Nato a Trieste nel 1914 da famiglia di Pola, il maggiore pilota Carlo Miani è stato l’ultimo comandante del II Gruppo Caccia Terrestre “Gigi Tre Osei” dell’ Aeronautica Nazionale Repubblicana, forza aerea della RSI. Dopo il servizio in Spagna con l’Aviazione Legionaria, la Seconda Guerra Mondiale lo vede impegnato nei Balcani, in Russia, in Sicilia e in Nord Africa. Sul teatro Mediterraneo riceve le lodi del suo comandante, Duilio Fanali, che in un rapporto al comando della Regia Aeronautica lo dipinge come “abilissimo pilota di caccia”, encomiandone comportamento e capacità; nel deserto libico si prende una decorazione al valore per aver salvato la vita ad un aviere. Azione degna di nota per il comandante polesano, che tuttavia lo segna nel fisico: l’esplosione di barili di benzina durante un mitragliamento alleato, gli provoca gravi ustioni. Dopo l’8 settembre 1943 aderisce al bando del colonnello Ernesto Botto per la ricostituzione di reparti caccia per la Repubblica Sociale Italiana. A partire da dicembre la RSI si dota di unità aeree, che diverranno operative nei primi mesi del 1944; a luglio è nel Nucleo Comando del II Gruppo Caccia Terrestre “Gigi Tre Osei”, di Aldo Alessandrini, tenente colonnello originario di Ascoli. Con l’ Aeronautica Nazionale Repubblicana Miani partecipa a diverse missioni, portando a termine anche abbattimenti: la quota cinque, già superata nel corso del conflitto ’40-’43, gli conferisce il titolo di “asso”. Nel febbraio 1945 succede ad Alessandrini alla guida del reparto, nel quale volano tra gli altri i capitani Mario Bellagambi e Ugo Drago, leggende durante e dopo il conflitto. Con la resa del Gruppo nell’aprile 1945, è il momento di tornare a casa. Un rientro non facile: Pola è ormai slava e i partigiani in Italia colpiscono indiscriminatamente gli ex militari di Salò (gli ufficiali piloti Visconti e Stefanini vengono giustiziati a Milano, malgrado la promessa del CLN di garantire a loro e ai loro uomini incolumità). Il maggiore cerca nel reinserirsi nella vita civile: si adegua a svolgere mansioni diverse, pur di riuscire a mantenere la famiglia. Poi, nel 1950, l’incontro a Gorizia con Ugo Drago, diventato pilota della LAI-Linee Aeree Italiane (fusa nel ’57 con Alitalia), che lo presenta all’ufficio personale. Per vent’anni Carlo Miani serve in una Compagnia che ha assunto, peraltro, anche altri ex ANR, ai quali l’Aeronautica Militare aveva precluso il ritorno in servizio, per il periodo trascorso a Salò. Una posizione drastica quella dell’AM, che si ammorbidirà nell’ambito del rafforzamento dell’Arma nel corso della Guerra fredda. L’aviazione civile, comunque, offre un’alternativa a Carlo e ai suoi colleghi per restare in quota, senza subire umiliazioni per una decisione dettata dal dovere di “difendere i cieli d’Italia”, come dal titolo di un libro di Marco Petrelli, nel quale è raccontata la storia di Miani, Bellagambi, Fornaci, Gorrini altri. Il maggiore Miani (promosso tenente colonnello nel ’67), muore a Perugia nell’aprile 1994. Riposa nel viterbese. La sua passione per il volo è stata condivisa da un familiare, Mario Arpino, anche lui italiano orientale, Capo di Stato Maggiore dell’ Aeronautica Militare e poi Capo di Stato Maggiore della Difesa, oggi apprezzata firma di politica internazionale per riviste e quotidiani, tra le quali Affari Internazionali e Il Resto del Carlino.