Il “muro di gomma” su Ustica non sembra essere più così infrangibile. A trentaquattro anni dalla strage dalla Francia è arrivato finalmente un colpo di scena positivo per l’odissea giudiziaria che accompagna uno dei misteri italiani più drammatici: la disponibilità a collaborare da parte delle autorità militari.
La decisione francese arriva un anno e mezzo dopo la sentenza della Cassazione che aveva aperto uno spiraglio significativo quando aveva stabilito come la tesi del missile fosse motivata. Su Barbadillo avevamo intervistato Andrea Purgatori, il giornalista ai tempi del Corriere della Sera che ha dedicato gran parte della sua carriera alla ricerca della verità sulla strage, che si augurava appunto di poter «mettere la bandierina su quel maledetto missile». «E credo che debba avere i colori della Francia – spiegava il giornalista la cui inchiesta è diventata il film Il Muro di gomma – Lo ha detto lo stesso Francesco Cossiga, presidente emerito della Repubblica nonché premier nei giorni della strage. Lo dicono le carte della Nato, nell’incrocio con quello che è rimasto delle tracce dei nostri radar».
La notizia, allora, dell’apertura francese viene considerato come un tassello che va nella giusta direzione: «La svolta è clamorosa – scrive sull’Huffington Post Purgatori – anche se non ancora decisiva. E non può essere stata presa senza un’autorizzazione politica al più alto livello, forse dello stesso presidente Hollande. Le prime ammissioni sbugiardano infatti la posizione ufficiale tenuta per tutti questi anni nei confronti dei governi italiani, alle cui richieste Parigi aveva sempre risposto con una certa irritazione. Ma ora qualcosa starebbe cambiando perché, a quanto risulta, questa improvvisa e inaspettata disponibilità sarebbe frutto di una più ampia volontà di alzare il velo sul ruolo svolto dalle forze armate francesi in una delle stagioni più calde del Mediterraneo».
Non si sa, ovviamente, se sia francese questa bandierina. Ma l’apertura e la collaborazione del governo transalpino è una risposta importante anche per Rosario Priore, il giudice che per anni ha condotto l’istruttoria sui fatti del 27 giugno 1980, sostenendo che la strage avvenne a causa di un missile e non di un’esplosione interna al Dc-9 Itavia: «Abbiamo tenuto il punto per tanti anni – ha spiegato all’AdnKronos – e abbiamo avuto ragione: ora finalmente la Francia è intenzionata a collaborare. È un buon passo ma per arrivare alla verità ce ne sono tanti altri da fare…». Per Priore, in particolare, «è positiva l’ammissione» di alcuni ex militari dell’Armeé de l’air ai pubblici ministeri di Roma, secondo cui i caccia francesi della base di Solenzara non tornarono a terra intorno alle 17, cioè 4 ore prima dell’esplosione del Dc-9, ma volarono fino a tarda sera. ”Scrissi che in Francia nemmeno l’amministrazione pubblica chiudeva alle 17 – ricorda Priore – figuriamoci una base militare».
A 34 anni di distanza dalla strage, ha rimarcato Priore, «se la Francia conferma questa apertura e collaborazione alle indagini, c’è da passare alla ‘fase 2’: vedere perché cadono due aerei libici e due occidentali, come sosteneva Gheddafi, che aveva notizie dalla base radar impiantata a sud di Tripoli». Priore ne è convinto: «Le “chiavi” di questa seconda fase, quando cioè i francesi si sono ritirati perché avevano esaurito l’autonomia di volo, le hanno i russi che monitoravano molto efficacemente la parte meridionale del Mediterraneo, e anche gli Stati Uniti perché controllavano l’area soggetta al patto atlantico». «Chi ha abbattuto il Dc-9 sui cieli di Ustica? La risposta – conclude Priore – arriverà dopo che sarà stata accertata la nazionalità degli aerei che davano la caccia ai Mig libici».
Intanto Giorgia Meloni, leader di Fdi, chiede una commissione parlamentare per far luce sulla vicenda: “34 anni dopo nessuna verità sulla strage di Ustica e nessuna giustizia per le 81 vittime. Commissione d’inchiesta subito proposta da FdI-An”.