni di diplomatici italiani venuti prima di noi.