La Destra sa come usare i Nuovi Media? In genere si pensa di no. Eppure molte delle prime radio private degli anni Settanta erano fatte da ragazzi di destra, quindi bravi sia tecnicamente che culturalmente, che così potevano esprimersi in libertà. Quando entrò in campo Berlusconi che i giornali stranieri definivano un “mass media tycoon”, ritenni che finalmente le idee della Destra avrebbero potuto avere anche indirettamente spazio in importanti canali televisivi, o che almeno professionisti orientati a destra avrebbero potuto avere possibilità di lavoro in telegiornali, trasmissioni culturali e di approfondimento, o semplicemente che in essi si potessero trattare temi “visti da destra”. Invece niente: amici che avevano lavorato a Fininvest/Mediaset, me ne spiegarono il motivo: era zeppo di ex sessantottini assunti a tutti i livelli e lì consolidati da anni. Alla faccia del dittatore di Arcore! Stesso risultato quando la Mondadori e le sue riviste passarono nell’orbita berlusconiana: niente di niente, addirittura quasi un ostracismo. E del fatto il “mass media tycoon” assurdamente se ne fregava: e si sono visti i bei risultati che si possono riassumere in un concetto: non si è consolidata (fidelizzata) la base elettorale del centrodestra. Che il Cavaiere continui a fregarsene ancora sta a dimostrare che sarà pure un “comunicatore”, ma di certo della “comunicazione” in sé non ha capito proprio niente (e lo stesso dicasi dell’ex direttore del TG4 che da un po’ lo affianca).
La nascita, lo sviluppo e l’affermazione anche in Italia della Rete in una decina d’anni ha aperto nuove possibilità, soprattutto ora che, per una serie di concause, tutta la carta stampata è in crisi. Di questo il variegato mondo della Destra culturale e politica avrebbe dovuto approfittare subito. E per fortuna, essendo le modalità tecniche in assoluto meno costose e meno complicate rispetto ad altri mass media, questa volta non è mancata all’appuntamento, ma grazie a Dio, non con iniziative “ufficiali” bensì partenti dalla base. In tal modo riesce a far sentire una voce variegata (e anche contraddittoria) nell’universo del Web.
Non avendo avuto a disposizione nei vent’anni 1993-2013 giornali e riviste di destra esplicita e dichiarata attraverso le quali esprimere il proprio punto di vista (eccetto rare, coraggiose e sfortunate eccezioni di breve vita perché ignorate da chi doveva aiutarle con abbonamenti e pubblicità), ecco che adesso possono farlo grazie alla Rete: siti, blog, quotidiani on line, notiziari giornalieri o periodici.
Barbadillo si è imposto nell’arco di due anni (è nato nel 2013) in questo ambito per la sua formula variegata ma non anodina sia nell’attualità che negli approfondimenti, affrontando non solo temi popolari (musica, sport, cinema, costume) ma anche temi a più alto livello (politica interna e internazionale, cultura, storia, economia). Un modo di sottolineare la presenza della destra sulle questioni contingenti e meno. E, prima cosa per me importante, dando visibilità a vari punti di vista di questa Destra, che come si sa non è unica ma multiforme. E, secondo aspetto fondamentale, offendo la possibilità di scrivere, e quindi farsi le ossa giornalisticamente parlando, a molti giovani di tutta Italia con articoli, commenti, interviste, inchieste, recensioni.
Se una colpa imperdonabile ha avuto la classe politica di destra in questi venti anni (e che non ha MAI ammesso) è di aver bruciato due generazioni non offrendo la possibilità concreta di crescere a chi me aveva le capacità, non preparando con lungimiranza un ricambio generazionale con persone preparate. Non essendoci praticamente più testate su cui scrivere a livello professionale e amatoriale (negli anni Settanta e Ottanta ce ne erano a dozzine, tra grandi, medie, piccole e minime) si sono sprecate energie le intelligenze, si sono disamorate le disponibilità, esasperati gli animi. Barbadillo ha fornito ai ragazzi e alle ragazze degli anni Novanta di potersi esprimere, di fare pratica, di crescere, di mettere alla prova le loro capacità grazie anche alla immediatezza di Internet. Ovviamente si deve evitare il rischio (è il maggiore handicap della Rete) che tutti possano scrivere di tutto e sempre pur di mettersi in mostra specialmente perché non esiste un filtro, una griglia, qualcuno che giudichi e selezioni in nome di una assurda democrazia totale che vige nel Web. Barbadillo ha avuto successo, io penso, proprio perché ha saputo attrarre e selezionare i suoi collaboratori e offrendo una qualità superiore rispetto ad altri siti dello stesso tipo. Due milioni di contatti in due anni sono un bellissimo e significativo traguardo soprattutto perché raggiunto solo con le proprie forse, senza condizionamenti di alcun genere. Vuol dire che c’è un altissimo numero di internauti che leggono con regolarità Barbadillo ogni giorno.
Peraltro che nessuno abbia voluto aiutare (i modi possono essere diversissimi e tutti legittimi) Barbadillo ha anche un sapore amaro: chi di dovere dopo tanti anni non ha ancora compreso un accidente per usare un eufemismo, resta incredibilmente ottuso e insensibile a certi aspetti della comunicazione politico-culturale, e questo nonostante gli smacchi ventennali. Il che fa dubitare sul serio della loro sanità mentale. La creazione di una informazione non allineata al conformismo generale, all’appiattimento acritico, al politicamente corretto e all’ipocrisia moralistica, come dimostra la stampa nazionale, è fondamentale per la creazione di un consenso di base consolidato. Nell’arco proprio di questi venti anni simili considerazioni sono state scritte non si sa quante volte, ma inutilmente. Hanno prevalso gli yesmen e i grandi consiglieri dei capi non sono riusciti a dare alcun buon consiglio fattivo a chi doveva decidere. Invece è lavorare sottotraccia, costantemente, intensamente su tutti i settori della vita sociale dicendo il proprio punto di vista ancorché minoritario, ecco quel che serviva. Si sono visti invece solo disastrosi risultati.
Barbadillo, da solo e nel deserto dell’ufficialità, è nato e si è affermato nell’ambito della informazione alternativa e controcorrente con i suoi due milioni di contatti. Avanti così, allora, alla faccia dei saccenti che continuano a non capire un tubo, nemmeno a rendersi conto della catastrofe di cui sono stati i responsabili primi e diretti e di cui dovrebbero essere chiamati a rispondere.