Il 28 maggio 1997 fu il giorno di Lars Ricken, attaccante nato a Dortmund il 10 luglio del 1976 e già ritirato dal calcio giocato nonostante sia coetaneo di Francesco Totti e due anni più giovane di Alessandro Del Piero. Oggi coordina il settore giovanile del club giallonero.
Quel giorno a Monaco di Baviera, fu il giorno in cui divenne il calciatore più chiacchierato del mondo, autore della rete del definitivo 3-1 del “suo” Borussia ai danni della favoritissima Juventus nella finalissima di Champions League disputatasi all’Olympiastadion. Ricken era una riserva di lusso, un giovane di grandissime speranze, in un momento storico in cui il calcio tedesco faceva fatica a rinnovarsi con la zona integrale che spopolava a tutte le latitudini e in assenza di grandi fuoriclasse.
Erano gli anni di Mathias Sammer Pallone d’Oro. Ricken era però già un recordman: aveva esordito in Bundesliga nel 1993 a 16 anni proprio con la maglia che è stata l’unica della sua carriera così veloce e poi così decadente (record di precocità battuto poi soltanto da Nuri Sahin sotto la gestione Klopp), ha segnato appunto quel gol, storico, per certi versi ancora oggi pazzesco, il più veloce della storia delle competizioni Uuefa per un subentrato dopo appena 16 secondi dal suo ingresso in campo.
Lars Ricken lo ha sempre ricordato così: “Non fu incoscienza. Dalla panchina era tutta la partita che guardavo Peruzzi e mi dicevo… sta troppo lontano dai pali, sta troppo lontano da pali… così ci provai subito, magari aiutato dalla fortuna, ma cercato al 100%”.
Ed ancora: ”Conosco tanti italiani tifosi della Juve in Germania e non ho mai avvertito rancore. Ancora oggi si congratulano con me perchè quel gol è stata una bella storia sportiva. La Juve all’epoca era la squadra più forte d’Europa, ma era anche troppo sicura di sé. Avevano vinto il campionato pochi giorni prima ed erano certi di batterci. Noi invece ci sentivamo più motivati: eravamo indietro in Bundesliga, più o meno come quest’anno, e solo vincendo saremmo tornati in Champions. Questo ha fatto la differenza”.
Sulla sfida attuale: “C’è da temere sempre una squadra italiana e questa Juve è molto forte. Sono contento di poter vedere ancora Pirlo, uno dei più grandi degli ultimi anni e Buffon che riescono a giocare ancora a livelli altissimi nonostante le fatiche. Noi all’epoca eravamo una squadra molto esperta, Kohler, Sammer, Reuter, Möller. Io ero l’unico ragazzino. Oggi siamo più giovani, ma con energia e disciplina. Restando fedeli alla nostra identità di gioco, possiamo ancora battere chiunque. Si chiami Juve o Bayern”.
Divenne l’eroe di una tifoseria, il simbolo di un società che poteva vantarsi di un prodotto di casa propria, il possibile nuovo Rummenigge per la Nazionale tedesca. Così non fu, nonostante 301 presenze e 49 gol in 15 anni di Borussia, prima di essere relegato nella squadra B e chiudere mestamente la carriera a 33 anni non ancora compiuti, ma ormai fuori dai radar del grande calcio da tempo, segnato da due gravissimi infortuni di cui decisivo il primo: era il 1998, il Borussia con lui aveva anche sollevato al cielo la Coppa Intercontinentale, e una maledetta partita di qualificazione agli Europei di Belgio-Olanda contro l’Armenia. Lì finì inconsciamente il sogno, ritagliando così nella storia il nome di Lars Ricken quasi unicamente a quel lampo, geniale, che aprì la maledizione europea della Juventus di Marcello Lippi.
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