Giovanni Donzelli è consigliere regionale in Toscana da 5 anni e si candiderà alla presidenza della Regione, sostenuto da Fratelli d’Italia e da una serie di associazioni. Negli anni passati è stato consigliere comunale a Firenze e, negli anni giovanili, presidente nazionale di Azione Universitaria.
Lei ha scoperchiato la questione dei debiti delle aziende della famiglia Renzi, ma non è la prima volta che smaschera qualcosa che non va, sin dai tempi del consiglio comunale.
Chi viene eletto all’opposizione ha il compito di fare il gendarme della trasparenza, di studiare tutte le carte e capire se qualcosa non è chiaro. L’opposizione non deve prendere le briciole del potere o farsi dare le pacche sulle spalle dalla maggioranza. Quindi cerco di svolgere il mio compito all’opposizione con tutte le mie energie, anche se a volte si incontrano vicende personali e umane. Spesso è spiacevole attaccare le singole persone, ma se non si comportano in modo corretto è giusto rilevarlo. Di fatto vorrei provare a governare questa Regione, ma fino a maggio sono all’opposizione e lo sono stato in Comune.
Questa vicenda sta avendo una certa risonanza. Qualcuno vuole minimizzare e sminuire un caso che coinvolge Renzi?
Ho avuto modo di parlare del problema soprattutto in TV, come ad esempio ieri alla Gabbia (18 gennaio ndr). Il Fatto Quotidiano ha seguito la vicenda, facendo anche richiami in prima pagina, il Corriere ha fatto un paio di articoli e anche Libero ne ha scritto. Mi stupisce molto il comportamento di Il Giornale, che dovrebbe essere il maggior giornale dell’area di centro destra e quindi dovrebbe essere il primo a occuparsi di sostenere una battaglia dell’opposizione al Governo del PD… Invece non ne ha ancora parlato. Forse vogliono mantenere anche nelle notizie il patto del Nazareno, per non disturbare la partita del Quirinale e lasciare in pace il manovratore, che in questo caso è Renzi.
Lei si è candidato alla presidenza della Regione Toscana, con Fratelli d’Italia. Come cercherà di catalizzare il voto di tutta l’area del centro destra?
La mia candidatura, oltre a non essere una candidatura tipicamente identitaria, vuole andare oltre anche al centro destra. Io voglio catalizzare i voti dei toscani. Si pensi che ci sono molti meetup grillini che prendendo atto dell’inconcludenza del Movimento 5 Stelle in Toscana hanno deciso di sostenere la mia candidatura. Ci sono anche molti amministratori locali che hanno sposato la mia posizione e stiamo lavorando insieme molto bene. In questo periodo ci troviamo di fronte a uno scenario post ideologico, nel quale la gente vuole risposte ai propri problemi reali. Se poi i partiti tradizionali del centro destra vorranno sostenermi sarò felice di accettare il loro aiuto.
Giovanni Donzelli cosa vuole fare per la Toscana?
Ho presentato un programma in 15 punti. Credo che il tema principale sia l’accesso ai servizi sociali, asili e case popolari. Dobbiamo far si che i primi ad accedere alle risorse messe a disposizione dalla Regione siano gli italiani e solo in seconda battuta gli immigrati che vivono qui da anni e lavorano regolarmente. Al momento invece i primi ad accedere ai servizi sociali sono gli immigrati appena arrivati e irregolari. Lo stesso governatore Rossi si vanta di questo dato, facendosi fotografare con i rom e dichiarando che sono i suoi migliori vicini di casa, ma poi quegli stessi rom sono per strada a svolgere attività abusive. La prima differenza fra noi e la sinistra è quindi sottolineare che vogliamo prediligere i cittadini toscani. Questo poi si concretizza nei fatti, ad esempio ponendo una quota minima dell’80% delle nuove assegnazioni di alloggi agli italiani, o sospendendo i servizi sociali a chi occupa abusivamente.
Il secondo punto principale è quello che riguarda l’azzeramento di tutti i carrozzoni che hanno soffocato le attività produttive della regione. Dobbiamo aiutare le PMI e le partite Iva che nonostante i problemi economici ce la stanno facendo, mentre invece ora vengono finanziate solo aziende sindacalizzate e amici degli amici. Vanno inoltre sospesi tutti i finanziamenti alle attività culturali che attualmente vengono regalati solo ad esponenti del mondo culturale vicino all’amministrazione e quindi non vanno ad aiutare attività di interesse. Io propongo un buono cultura, che vada ai singoli cittadini che possono poi decidere di spenderlo per partecipare ad attività culturali e permettere ad esempio anche a un disoccupato o a un operaio con problemi economici di assistere alle rappresentazioni del Maggio Fiorentino.
Voglio anche eliminare enti come quello per il diritto allo studio e privilegiare trasparenti gare di appalto, ad esempio per gli alloggi studenteschi. Per quanto riguarda gli enti che spendono troppo, cito ad esempio l’ente Uncem, quello che si occupa delle comunità montane, che siamo andati ad occupare recentemente per chiedere chiarezza riguardo spese troppo alte e non giustificate. Si parla di 500 euro al giorno in viaggi e milioni di euro in consulenze.
Veniamo quindi a Fratelli d’Italia, il modello-Toscana può essere esportato altrove?
Sì. Fratelli d’Italia ha come propria vocazione l’apertura verso l’esterno e il superamento degli steccati ideologici. I dirigenti locali che pensano di aver preso un biglietto della lotteria e che tengono fuori tutti per rimanere gli unici all’interno del partito, pensando che quando si crescerà dal 3% al 14% loro saranno in pole position, si sbagliano di grosso.
Io qui sto cercando di aprire il più possibile e di mettere in atto una politica su due binari: da un lato si devono studiare tutte le carte e i documenti, informarsi e cercare nuove soluzioni, dall’altro porto avanti una politica movimentista, fatta di azioni sul posto, blitz e presidi. Ho già citato l’occupazione dell’Uncem, ma ad esempio sto facendo numerosi sopralluoghi nei campi rom e nelle baraccopoli.
Potremmo dire che sta portando avanti un modello in stile Azione Universitaria.
Certamente. Azione Universitaria era un movimento che prendeva voti negli atenei da persone di tutte le idee e di tutte le estrazioni e mentre da un lato si portava avanti un’attività movimentista molto ampia, c’era anche quella propositiva basata sullo studio e sulle idee nuove. Anche in quell’ambito il concetto era che in una realtà post ideologica chi arriva per primo a parlare di un problema e a risolverlo acquisisce credibilità.