Per Naomi Klein il cosiddetto movimento ‘No global’ è stato sconfitto perché avrebbe detto troppi ‘no’. Credo che le motivazioni siano altre e variegate: quel movimento, composto da tante realtà diverse tra di loro, ha perso perché aveva già dentro di sé le ragioni di una sconfitta anticipata. Quella compagine internazionalista e senza una vera identità, non aveva nel Dna cultura e valori che potessero non solo fronteggiare ma anche essere alternativa alla globalizzazione e alle sue degenerazioni. Potrei aggiungere che quel movimento era anche un frutto stesso del nuovo mondo globale.
Grazie invece anche all’inconsistenza dei cosiddetti ‘No global’, nonostante libri-manifesto come quelli di Rifkin oltre alla stessa Klein, la globalizzazione ha trovato sempre meno ostacoli, non nell’accorciare le distanze nel mondo, ma per accelerare giorno dopo giorno l’aumento dell’omologazione e dell’impoverimento, culturale e sociale.
La ‘destra’ è stata, in Italia ma non solo, in larga parte spettatrice non pagante di quello che accadeva, da Seattle (una situazione interessante poco compresa) in poi. La politica è andata di pari passo, ridotta alle banalità da talk-show o da twitter.
Barbadillo si è distinto, non per i milioni di click che comunque qualcosa vogliono pur dire, ma per essere diventato proprio quello che voleva essere: una città non omologata, non sepolta in centri commerciali e strade tutte uguali, ma una metropoli fatta di luci e stelle, grattacieli e borghi antichi, stadi con gradinate popolari.
Barbadillo come un congresso permanente dove non ci sono servizi d’ordine e tessere false, ma mozioni ed emozioni, progetti, sogni.
Barbadillo come una libreria che mette in vetrina le uscite delle case editrici indipendenti, una radio che trasmette musiche note e meno note.
Un laboratorio aperto h24, che analizza campioni di sangue di identità forti ma sbandate, in cerca non di un ‘buon partito’ ma di spalle e cervelli pronti per una rivoluzione italiana troppe volte interrotta.
Barbadillo è per coloro che non stanno più in panchina o si annoiano in tribuna, ma per chi scavalca e invade il campo.