Galoppa forte Marine Le Pen. Alle elezioni dipartimentali, l’equivalente delle nostre provinciali, previste per fine mese il Front National potrebbe toccare quota 31%. Questo almeno dice la maggior parte dei sondaggi.
Con questa percentuale, la Le Pen staccherebbe di quasi dieci punti il Partito Socialista dell’attuale presidente Hollande, fermo a quota 21% nelle previsioni, mentre più vicina sarebbe la coalizione di centrodestra guidata da Nicolas Sarkozy, al 27%. Ma, per l’appunto, si tratta di una coalizione, mentre il “Front” viaggia da solo.
Già alle europee dello scorso anno il Front National risultò primo partito di Francia e questa non sarebbe che una conferma. Tanto che ora anche i rivali sembrano prendere sul serio la possibilità che Marine possa puntare all’Eliseo già nel 2017, nonostante il sistema elettorale a doppio turno.
Il merito di queste cifre è di un programma elettorale chiaro e fortemente “sociale”. Marine Le Pen contesta l’Euro, la Nato, il TTIP e in generale il sistema della globalizzazione, offrendo però per contro un’alternativa: un modello di economia sociale di mercato a forte impronta protezionista. Un programma che parla di età pensionabile ridotta, di sostegno alla natalità e di dazi doganali per tutelare la locale produzione agroalimentare. Il tutto espresso in uno stile comunicativo sicuro e moderato, fattori che rappresentano forse la principale differenza e una sostanziale marcia in più rispetto agli aspiranti emuli italiani della Lega Nord, forse ancora troppo concentrati sul solo tema dell’immigrazione.
Ovviamente, tali prese di posizione e una tale crescita non potevano non attirare delle inimicizie. Ecco perché non stupisce l’odierna accusa di frode ai portaborse del movimento di stanza all’europarlamento, sollevata peraltro direttamente dal presidente della delegazione socialdemocratica all’Unione europea e dello stesso emiciclo, Martin Schulz, che contesta 7 milioni di euro di rimborsi ingiustificati perché, a quanto pare, gli assistenti non lavorerebbero realmente per l’assemblea.
Posto che il fatto non è così strano, poiché gli assistenti parlamentari spesso si occupano di assistere il deputato nelle proprie iniziative territoriali e culturali piuttosto che in un ufficio, anche le cifre a uno sguardo superficiale sembrano poco credibili. Anche considerando i faraonici budget di Bruxelles: un portaborse guadagna in media tra i 2 mila e 500 euro e i 5mila euro mensili.
Bisognerà ora capire se tali accuse potranno pesare sulla crescita elettorale del partito o se la questione si sgonfierà. Resta comunque il fatto che l’episodio, vero o no, dimostra come la “giustizia a orologeria” non sia una prerogativa esclusivamente italiana. Quando si da fastidio, insomma, quasi sempre ci si fa male.