“Dalla difesa degli oppressi alla tutela dei repressi”: potremmo riassumere così, con una battuta un po’ scorretta, l’involuzione politica della sinistra, che è disinvoltamente passata, in poco più di un quarto di secolo, dalla celebrazione dellalotta di classe all’esaltazione dei diritti dell’individuo, che non riconosce più nullasopra di sé. Un libretto appena pubblicato da Elèuthera, la cui profondità è inversamente proporzionale alla lunghezza, mette a fuoco le principali contraddizioni della società moderna attraverso il confronto di due grandi pensatori del secolo scorso. La cultura dell’egoismo (pagg. 72 € 8,00) raccoglie il testo, a cura di J-C.Michéa, di un dibattito televisivo tra lo psicoterapeuta e teorico sociale, francese d’adozione, Cornelius Castoriadis e il sociologo statunitense Christopher Lasch condotto da Michael Ignatieff e trasmesso dall’emittente britannica Channel Four nel 1986.
Parlare di previsioni lungimiranti è il minimo, dato che, trent’anni fa, la rivoluzione digitale non era neppure immaginabile, il Muro di Berlino appariva invalicabile e c’erano ancora idee –per quanto spesso sbagliate- capaci di suscitare passioni indomabili. Eppure, i due intellettuali, provenienti da itinerari culturali opposti,avevano diagnosticato con micidiale precisione il dilagare prossimo venturo delmodello consumista che avrebbe divorato la vera libertà dell’uomo.
Erano ancora tempi di confronto tra destra e sinistra, una contrapposizione checomunque, secondo Castoriadis, non rifletteva più scelte politiche concrete, perché non corrispondeva ai problemi della nostra epoca, dove l’idea di un orizzonte temporale pubblico era stata abolita. Ben prima di Z. Baumann e della sua critica alla “società liquida”, Lasch denuncia “un mondo privo di una realtà solida”, una società instabile, “fatta di immagini sfuggenti che tende ad assumere un carattere allucinatorio”, manipolata dalle tecnologie della comunicazione di massa. Il denominatore comune delle critiche, mosse tanto dal maitre à penser progressista che dal sociologo conservatore, è la perdita di quello che per Aristotele –citato espressamente più volte- era il fondamento della politica, ovvero la definizione di uomo come animale sociale, membro di una polis che rappresenta il bene pubblico etutela l’interesse comune. Oggi, il singolo individuo non si sente più parte di una comunità che trascende la sua persona, e percepisce la politica come lotta tra gruppi di interesse; in tempi più recenti, anche la famiglia ha smesso di essere tale, riducendosi a una somma algebrica di individui uguali e privati di ogni altra identità che non sia quella dell’individuo sovrano, suddito inerme e vittima inconsapevoledelle proprie pulsioni.
La disgregazione del mondo pubblico, infatti, come ricorda Castoriadis, non esalta il cittadino, ma lo stritola, dato che il riconoscimento e l’approvazione degli altri, cioè del pubblico, sono i bisogni più impellenti dell’uomo, che non è una monade isolata nello spazio e nel tempo, ma una preziosa tessera nel mosaico dell’umanità.
*La cultura dell’egoismo (pagg. 72 € 8,00) a cura di J-C.Michéa