Una delegazione di studenti piemontesi delle scuole superiori è andata a Trieste, nell’ambito del concorso “Diventiamo cittadini europei” promosso dalla Consulta europea del Consiglio regionale del Piemonte.
Montagne di sedie aggrovigliate come ragni di legno. Legioni di armadi desolatamente vuoti. Letti di sogni infranti. E poi lettere, fotografie, pagelle, diari, reti da pesca, pianoforti muti, martelli ammucchiati su scaffalature imbarcate dall’umidità.
Questi e innumerevoli altri oggetti d’uso quotidiano riposano nel Magazzino 18 del Porto Vecchio di Trieste.
Oltre sessant’anni fa tutte queste masserizie furono consegnate al Servizio Esodo dai legittimi proprietari, gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, un attimo prima di trasformarsi in esuli: circa trecentocinquantamila persone costrette a evacuare le loro case e abbandonare un’intera regione in seguito al Trattato di pace del 10 febbraio 1947, che consegnò alla Jugoslavia di Tito quel pezzo d’Italia da sempre conteso che abbraccia il mare da Capodistria a Pola. Molto attenti i giovani studenti piemontesi alla spiegazione fornita loro da Piero Delbello, direttore dell’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata.
Di questa immensa tragedia quasi nessuno sa nulla. Delle foibe, delle esecuzioni sommarie che non risparmiarono donne, bambini e sacerdoti, della vita nei campi profughi e del dolore profondissimo per lo sradicamento e la cancellazione della propria identità pochissimi hanno trovato il coraggio di parlare nei decenni che seguirono.
Eppure è storia recente, a portata di mano e soprattutto abbondantemente documentata: basta aprire le porte del Magazzino 18. Porte che il noto cantautore italiano Simone Cristicchi ha spalancato per la prima volta.
Il negazionismo sembra duro a morire. Perché a 70 anni dai fatti si ha ancora paura della verità?
“Probabilmente perché esce il lato oscuro del comunismo nazionalista. Danno fastidio i ‘contabili delle foibe’, trovo oltraggioso litigare su quanti morirono davvero in foiba e quanti affogati o nei campi di prigionia di Tito. Si è proposto di estendere il disegno di legge contro il negazionismo dallo sterminio degli ebrei alle foibe e lo trovo giustissimo: non tolgo alcun merito alla lotta partigiana, nei cui valori credo, ma nemmeno è giusto santificare la Resistenza, perché ogni fatto storico ha pure un suo lato negativo. Anche gli italiani durante la guerra hanno compiuto i loro crimini e in Magazzino 18 Cristicchi ne parla, ma nulla può giustificare ciò che poi avvenne”, tenne a sottolineare Delbello.