Per molto tempo il dollaro è stato la valuta mondiale dominante. Sembra che questa supremazia oggi sia minacciata. La banconota verde in futuro sarà una tigre di carta?
Tutti sanno che gli Stati Uniti traggono un immenso vantaggio dal fatto che la loro moneta è anche l’unità di conto utilizzata come valuta internazionale in transazioni e di riserva. E’ questo “privilegio esorbitante”, come disse Giscard d’Estaing, che ha permesso loro di far finanziare il proprio debito da paesi stranieri tenuti ad accumulare riserve di titoli in dollari per commerciare con terzi (a partire dai “petrodollari” che permettono loro di acquistare petrolio), e di esportare così la propria inflazione e di procurarsi un’ampia gamma di prodotti a costi artificialmente bassi, semplicemente a causa della loro capacità di stampare quantità quasi illimitata di carta moneta. Ora, questa supremazia è ormai minacciata. Al vertice di Fortaleza, il 15 e 16 luglio scorso, i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, America Latina e Sud Africa, ossia il 42,6% della popolazione mondiale) hanno deciso la creazione di una Banca per lo sviluppo e d’un Fondo di stabilizzazione delle riserve valutarie che ricopriranno le stesse funzioni della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, due istituzioni largamente dominate dagli Stati Uniti sin dalla loro fondazione. La nuova banca, dotata di un capitale iniziale di 100 miliardi di dollari, avrà la sede nella capitale economica della Cina – Shanghai – e utilizzerà solo le valute dei paesi emergenti. È il più grande accordo finanziario multilaterale firmato dal 1945. Il dollaro vede il proprio monopolio intaccato, mentre la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale perdono una parte dei loro mezzi di pressione esclusivi. Un altro avvenimento: la firma, nel mese di maggio, d’un formidabile accordo per la fornitura di gas russo a Pechino per un totale di 400.000 milioni di dollari. Questo accordo energetico, concluso per 30 anni e del quale non si conoscono tutte le clausole, sarà negoziato in renminbi (yuan) o in rubli, e non in dollari. I reciproci pagamenti in valute nazionali, aggirando il dollaro, si erano già moltiplicati negli ultimi anni. L’accordo russo-cinese, mentre conferma la volontà di Vladimir Putin per avvicinarsi ancora di più alla Cina per rispondere all’offensiva lanciata dagli Stati Uniti contro di lui, segna una tappa decisiva in questa direzione. Altri clienti di Gazprom sono già passati dal dollaro all’euro. Russi e cinesi hanno quindi deciso di girare le spalle agli Stati Uniti.
Per lo scrittore americano Ezra Pound, la fondazione della Fed (Federal Reserve), nel secolo scorso, è un po’ la rapina del secolo. E’ un po’ un’esagerazione?
E’ una formula. Ciò che bisogna soprattutto ricordare è che la Federal Reserve, ufficialmente istituita il 23 dicembre 1913, sotto la presidenza di Woodrow Wilson, è un’associazione di banche private che ha avuto origine in una riunione tenuta tre anni prima su Jekyll Island da un gruppo di banchieri. Paul Warburg ne fu il primo presidente. Tutto questo è ampiamente ricordato nei libri di Antony Sutton e Eustace Mullins. Essendo il dollaro lo standard del valore monetario nel sistema bancario, la Federal Reserve è diventata di fatto la banca centrale del sistema monetario mondiale. Crea denaro dal nulla e lo presta al governo americano contro remunerazione. Più aumentano i deficit, tanto più si arricchisce. Ora, il debito pubblico americano, che era solo di 909 miliardi di dollari nel 1980, ha ormai raggiunto 17.650 miliardi di dollari!
La forza di una nazione dipende in gran parte su quella della sua moneta. Quella del dollaro è sempre più virtuale, macchine da stampa e debito pubblico astronomico: la sua eventuale caduta potrebbe causare quella degli Usa?
Già un buon numero di anni fa un certo numero di paesi, a cominciare dalla Cina e dalla Russia, ha voluto creare un nuovo sistema finanziario internazionale non più basato sul dollaro. Gli ultimi sviluppi disturbano evidentemente il “nuovo ordine mondiale”, nato dagli accordi di Bretton Woods del 22 Luglio 1944, che avevano stabilito il dominio del “consenso di Washington”, che è l’egemonia del dollaro nelle transazioni internazionali (egemonia ulteriormente rafforzata dopo la decisione di Nixon di scollegare il valore del dollaro dall’oro, nel 1971). Nello stesso tempo in cui colpirà tutti i paesi terzi che hanno accumulato riserve di cambio in valuta Usa, il crollo del dollaro indebolirà considerevolmente gli Stati Uniti. Se i paesi di tutto il mondo smettono di utilizzare il dollaro nelle transazioni, il tenore di vita degli americani potrebbe anche crollare da un giorno all’altro. La nuova architettura finanziaria globale di un mondo multipolare emergente non avrà più il dollaro come centro di gravità. Come affermato dai dirigenti cinesi, ciò equivale a “disamericanizzare” il mondo. Questo è il significato politico e geopolitico della “dedollarizzazione” in corso. Dopo un’egemonia del dollaro durata 70 anni (proprio come l’Unione Sovietica), si tratta di un grande fatto storico che autorizza a confrontare la caduta del “muro del dollaro” a quella del Muro di Berlino. Scommettiamo non passerà inosservato agli occhi di coloro che si interessano solo agli aneddoti della “politica politicante”…
*Intervista di Nicholas Gauthier tratta da Boulevard Voltaire (Traduzione di Manlio Triggiani)